attualità, politica italiana

"La spazzatura della classe dirigente", di Michele Brambilla

Quando uno dei suoi giornalisti si accingeva a scrivere un editoriale, Montanelli lo istruiva così: «Se il tuo soggetto è una persona, scrivi che è un incapace; se è un Paese, scrivi che è un Paese allo sbando. Parlare male è sempre più efficace che parlare bene». Tornasse in vita – e magari ci tornasse: avrebbe di che divertirsi, e di far divertire noi – il grande Indro non avrebbe bisogno di ripetere quei suggerimenti, tanto la realtà ha superato, e da un pezzo, ogni più tragicomica immaginazione.

Non occorre neppure far ricorso alla satira per mettere alla berlina la nostra classe dirigente: basta ahimè la cronaca. Proviamo a sfogliare a ritroso le raccolte dei giornali, e ricordiamo quali sono stati i grandi temi di dibattito in questo ultimo anno e mezzo. Alla fine di aprile del 2009 è scoppiato il «caso Noemi», preceduto dal «caso Veronica», che della vicenda della minorenne di Casoria è stato in qualche modo anticipatore. Poi il «caso D’Addario»: diverso dai precedenti solo per il soggetto, non per il tema, trattandosi sempre di pecoreccio.

Passata l’estate, il dibattito politico s’è incentrato tutto sul «caso Boffo», cioè sulla crocifissione dell’incolpevole direttore di «Avvenire», considerato reo di aver fatto del moralismo sul presidente del Consiglio, e accusato di essere «attenzionato» dalla polizia come «noto omosessuale» in base a un documento risultato poi falso. Boffo è stato tardivamente riabilitato, quando ormai le coltellate lo avevano ferito per sempre. Nel frattempo la maggioranza di governo, che appariva granitica dopo il risultato elettorale, ha cominciato a diventare fragile per i dissensi fra Berlusconi e Fini. Questi, colpevole di dissentire su alcune questioni (o di fare la fronda per interessi personali, a seconda dei punti di vista) è stato di fatto buttato fuori dal partito. Dopo di che è cominciato il tormentone sulla casa di Montecarlo che avrebbe fatto comperare al cognato a prezzo di favore.

Ora – ammesso che non abbiamo dimenticato nulla, il che è probabile – è scoppiato il «caso Ruby», una diciassettenne marocchina la quale ha raccontato una storia che, se fosse vera anche solo per la metà, basterebbe per far saltare sulla seggiola tutti gli italiani. A parte i presunti festini ad Arcore, pare certo che questa ragazzina, fermata per furto dalla polizia, sia stata rilasciata su pressioni di Palazzo Chigi. L’ex questore di Milano, intervistato dal nostro Paolo Colonnello, ha confermato l’episodio. Silvio Berlusconi ieri ha evitato l’argomento ma ha buttato lì una battuta che pare anch’essa una conferma: «Sono una persona di cuore, mi muovo per aiutare le persone che hanno bisogno». Probabilmente oggi il premier smentirà, dirà che non si riferiva al rilascio della ragazza, ma avrebbe fatto meglio a chiarirlo ieri perché, così com’è è stata sentita, la sua frase è stata percepita come una conferma. E se davvero Palazzo Chigi ha fatto pressioni per far rilasciare una persona arrestata per furto, beh: in qualunque Paese normale sarebbe sufficiente per far cadere il governo.

Chiariamo: della miserevole storia del «bunga bunga», dei gioielli regalati a una minorenne e delle donnine facili scortate ad Arcore dai carabinieri, non sappiamo quanto ci sia di vero, e ci auguriamo che di vero non ci sia niente. Vogliamo solo dire che è un fatto che ancora una volta si sia costretti a parlare di vicende per cui noi italiani ci stiamo facendo ridere dietro da mezzo mondo, mentre il Paese avrebbe problemi ben più seri di cui occuparsi: solo per fare un esempio, ieri il governatore della Banca d’Italia ha lanciato l’allarme disoccupazione, dicendo che i senza lavoro sono l’undici per cento; e il ministro Tremonti ha confermato.

A questo punto uno potrebbe dire che è colpa dei giornali: sono loro che danno tanto spazio a gossip, dossier, killeraggi. Berlusconi ha detto ieri che tutto ciò è «spazzatura», e non c’è dubbio che lo sia. Ma resta da vedere se è spazzatura mediatica, o spazzatura prodotta da una classe dirigente che non ha altri spunti di discussione da offrire ai giornali. Siamo noi giornalisti che perdiamo tempo appresso a stupidaggini, o è una certa classe dirigente a essere responsabile di un degrado da basso impero? Non ci convince neppure chi dice che «certe questioni riguardano la sfera privata, al massimo la morale, ma non la politica». A parte il fatto che gli uomini con responsabilità pubblica hanno diritto alla privacy solo fino a un certo punto, saremmo curiosi di sapere se gli elettori sono davvero disinteressati di ciò che gli eletti fanno nel tempo libero.

E poi non è che nella sfera pubblica si dia prova di occuparsi di problemi più seri. Il partito di maggioranza è ormai logorato da una crisi che nemmeno un Bondi può più nascondere: l’esodo dal Pdl verso Futuro e Libertà sta assumendo numeri impensabili fino a poco tempo fa. Quanto ai lavori parlamentari, sono paralizzati – tanto per cambiare – dalla questione giustizia, cioè da come evitare che il presidente del Consiglio venga perseguito dalla magistratura. E così il Paese è fermo, mentre i problemi corrono. Ecco, Montanelli avrebbe detto che non c’era nulla da inventare, né da colorire.

La Stampa 29.10.10