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Bersani: "Ora Fini sia coerente governo tecnico con Fli e Lega", di Giovanna Casadio

Insieme una mozione di censura. Il sì di Di Pietro. L´Udc: serve una nuova fase. Prodi: “Che tristezza, si cambi pagina presto”. Il leader democratico ieri ha parlato sia con il centrista Casini, sia con Di Pietro. Bersani chiede a Fini di non essere più complice di un governo che getta discredito sull´Italia e lo invita a «censurare» insieme il premier in Parlamento. Il “caso Ruby” non può essere ignorato, rimosso, minimizzato. Quindi il presidente della Camera e leader di “Futuro e libertà” passi dalle «parole giuste – pronunciate ieri alla convention di Fli – a fatti giusti. Stacchi la spina. Questo governo non può restare perché se digeriamo anche questo non so cosa può pensare il mondo dell´Italia». È l´appello del segretario dei Democratici. Si rivolge anche a Bossi, al ministro Maroni che, finora, ha coperto il premier e la gravità di quella telefonata alla Questura di Milano con cui ha spacciato una minorenne in affido per la nipote di Mubarak chiedendone e ottenendone il rilascio. Ecco, incalza Bersani, «cosa ha da dire adesso la Lega, che ha predicato moralità contro le cricche e sui temi fiscali?».
Berlusconi «deve dimettersi». Al Tg3, il leader Pd rilancia il governo tecnico e si dice pronto alla «mozione di censura» a Berlusconi, se anche pezzi della maggioranza, ovvero i finiani, sono disposti ad aderire. «Servono i fatti – ripete – se questo governo si dimette noi siamo disposti a un governo tecnico per fare una legge elettorale nuova, affrontare una o due questioni di emergenza, e poi andare al voto sulla base di nuovi progetti da presentare agli italiani». Occorre insomma prepararsi a «un governo di transizione che deve segnare una discontinuità, che non ripercorra strade vecchie, che tenga insieme l´opposizione e le forze della maggioranza disposte a questo tragitto». La sfiducia nel governo è bene, secondo il segretario, che nasca nel paese. Bersani ha sentito ieri sia il leader dell´Udc, Casini che Di Pietro. In questa settimana in cui i lavori parlamentari sono sospesi, pensa anche a colloqui con i sindacati e Confindustria. La deriva del “bunga bunga” va fermata, e l´ipotesi di «una mozione di censura» al premier – che avrebbe lo stesso valore politico di una sfiducia, ma il vantaggio di essere più facilmente votata dai finiani – aprirebbe «una fase nuova, oltre il centrosinistra».
L´opposizione tenta di scuotere il paese. Anche Prodi, l´ex premier, lo ha detto ieri in un colloquio a Ferrara a Dario Franceschini, il capogruppo democratico. «La tristezza e la preoccupazione – si è sfogato il Professore – per la condizione in cui si trova l´Italia deve farci cambiare pagina al più presto». E Di Pietro apre al governo tecnico: «Daremo una mano, a patto che non sia una furbata da prima Repubblica. Berlusconi lasci, è indegno del ruolo che ricopre. Fini la smetta di ciurlare nel manico». Durissimi anche i leader dell´Udc. Cesa, il segretario, denuncia: «Dal 1994 a oggi mai i governi guidati da Berlusconi erano finiti così in basso. Le persone più responsabili del governo aprano una fase nuova. Le dimissioni sono inevitabili». Critica nei confronti di un governo tecnico è Emma Bonino leader, con Marco Pannella, dei Radicali. Dal palco del congresso di Pr, Bonino osserva: «Sarebbe un governo di transizione deciso da non più di 50 persone come avviene nei regimi oligarchici». E attacca Berlusconi: «Io non ho bisogno di guardare dal buco della serratura perché ci bastano le sue imbarazzanti performance all´estero, e noi sappiamo che quelle italiane sono anche peggio». Il Pd intanto chiede che il premier si presenti al Copasir, per chiarire il ruolo del suo caposcorta che avrebbe per primo telefonato alla questura milanese sulla vicenda di Ruby.

La Repubblica 01.11.10

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Veltroni: votare sarebbe un “suicidio”. “Dobbiamo restituire dignità al Paese”, di Curzio Maltese

