scuola | formazione

Le nuove regole per i presidi: "Vietato criticare la riforma Gelmini", di Salvo Intravaia

Il “codice disciplinare per i dirigenti scolastici” è pienamente operativo. Se le dichiarazioni possono essere “lesive dell’immagine dell’amministrazione”, si rischia la sospensione dal servizio e dello stipendio. Il “Codice Brunetta” non ammette scivoloni. Criticare pubblicamente la riforma Gelmini può costare ai dirigenti scolastici fino a tre mesi di stipendio. E alzare la voce nei confronti di un genitore una multa, fino a 350 euro. Stessa sanzione, da 150 a 350 euro di multa, per i capi d’istituto che andassero in giro senza cartellino di riconoscimento o che non avessero provveduto ad apporre una targa con nome e cognome davanti alla porta della propria stanza. Con la pubblicazione sul sito del ministero dell’Istruzione, avvenuta il 21 ottobre, il Codice disciplinare per i dirigenti scolastici è pienamente operativo.

Da oggi, i capi d’istituto dovranno stare attenti a esprimere la propria opinione in pubblico o sui media. Se infatti le loro dichiarazioni dovessero essere considerate lesive dell’immagine dell’amministrazione potrebbe scattare la “sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino a un massimo di tre mesi”. Il codice Brunetta (“Comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”), recepito anche per i presidi, non ammette dichiarazioni pubbliche che vadano a “detrimento dell’immagine della pubblica amministrazione”.

A maggio di quest’anno, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Marcello Limina, aveva avvertito insegnanti e presidi: meglio “astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo potessero ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica e rapportarsi con i loro superiori gerarchici nella gestione delle relazioni con la stampa”. Insomma: niente interviste tranchant su giornali e in tv. Ed era scoppiato il finimondo, con l’opposizione che ha chiesto di rimuovere Limina e la maggioranza che lo ha difeso.

Criticare pubblicamente la riforma Gelmini è da considerarsi “lesivo dell’immagine della pubblica amministrazione” o semplice manifestazione “della libertà di pensiero”? “A deciderlo – spiega Gianni Carlini, coordinatore dei dirigenti scolastici della Flc Cgil – è chi irroga la sanzione: cioè, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale”. Da quando è stato sottoscritto il Codice di comportamento “i presidi sono più prudenti”, ammette Carlini. E da allora non mancano richieste di chiarimento, da parte del ministero dell’Istruzione o da parte del servizio ispettivo del ministero della Funzione pubblica, ai capi d’istituto per i motivi più disparati.

In un caso il preside è stato chiamato in causa da un genitore per non avere pubblicato retribuzione e curriculum sul sito della scuola. Per poi chiarire che la pubblicazione dei documenti in questione deve essere effettuata sul sito del ministero dell’Istruzione e non sul sito della scuola. In un’altra circostanza, il dirigente scolastico al quale era stata richiesta un’intervista ha comunicato il tutto al proprio superiore. E per tutta risposta il direttore dell’Ufficio scolastico regionale gli ha rammentato i vincoli cui è sottoposto il capo d’istituto: non denigrare la pubblica amministrazione.

La firma del contratto di lavoro dei dirigenti scolastici per il quadriennio 2006/2009, che al suo interno contiene le norme di comportamento e le relative sanzioni, è avvenuta lo scorso mese di luglio, ma non era ancora stato pubblicato. Probabilmente, non tutti i capi d’istituto sono a conoscenza del fatto che una semplice intervista ad un giornale o ad una tv può metterli nei guai. L’articolo 16, comma 7, del contratto dei capi d’istituto stabilisce infatti “la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi” nei casi previsti dall’articolo 55-sexies, comma 1, del decreto legislativo 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

Il quale rinvia al Codice di comportamento dei dipendenti pubblici che all’articolo 11 recita: “salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa”. Il manuale di comportamento dei presidi regola tantissime fattispecie di irregolarità e comportamenti dubbi. E per la prima volta nella scuola introduce le sanzioni pecuniarie. “Da un minimo di 150 ad un massimo di 350 euro per i dirigenti scolastici che dovessero prodursi in “alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi” o che non rendessero “conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro”. Il Codice di comportamento stabilisce anche le sanzioni per ruberie, collusioni con insegnanti assenteisti e apertura di procedimenti penali a carico dei dirigenti scolastici. E a far capire che da quest’anno non si tollerano più comportamenti scorretti e ambigui interviene un recente decreto del ministro Gelmini, che allarga il raggio d’azione degli ispettori ministeriali: consente loro di controllare le scuole anche senza incarico da parte del direttore regionale. A sorpresa.

