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"Brescia, cariche contro i migranti. I sei sulla gru in sciopero della sete", di Giuseppe Vespo

Dopo una giornata di incidenti e tensione rimangono dov’erano i sei immigrati di Brescia che da undici giorni sono su una gru a 30 metri d’altezza. Chiedono la regolarizzazione che non hanno avuto con la sanatoria «truffa».
Arun, Jimi, Rachid, Sajad, Singh e Papa, adesso rifiutano anche l’acqua e il cibo. È il loro undicesimo giorno a 35 metri d’altezza, su una gru del cantiere della metropolitana di Brescia, in pieno centro, in piazza Cesare Battisti. Protestano per quel permesso di soggiorno che non hanno ancora ottenuto, nonostante avessero i requisiti richiesti dalla sanatoria del 2009 che permetteva di mettere in regola colf e badanti clandestini. Sono il simbolo del popolo migrante che si dice «traffuato» dalle leggi del governo. Dopo di loro, anche a Milano cinque migranti si sono arrampicati su una ciminiera per rivendicare gli stessi diritti.
LE CARICHE
Ieri all’alba polizia e carabinieri hanno sgomberato con due cariche il presidio che da giorni li seguiva. Un tentativo messo in atto per permettere ai pompieri di piazzare delle re-
ti di sicurezza sotto la gru (?), ma che ha avuto come unico effetto quello di spostare di un centinaio di metri i manifestanti: da piazza Battisti a via San Faustino. Con le cariche, la seconda intorno alle dieci e mezza, 24 persone sono state accompagnate in questura. Sei, due immigrati e quattro italiani, sono stati arrestati: cinque per resistenza a pubblico ufficiale e uno per non non aver rispettato l’ordine di espulsione dall’Italia (Bossi-Fini). Per dodici migranti è scattato il decreto di espulsione e alcuni sono già stati accompagnati nei Cie di via Corelli a Milano e Brunelleschi a Torino. Dodici italiani invece sono stati denunciati a piede libero per manifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale. Tra questi, Umberto Gobbi, presidente dell’associazione “Diritti per tutti”, che segue la protesta dei sei dall’inizio. A carico di Gobbi da ieri pende una denuncia per istigazione alla disobbedienza delle leggi. I processi per direttissima potrebbero partire già oggi.
Tra la folla si incontra anche chi e sfuggito all’arresto ma porta sul corpo i segni delle manganellate. Come Hammed, 26 anni egiziano, da sei anni a Brescia. Alza la camicia per mostrare i lividi. Dice che non andrà in ospedale perché ha paura che il medico lo denunci: è senza permesso di soggiorno, nonostante i sei anni in ditta come saldatore. L’escamotage per uscire dal nero e dalla clandestinità era purtroppo, anche per lui quella sanatoria per colf e badanti.
Hammed racconta di aver incotrato al bar un italiano che si è offerto di denunciarlo come suo badante. In cambio, però, ha dovuto sborsare cinquemila euro. «Poi siamo andati alla Posta dice il 26enne e ho pagato 500 euro per aprire la pratica. Poi duecento euro per l’iscrizione al sindacato. Infine i contributi: trecento euro ogni tre mesi, da un anno». Soldi sudati, che Hammed non vedrà più: «Mi hanno fermato una volta senza documenti e hanno bloccato tutto. A questo punto continua se mi dessero i soldi indietro tornerei in Egitto, tanto qui non c’è più lavoro». Questo ragazzo è l’immagine di un mondo: nelle quasi 300mila richieste di regolarizzazione presentate l’anno scorso ci sono molte storie come la sua. Molti o molte colf e badanti che in realtà fanno un altro lavoro, truffati dagli italiani che si sono fatti pagare per metterli in regola, salvo poi sparire e non presentarsi alla convocazione della Prefettura. Altri invece sono rimasti fregati dalla «circolare Manganelli»: spiega il segretario della Camera del Lavoro di Brescia, Damiano Galletti: «Sono migranti la cui regolarizzazione è stata bloccata perché sono stati fermati dalla polizia e trovati senza permesso di soggiorno». È quello che è accaduto ai sei sulla gru. Loro però sono ostinati e giurano di voler andare avanti fino a quando otterranno i documenti che aspettano. Ieri il prefetto Narcisa Brassesco Pace ha incontrato i sindacati, il Pd e l’Idv, e ha ribadito il suo «no» a qualsiasia regolarizzazione «fuori dalle norme». La Cgil nazionale ha chiesto l’intervento del ministro Maroni, mentre le associazioni e i migranti continuano a protestare. A Brescia ma anche a Milano.

