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«Giovani non disposti a tutto» Un fantasma si aggira per l'Italia, di Bruno Ugolini

Un fantasma, anzi un esercito di fantasmi, si aggira nella rete. Lancia una pagina apposita su Facebooke su Twitter ricevendo migliaia di adesioni. Costruisce un sito (www.giovanidispostiatutto. com). Qui c’è anche un forum che raccoglie storie, denunce, testimonianze. Mentre le mura di numerose città (Bologna, Torino, Roma. Milano) sono tappezzate di manifesti. Un’invasione. Lanciano un messaggio con due significati opposti. Uno recita: «Giovani disposti a tutto ». L’altro: «Giovani non disposti a tutto». Sono i precari, gli atipici, gli invisibili. Fantasmi, appunto. Alla ricerca di un sostegno, di un megafono, di una voce. Per colpire l’attenzione hanno pubblicato degli annunci, delle «offerte» di lavoro che sembrano inventate ma che non sono lontane dalla realtà. Spesso spiritose, paradossali: «Gruppo finanziario cerca giovani disponibili a fare il caffè e dog sitter al proprio Capo», «Agenzia di pubblicità cerca account junior con padre pronto a mantenerlo a vita», «Gruppo informatico cerca giovani laureati con il massimo dei voti e il minimodi dignità». Altri ne suggeriscono di più verosimili: «Pizzeria cerca giovane, massimo 26 anni, esperienza decennale, per servizio in sala e pulizie. Turno h. 18.00 – 05.00. Pizza gratis il lunedì sera per il/la fidanzato/a.Nomance». Ancora: «Società di comunicazione cerca per stage full-time di 3 mesi giovane laureato, ottima conoscenza inglese, francese, arabo e cinese, capacità di problem solving, dinamico, onesto, sincero e fedele. No retribuzione, ma è tanto formativo». C’è chi commenta: «Sembra l’offerta che mi è stata proposta qualche giorno fa! Una redazione milanese ha selezionato mio CV (wow!) per stage 6 mesi non retribuito però, con possibilità di rinnovarlo per altri 6 mesi… ».Un altro segnala: «Rivista online cerca redattore per stage biennale, disposto a pagare 200 euro al mese per tesserino da pubblicista. Astenersi perditempo». Oppure: «Studio professionale offre stage gratuito decennale altamente formativo. Richiesta buona confidenza con fotocopiatrici e scanner. No rimborso spese». Avete capito bene: dieci anni a fotocopiare. C’è chi ironizza: «Basta con questi retaggi vetero-comunisti, evviva la flessibilità, anzi il contorsionismo!». I promotori – lo si capisce bene leggendo – fanno parte di un popolo che ha conosciuto sulla propria pelle le nuove e «moderne» esperienze di lavoro. Scrivono: «Noi siamo l’offesa che senti quando cerchi lavoro e trovi proposte che ti feriscono anche solo a leggerle. Siamo l’imbarazzo che provi quando fai un colloquio e chi ti valuta ha la metà delle tue competenze ». Non hanno lanciato questa offensiva mediatica per predicare la rassegnazione, semmai invitano a raccogliere le forze: «Da solo non ti salvi». Denunciano quella solitudine che scatta «quando ti vogliono convincere che stai facendo uno stage altamente formativo», oppure «quando l’Inps ti spiega che non avrai alcuna indennità di disoccupazione». Vorrebbero raccontareun Paese diverso «all’altezza delle nostre competenze, delle nostre energie, della nostra creatività, del nostro coraggio». Sono, insomma , giovani «non disposti a tutto» e propongono, come primo sia pur minuscolo atto della propria campagna,degli stickers con l’immagine di quel «NON+» maiuscolo da appendere sopra gli annunci di lavoro degradanti, davanti all’ufficio, all’università, nelle piazze. Nel forum trovi i commenti più disparati. C’è chi, come Flavia, sogna lo sciopero totale dei precari: «Se ci fermassimo per qualche giorno con un’azione massiccia sarebbe un bel problema!». Non mancano le voci deluse, come quella di Giorgia: «Bisogna fare qualcosa, e bisogna farlo in fretta, se aspettiamo i sindacati, la destra o la sinistra, facciamo in tempo a passare a miglior vita!». Voci da ascoltare. Forse questi fantasmi della rete si sono sentiti più forti quando hanno sentito addirittura il governatore della Banca d’Italia sostenere comela loro precarietà nuoccia alla produttività e ai profitti. Un monito per quelle tante imprese convinte che basti lesinare sul costo del lavoro per vincere la concorrenza internazionale. Che basti il modello Marchionne.

L’Unità 09.11.10