La Repubblica 24.10.10

******

“Bavaglio ai presidi: vietato criticare pubblicamente la riforma Gelmini”, di Felice Diotallevi

Le sanzioni: i dirigenti rischiano fino a sei mesi di sospensione dal lavoro. E dallo stipendio. Vietato criticare in pubblico la riforma Gelmini, stiano attenti i circa 10mila presidi in giro per l’Italia: i dirigenti scolastici che oseranno dire la loro verranno puniti con la sospensione e la perdita fino a sei mesi di stipendio. Multe da 150 a 350 euro per chi ha un «alterco» con un genitore, o per i presidi che circolano senza cartellino di riconoscimento o non mettono la targa col nome sulla porta della stanza. Sanzioni, multe e divieti sono messe nero su bianco nel Codice disciplinare per i dirigenti scolastici, attivo da sabato 6 novembre, pubblicato il 21 ottobre sul sito del ministero dell’Istruzione.

LESA MAESTÀ… Insomma,esprimere pubblicamente, peggio ancora se con un’intervista, il proprio dissenso sui provvedimenti del ministro sarebbe «lesivo dell’immagine della pubblica amministrazione», alla faccia della libertà d’espressione. E per quelle che verranno considerate «manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’amministrazione salvo che siano espressione della libertà di pensiero », i dirigenti scolastici rischiano la «sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di sei mesi».A stabilire se sia libertà d’espressione o ingiuria, l’arbitrio del direttore dell’Ufficio scolastico regionale. Il pugno di ferro del Miur mette in pratica il Codice Brunetta 150/09 sul «comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni). A mettere il carico da dodici sugli insegnanti ci pensa la collega Mariastella Gelmini, che permetterà anche visite a sorpresa degli ispettori ministeriali, anche senza richieste del direttore regionale. Metodo Guardia di Finanza, praticamente, ma applicato ai comportamenti dei singoli. E la pena che va da un minimo di tre giorni a un massimo di sei mesi (sospensione senza stipendio) verrà applicata anche per «minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico, altri dirigenti o dipendenti, ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti». Litigare costa caro… Saranno puniti anche gli atteggiamenti di tolleranza dei capi di istituto verso docenti e personale Ata che si siano resi artefici di «irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi di particolare gravità da parte del personale dipendente». Le sanzioni cambieranno caso per caso,mai dirigenti che chiudono un occhio rischiano sei mesi di stipendio. L’avvertimento a presidi e insegnanti era già arrivato a maggio da parte del direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Marcello Limina: attenti a come parlate,è preferibile «astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che possano ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica »; vietato rilasciare interviste, meglio «rapportarsi con i loro superiori gerarchici nella gestione delle relazioni con la stampa». Da allora, secondo la Flc Cgil, i presidi si mordono la lingua prima di dire come la pensano. In un caso il preside al quale era stata chiesta un’intervista, avvertito il proprio superiore, si è sentito preventivamente dire: nondenigrare la pubblica amministrazione. Norme e multe sul comportamento sono contenute nel contratto di lavoro dei dirigenti scolastici per il quadriennio 2006/2009, ma firmato nel luglio scorso. Molti presidi, quindi, possono non sapere ancora cosa rischiano se rilasciano interviste. Il temibile codice Brunetta impone che «salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini», il dipendente «si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione ».Ammessi soltanto spot sorridenti, non si dica che la scuola va a rotoli…

L’Unità 24.10.10