partito democratico

Serracchiani ad AreaDem: «Andrò dai 'rottamatori'», di Maria Zegarelli

Cortona 3 è la Cortona senza Veltroni, Fioroni, Gentiloni e tutti i firmatari del Documento dei 75: è la Convention di Areadem dopo la svolta, la separazione «consensuale» con un pezzo importante del partito che sostenne Dario Franceschini alle primarie e tutto questo si respira a pieni polmoni nell’ex convento di Sant’Agostino. C’è voglia di dirsi che qui oggi bisognava starci tutti insieme, perché «mai come ora il partito ha bisogno di essere unito», c’è voglia di guardare avanti e lasciarsi alle spalle le polemiche, ma la ferita è ancora fresca.

Il botta e risposta Soro-Marini
E’ Antonello Soro, nel suo intervento, a prendere di petto il problema: «Walter ha sbagliato a spaccare Area Democratica, ma non può diventare il nostro nemico», così come non si può dire che il partito «va bene così come è». Non vanno bene i «Giovani Turchi», incalza Soro, che con il loro documento, poi ritirato, hanno fatto fare un passo indietro di quarant’anni all’idea di partito. «Vanno cambiati gli organismi del partito», a cominciare proprio dalla segreteria politica, aggiunge. Dario Franceschini ascolta, non condivide tutti i passaggi, ma non fa commenti. E’ Franco Marini a rispondere senza risparmiare critiche dure. «Antonello mi sorprende – dice venendo meno al proposito di non rispondere, ‘ma non ce la faccio’ – eppure lui viene dai pastori del nuorese e mi chiedo come faccia ad essere così buonista. E’ un mistero, anche per me che vengo dai pastori del Gran Sasso, che sono però meno sanguinari». Va giù pesante Marini: «A chi ci dice ‘se non si fa così me ne vado’, dobbiamo avere la forza dire ‘vattene’».

Marini dice di non dimenticare quando sente frasi di quel tipo, «non lo dimentico perché è un comportamento che militanti democratici non perdonano, non sopportano, nessuno accetta che non si vada d’accordo in un momento di grande difficoltà del paese». Pronuncia anche una «parola ormai bandita dal linguaggio della politica»: ‘corrente’. «Se non fosse bandita direi – sorride mentre parla – che siamo una bella corrente e chi non sta qui con noi non è la parte più aperta del partito e della minoranza. Quella più rigida sta fuori». E basta con le critiche al segretario, «eletto per la prima volta con primarie vere. Io non lo critico, soprattutto adesso che la situazione politica può sfociare in elezioni che dobbiamo affrontare con questo segretario».

In sala c’è anche Debora Serracchiani, una delle «rottamatrici» che andrà all’iniziativa del sindaco di Firenze Matteo Renzi. Marini avverte: la rottamazione non deve essere posta come una guerra, perché «chi parla di rottamare pone il problema dell’apertura del partito e dentro a questo del ricambio. Non è una guerra, ma una questione che deve essere aiutata dai vecchi. Ci sono troppe cose che ormai non possiamo fare da soli».

Le donne e il Pd
E’ Emilia De Biasi a porre il tema dell’invisibilità delle donne nella società italiana, oltre che nella politica e dunque anche nel Pd. Ieri Dario Franceschini ha più volte fatto riferimento dicendo che far rispettare le regole e imporre il merito in un Paese dove i criteri si muovono su altre direttrici, vuol dire anche dare piena attuazione alle pari opportunità fra uomini e donne. Ma non basta .

«Il 51% delle donne in Italia non ha un lavoro e soprattutto ha smesso di cercarlo .- dice De Biasi -. Questo dato modifica in profondità il welfare e riconsegna le donne all’antico ruolo di supplenti. Questo è il primo burqa, che le rende invisibili nella società: il secondo burqa è l’uso improprio del termine «genere», riduttivo della irriducibilità della esistenza femminile. Questo per dire che per raggiungere quella unità del paese auspicata da Franceschini è necessario unire innanzitutto gli uomini e le donne in un progetto che sappia tenere assieme gli elementi materiali della vita con l’autonomia del progetto di vita di ciascuno». De Biasi conclude facendo notare, non con tono polemico, ma come spunto di riflessione,che forse, chissà, anche nel Pd qualche ulteriore passo in avanti si potrebbe fare per riconoscere alle donne nella pratica un ruolo che spesso viene riconosciuto solo a parole.

L’Unità 24.10.10