L’Unità 09.11.10

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“Brescia, blitz della polizia sotto la gru. L’ultimo atto di una guerra nascosta”, di Elisabetta Reguitti

Tutto è iniziato alle 6 di mattina con lo sgombero di quanti, da giorni, sostano ai piedi della gru sulla quale dal 30 ottobre vivono sospesi sei immigrati. Erano venti i primi uomini delle forze dell’ordine impegnati ad allontanare quanti hanno deciso di sostenere quelli che stanno a 35 metri di altezza.
L’alba grigia di Brescia è iniziata con le voci degli uomini che si opponevano alla polizia: un richiamo anche per coloro che stavano dormendo nella stanza messa a disposizione dalla parrocchia di San Faustino a pochi metri dal cantiere. Tutti in strada e sono iniziate a volare le prime botte. Sembra siano stati utilizzati anche gli estintori per tenere alla larga polizia, carabinieri e Guardia di finanza rafforzati nel giro di poco da altri reparti venuti da fuori città. L’ordine era allontanare e identificare. Chi non mostrava i documenti veniva portato in questura.
BRESCIA ieri ha conosciuto una giornata di grande nervosismo e paura. E’ saltato il meccanismo che teneva coperte le tensioni che crescono all’ombra di una politica fatta di accerchiamento degli stranieri, in una realtà in cui la crisi del lavoro diventa uno strumento di selezione. La visione xenofoba del mercato del lavoro, che tende ad rimandare a casa loro gli stranieri che da indispensabili per le fabbriche oggi diventano un fastidioso peso per la città, sta facendo il resto. Ma ciò che è avvenuto inizia ben prima. Basti pensare come nella centrale piazza Rovetta sono state tolte le panchine per impedire il ritrovo degli immigrati. Meglio parcheggi e macchine piuttosto che stranieri. Aggiungi le multe a chi si siede sui monumenti pubblici (la prima fortunata era stata una donna marocchina) o il divieto di praticare il cricket nei parchi. Ma d’altro canto a Brescia si gioca la capacità di dimostrare la forza della “legalità”.
Si misura con il braccio di ferro tra l’amministrazione comunale del sindaco onorevole, Adriano Paroli, ma soprattutto del vice Fabio Rolfi, e l’associazione “Diritti per tutti” che difende gli immigrati.
MA IN MEZZO ci stanno quei sei disgraziati che occupano uno dei cantieri della metropolitana. Lavorano tutti in nero nella operosa Brescia e tra loro ci sono alcuni che hanno già pagato i 500 euro per poter accedere alla sanatoria. Chi aveva ricevuto il foglio di via per clandestinità ha comunque potuto far domanda e ha pagato, per poi ricevere l’esclusione dalla sanatoria. Arun, Papa, Sajad Jimi, Rachid e Singh (dai 20 ai 30 anni) non scendono dalla struttura, hanno iniziato lo sciopero della fame e rimangono sulla piccola piattaforma a 170 pioli di distanza da dove ieri a metà mattina c’è stata anche una carica della polizia per spingere i manifestanti a metà di via San Faustino, uno degli imbocchi al cantiere della metropolitana che dall’alto appare come un’isola circondata da uomini in divisa e vigili del fuoco ai quali era stato detto di montare una rete di protezione. Operazione impossibile visti i lanci di pezzi di ferro e bottiglie contenenti urina. I sei da sopra ritengono che la rete che vuole mettere la prefetta Livia Narcisa Brassesco Pace non sia tanto per la loro sicurezza quanto piuttosto preludio di un’azione di forza per obbligarli a scendere. Magari impegnando reparti speciali inviati dal ministero degli Interni la cui linea è chiara: “Fino a quando quelli non scendono non si tratta. Nessun tavolo di trattativa”.
Il pomeriggio cristallizzato mentre dalla questura uscivano quelli fermati in mattinata. Un bilancio di 25 persone, di cui 14 stranieri; sei di questi accompagnati nei centri di espulsione di Milano e Torino; gli arrestati a fine giornata erano 8, di cui 6 italiani e due immigrati. Una donna colpita ad una spalla mentre stava facendo una diretta radiofonica è finita in ospedale. Maurizio Mura, tra quelli fermati e poi rilasciati, mostra il foglio con la sua imputazione: manifestazione non autorizzata. Piovono dichiarazioni: tra le altre quelle del Pd che parla di “permesso di protezione sociale per quelli che lavorano”. Una cosa è certa: la situazione a Brescia potrebbe avere conseguenza imprevedibili.

Il Fatto Quotidiano 09.11.10