Penso a un modello, il governo Ciampi. Uno dei migliori, insieme al primo Prodi. Un governo che restituisca dignità al Paese, affronti le scadenze europee e la legge elettorale
La priorità è un nuovo patto tra i cittadini per superare l´egoismo del berlusconismo. Questa è la sfida per un Pd che riprenda il cammino scegliendo il coraggio riformista. «In tutte le storie, i libri, i film, arriva la parola fine e qui siamo ai titoli di coda». La metafora è cinematografica, si capisce, ma il significato politico del discorso di Walter Veltroni si riassume in poche parole. «Dimissioni e voltiamo pagina».
Lei chiede che il suo ex avversario lasci Palazzo Chigi?
«Si deve dimettere. Perdere tempo è pericoloso, per il Paese. Berlusconi deve dimettersi subito»
Il premier si difende dall´ultimo scandalo, rivendicando d´essere un donnaiolo. Ma il punto non è questo, vero?
«No, non c´entra la vita privata del premier, ciò che è grave è la telefonata in questura, è aver mentito alla polizia, cose inimmaginabili in qualsiasi paese. In un colpo solo Berlusconi ha commesso un abuso di potere, violato l´uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, raccontato una menzogna spudorata a un pubblico ufficiale, dicendo che la ragazza, peraltro marocchina, era la nipote del presidente egiziano Mubarak, e ha coperto di ridicolo e disonore il Paese sulla stampa mondiale. È la telefonata e la concezione proprietaria del potere che essa esprime che non sono tollerabili».
Mettiamo pure che Berlusconi si convinca, carichi Fede, Lele Mora e le ragazzine e si avvii verso Antigua. Quali scenari si aprono? Voto o governo tecnico?
«Lo scenario è uno solo, un governo di responsabilità nazionale, che lasci decantare la fase di barbarie politica, riscriva la legge elettorale e affronti le nuove scadenze europee di cui nessuno parla. Un governo dopo il quale si dovranno affrontare un centro destra liberale ed europeo e un centro sinistra davvero riformista».
Quali sono queste scadenze internazionali?
«Entro il 12 novembre il governo italiano dovrà presentare all´Ue un piano di riforme strutturali per il rientro dal debito pubblico e il miglioramento della produttività. Dalla prossima primavera l´Europa vara un più stretto regime di controllo sulle politiche economiche dei singoli stati membri, come reazione al caso Grecia. In queste condizioni e con un debito al 118% del Pil, andare a elezioni dall´esito per giunta incerto sarebbe un suicidio».
Quindi, niente elezioni e un governo tecnico. Con quale maggioranza, quali obiettivi e guidato da chi?
«Penso a un modello, il governo Ciampi, uno dei migliori, insieme al primo Prodi, della storia repubblicana. Un governo, ne ha parlato Eugenio Scalfari, composto da personalità di alto profilo, in grado di restituire all´Italia quella dignità di grande paese che merita, affrontare le scadenze europee, arrivare a una nuova legge elettorale, promuovere primi interventi immediati in almeno due settori: la lotta alla barbarie della precarietà giovanile e un nuovo patto per il lavoro, l´impresa, la produttività. Un patto che unisca quei lavoratori e quei piccoli imprenditori che sono legati da una comunità di destino. Insomma un governo che torni a occuparsi dei 59.999.999 italiani che non sono Silvio Berlusconi. In due anni mentre il governo si è interessato solo di lodi e legittimi impedimenti gli altri paesi hanno fatto riforme strutturali importanti, come ha ricordato ieri Mario Monti. Lo sa, per me è una ossessione civile, questo paese si deve liberare dal suo immobilismo, dal suo istinto ad assecondare populismi e demagogie e deve fare i conti con i suoi problemi strutturali e dichiarare guerra a tutti i conservatorismi».
Questo governo tecnico avrebbe secondo lei i numeri in Parlamento?
«Oggi sì e anche più dei necessari. Nel centrodestra ci sono persone responsabili e serie che vivono con crescente disagio questa deriva angosciosa. Penso alle parole di Confalonieri, di Bossi, allo scontento di molti parlamentari della maggioranza. Dovrebbe essere un governo che nasce non contro qualcuno ma per il nostro paese».
Berlusconi griderebbe al complotto da tutte le televisioni, anche da Antigua.
«Berlusconi ha vinto contro di me promettendo cinque anni di stabilità. È dunque il primo ad aver tradito il voto degli italiani, quindi l´ultimo a poter parlare di tradimenti e ribaltoni. È stato al governo per otto anni e non ha mantenuto una sola delle promesse iniziali».
È sicuro che un governo, per quanto tecnico e di alto profilo, non comincerebbe a litigare proprio sulla legge elettorale? Non sembra esserci una sola opzione.
«È vero, ma su due punti mi pare siano tutti d´accordo: bisogna lasciare agli elettori la facoltà di scegliersi il governo, con alleanze dichiarate prima del voto, e restituire ai cittadini la possibilità di scegliersi i rappresentanti. Chiarite le linee guida, sui sistemi si può discutere»
La sua proposta di legge elettorale quale sarebbe?
«Da anni sostengo che il sistema migliore in Italia sarebbe il collegio uninominale con il doppio turno. Ma ripeto che qui non esistono dogmi. Comunque la priorità vera è la ricostruzione del Paese, un nuovo patto fra cittadini anche per ripristinare quel senso di comunità, quello spirito di solidarietà che l´egoismo sociale del berlusconismo ha distrutto e senza il quale il paese è inevitabilmente destinato a ciò che sta accadendo, l´imbarbarimento violento delle relazioni sociali e umane. E questa deve essere la sfida anche per un Pd che riprenda il suo cammino aprendosi e scegliendo il coraggio riformista».
Siamo realisti. La più probabile delle ipotesi è che Berlusconi non si dimetta e continui a governare nel caos, tirando a campare il più a lungo possibile. In questo caso che cosa accadrebbe?
«È lo scenario più spaventoso. Gramsci parlava di quei ceti dirigenti che pur di non abbandonare il potere avvelenavano i pozzi e bruciavano le stoppie per distruggere il campo, la ricchezza comune. Ma io sono fiducioso. Esiste una maggioranza silenziosa del Paese, fatta di persone che lavorano, creano, faticano e che hanno fiducia nell´Italia e che, indipendentemente da come hanno votato nel passato, vogliono voltare pagina. Si ricorda cosa dicemmo alla manifestazione del Circo Massimo proprio due anni fa? C´è un paese migliore di chi lo governa. Ora è il tempo di questo paese».

La Repubblica 01.11.10