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Rai, pubblicità a picco in "zona Tg1" "Da luglio a settembre persi 3 milioni", di Goffredo De Marchis

Masi annuncia il piano tagli: meno appalti e blocco del turn over. Il telegiornale di Minzolini è il solo a perdere secondi di spot. Ma l´audience è un po´ migliorata. Meno 19,5 per cento nel trimestre luglio-settembre, 23 mila secondi invece dei 28 mila dell´anno precedente, quasi 3 milioni di ricavi persi. È la fotografia negativa della raccolta pubblicitaria che ruota intorno alla principale edizione del Tg1, quello delle 20. Sono dati non ufficiali. La Sipra, concessionaria degli spot per la tv pubblica, non fornisce il dettaglio del suo lavoro. Giustamente. Perché non si possono dare elementi di valutazione alla concorrenza. Ma le voci filtrano. Le ha raccolte il responsabile informazione del Pd Matteo Orfini. Ora il senatore Vincenzo Vita annuncia una sua iniziativa: «Chiederò un´audizione dei vertici della Sipra nella commissione di Vigilanza per capire come il conclamato calo dell´ascolto del Tg1 abbia influito sulle entrate pubblicitarie». Di fronte all´organismo di controllo, i manager degli spot dovranno portare le cifre ufficiali.
I mancati ricavi del Tg di Augusto Minzolini sono una goccia nell´oceano del deficit Rai. Mauro Masi sta affrontando il piano industriale in una serie di incontri con i sindacati. Bisogna arginare un rosso che quest´anno si avvicinerà ai 120 milioni di euro, ma che senza un intervento lacrime e sangue può arrivare a 600 milioni nel 2012. Per Viale Mazzini sarebbe il collasso. Ieri il direttore generale ha annunciato una parte della ricetta anti-crisi. Parte subito il taglio del 20 per cento degli appalti esterni, delle consulenze, delle trasferte, delle auto blu. Ancora più doloroso sembra il blocco del turn over e delle retribuzioni. La riunione con i sindacati a Viale Mazzini è durata tre ore. Alla fine le sigle dei lavoratori hanno parlato di una “manovra” molto dura «che richiederà una risposta altrettanto dura».
La goccia del Tg1però marcia insieme con il calo degli ascolti, le polemiche sugli editoriali del suo direttore, la sanzione dell´Agcom per lo squilibrio a favore del centrodestra e di Berlusconi. «Per la Rai, purtroppo, non c´è esclusivamente un problema di credibilità e ascolti, ma anche una conseguente grave perdita di risorse», osserva Orfini. Dalla Sipra giungono indiscrezioni anche sui prossimi listini legati al telegiornale di Raiuno. Dal 1 gennaio la concessionaria sarebbe orientata ad abbassare i prezzi gli spot inseriti nel notiziario delle 20. Sarebbe un altro colpo alle casse dell´azienda. Ma va sottolineato che nell´ultimo mese il Tg1 ha recuperato gli ascolti allontanandosi dai record negativi dei mesi precedenti. Supera stabilmente il Tg5, suo principale concorrente e consolida il suo ruolo di prima fonte informativa del Paese. Oggi viaggia intorno al 27-28 per cento di share. La vendita degli spot da qui a gennaio potrebbe dunque subire un´inversione di tendenza.
Oggi il confronto con gli altri tg Rai è negativo. Secondo Sipra il Tg2 nella sua edizione principale (20,30) guadagna il 9 per cento di secondi pubblicitari venduti. Una crescita in linea con gli ascolti che hanno portato la testata diretta da Mario Orfeo a scavalcare spesso il muro dei 3 milioni di spettatori nel mese di ottobre. Il Tg3 di Bianca Berlinguer guadagna un punto percentuale. I telegiornali dell´emittenti privati hanno gli spot all´interno del notiziario, per quelli Rai invece si vendono gli spazi all´inizio del tg e alla fine. Nel caso della testata di Minzolini si calcola anche la pubblicità che segue l´anticipazione dei titoli in onda alle 19,50. Per l´opposizione la caduta pubblicitaria del Tg1 dimostra che il problema non è solo la linea politica. «Per Reporters sans frontières, addirittura, la libertà di stampa nel nostro Paese è pari a quella del Burkina Faso», sostiene Orfini. Che attacca soprattutto Masi: «Chi dirige la Rai dovrebbe preoccuparsi un po´ meno delle ossessioni censorie del presidente del Consiglio e un po´ più di questo drammatico calo di credibilità che danneggia, anche economicamente, l´azienda».

La Repubblica 26.10.10