economia

"Doppio mercato del lavoro con un welfare non per tutti", di Eugenio Occorsio

Il premio Nobel Pissarides “In Italia flessibilità senza tutele”. Non ci sarà un´altra Grecia: l´Europa ha acquisito strumenti per intervenire rapidamente nelle emergenze. «Non vedo all´orizzonte altre crisi violente sul modello greco. Non perché non ci siano paesi in difficoltà, ma perché le istituzioni europee hanno acquisito strumenti e metodi per tenere sotto controllo le situazioni e intervenire rapidamente nelle emergenze. Lo hanno fatto con colpevole ritardo perché erano anni che si sapeva che la Grecia era in difficoltà. Ma almeno questo risultato c´è. Ora è sotto osservazione la Spagna e la sua crisi immobiliare e mi risulta che a livello comunitario si stiano prendendo misure decise». Christopher Pissarides, nato a Cipro nel 1948, docente alla London School of Economics, è in Italia per la presentazione del Rapporto del Luiss International Group on Economic Policy. Ed esorta i governi a puntare verso l´obiettivo più urgente una volta schivato il pericolo di nuove crisi monetarie: «Bisogna riformare il mercato del lavoro. In Italia avete avuto l´episodio di Marchionne, che lo avrà fatto con toni pesanti ma ha sollevato un problema vero». Pissarides ha titolo per parlare perché è stato insignito del premio Nobel 2010, che ritirerà ad Oslo fra pochi giorni insieme ai colleghi Peter Diamond e Dale Mortensen, proprio per i suoi studi sul mercato del lavoro.
Almeno dal punto di vista monetario, però, l´Italia può stare tranquilla?
«Non vedo pericoli immediati. Il debito pubblico è alto ma il vostro paese ha dimostrato di essere in grado di gestirlo anche grazie al tasso di risparmio. La riforma del patto di stabilità di tre giorni fa è sicuramente d´aiuto: sono modifiche giuste perché i limiti allo sviluppo erano troppo stretti e andavano modificati tenendo conto dell´eccezionale recessione. I problemi sono come dicevo di altra natura: in Italia, come in Francia e in Spagna, si è creato un doppio mercato del lavoro con posizioni di privilegio abilitate ad accedere al sistema di welfare, e tante altre abbandonate ad una flessibilità eccessiva senza alcuna tutela».
Venerdì è arrivato il dato sul Pil americano nel terzo trimestre che è salito del 2%, nulla di grandioso ma sempre una crescita. Perché neanche gli Usa riescono a ridurre la disoccupazione?
«Il problema è la lentezza dei consumi. Forse, per quanto difficile da credere, troppo poche risorse pubbliche sono state investite per rilanciare l´economia. Sta di fatto che i redditi non crescono e le imprese sono paralizzate e non assumono. Non si vede via d´uscita: l´America rischia di perdere un decennio come è successo al Giappone, e non ha neanche le tutele sociali dell´Europa».
Insomma, condivide il pessimismo del suo “predecessore” Paul Krugman, che vinse il Nobel nel 2009, secondo cui serviranno 4-5 anni perché l´occupazione riparta…
«Non mi sbilancerei nelle previsioni. Di sicuro la ripresa è molto fragile, senza nessuna certezza. In comune fra i due continenti c´è l´atteggiamento negativo delle banche, che non vogliono riprendere a concedere crediti e andrebbero invece sollecitate con grande forza».
E come si potrebbe fare?
«Le prime a muoversi dovrebbero essere le banche centrali, rendendo più stringente il meccanismo che sia la Fed che la Bce hanno cominciato ad intraprendere, cioè la penalizzazione, non necessariamente con sanzioni ma all´inizio con tassi e commissioni sempre più onerosi, per gli istituti che depositino il denaro presso di esse anziché rimetterlo in circolo».

La Repubblica 31.10.10