cultura, politica italiana

"Gli ultimi giorni di Bondi? I democratici vogliono provarci", di Fabrizia Bagozzi

Domani il ministro riferisce alla camera. Possibile una mozione di sfiducia del Pd. In linea con la fase di fibrillazione parossistica del governo, non accenna a diminuire la bufera che si è scatenata sulla testa del ministro dei beni culturali nonché coordinatore del Pdl Sandro Bondi a causa del crollo dell’armeria dei gladiatori a Pompei. Su richiesta del capogruppo del Pd a Montecitorio, Dario Franceschini, Bondi riferirà domattina alla camera sui motivi che hanno portato a un incidente che, parole di Fini ha Perugia, «ha fatto il giro del mondo».
Spiega Franceschini che «tra le cose possibili dell’esito dell’informativa c’è una mozione di sfiducia che, naturalmente, valuteremo insieme agli altri gruppi parlamentari».
La vicenda di Pompei rischia dunque di avere una ricaduta politica di prima grandezza. I democratici cercano infatti l’innesco per arrivare a un’ampia convergenza parlamentare che segni nei fatti l’avvio di una crisi di governo che difficilmente potrebbe passare per una mozione di sfiducia a Berlusconi o all’esecutivo.
Mozione che, allo stato dei fatti, i finiani farebbero a fatica a votare. Ma non è detto lo stesso atteggiamento in caso di iniziativa contro Bondi. Nei confronti del quale, al netto di ciò che ha detto domenica il leader di Futuro e libertà, i futuristi hanno da subito mantenuto una posizione ferma. Ieri il finiano Fabio Granata ha confermato la richiesta di dimissioni immediate del ministro dei beni culturali. L’atteggiamento futurista rimane legato all’evolversi delle cose nella maggioranza, rispetto al quale Italo Bocchino fa sapere che «se Berlusconi rimane asserragliato a palazzo Chigi, entro un mese ci sarà un incidente tecnico che farà cadere il governo».
La mozione di sfiducia individuale a Bondi convince l’Italia dei Valori, che, come è noto, vorrebbe di più e fa pressing su Bersani per quella a Berlusconi. Ma è rimane da verificare se convinca i centristi dell’Udc.
Da subito Pierferdinando Casini aveva detto che non era il caso di buttare la croce addosso a Bondi: «La realtà è che i suoi appelli non sono stati ascoltati da chi poteva e doveva decidere». E ieri l’udiccino Enzo Carra, membro della commissione cultura della camera, pur sottolineando che «il ministero dei beni culturali non ha brillato per inziative», ha spiegato che «dovrebbe dimettersi da coordinatore del Pdl per fare meglio il ministro».
Da verificare anche l’atteggiamento dell’Api di Francesco Rutelli, già ministro dei beni culturali nella scorsa legislatura. Rutelli ha detto che Bondi è «una persona onesta, ma ha mostrato di non avere gli attributi di fronte a Tremonti. Ora deve dimostrare di averli oppure è meglio che se ne vada».
In attesa di capire che cosa dirà Bondi, a Montecitorio i democratici si preparano alla battaglia. Cercando un incidente efficace che chiuda questa fase e ne avvii una nuova.

da Europa Quotidiano 09.11.10

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“La Pompei del governo Pd pronto a sfiducia Bondi”, di Simone Collini

Gli ultimi giorni del governo potrebbero passare per Pompei. Il Pd ha chiesto a Sandro Bondi di riferire in Parlamento sul crollo della Schola Armaturarum . E se il ministro dei Beni culturali domani si presenterà nell’aula di Montecitorio e non saprà essere più convincente di quanto non sia stato in queste ultime 72 ore, il Pd presenterà una mozione di sfiducia individuale nei suoi confronti. L’operazione è stata concordata tra Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani. Ma ci sono già stati anche contatti con le altre forze che puntano alle dimissioni di Silvio Berlusconi. Compresa Futuro e libertà. E, sulla carta, alla Camera ci sono i numeri per sfiduciare Bondi e far esplodere in Parlamento una crisi che da settimane si trascina sugli organi d’informazione. Bersani, che da Fini si aspetta «atti conseguenti» alle parole pronunciate nelle ultime settimane, fa sapere che il Pd svilupperà «ogni iniziativa, parlamentare e non, utile a chiarire la situazione perché la crisi c’è ed è ora di certificarla». Concetti che il leader del Pd ha espresso direttamente al presidente della Camera in un colloquio telefonico. Uno dei sempre più frequenti che sta avendo con lui. Bersani sa benissimo che una mozione di sfiducia al governo targata centrosinistra, ancora ieri sollecitata dal leader dell’Idv Antonio Di Pietro, in questo momento difficilmente potrebbe essere votata dai finiani, e sa invece che sulla richiesta di dimissioni nei confronti di Bondi si può creare con loro una fruttuosa convergenza. Anche perché la gestione del sito di Pompei e dell’intero ministero della Cultura, come verrà alla luce da una relazione messa a punto dal Pd per motivare la richiesta di dimissioni, viene giudicata da più parti indifendibile.

GRANATA CHIEDE LE DIMISSIONI
A chiedere esplicitamente le «immediate dimissioni» del titolare dei Beni culturali c’è infatti anche il deputato di Fli Fabio Granata, che parla di «totale inadeguatezza nella gestione del più grande patrimonio culturale del mondo» e di Bondi come «sostanzialmente ed esclusivamente solo ministro della propaganda». Un fronte composto da Pd, Idv, Udc e finiani avrebbe la maggioranza, alla Camera. E i contatti delle ultime ore fanno ben sperare il Pd. Il capogruppo dell’Idv Massimo Donadi, pur giudicando auspicabile una mozione di sfiducia al premier, si dice pronto a firmare la mozione contro «il ministro dei mali culturali» Bondi. E anche l’Udc – che pure sottolinea che è il ministro dell’Economia Giulio Tremonti a dover riferire in Parlamento perché quanto avvenuto a Pompei è, dice Pier Ferdinando Casini, «il risultato dei tagli lineari di chi non ha saputo e voluto fare scelte di tutela del nostro patrimonio» – è pronta a fare la sua parte pur di arrivare alle dimissioni di Berlusconi. Che, si ragiona tanto tra i vertici del Pd quanto tra quelli delle altre forze di opposizione, se pure non arriveranno insieme a un’eventuale sfiducia a Bondi, di certo sarebbero più vicine una volta che sia riuscita un’operazione del genere.

GUERRIGLIA PARLAMENTARE
A questo punto Bersani vuole innescare una vera e propria «guerriglia» in Parlamento, spingendo il governo verso le dimissioni sfruttando ogni spazio possibile, che sia la proposta di legge presentata da Fli su Rai e pluralismo, quella del Pd sulla riforma fiscale (su cui potrebbe esserci la convergenza con Fini e Casini), il documento di censura presentato dall’Idv nei confronti del ministro Calderoli, reo di aver abrogato alcune norme che vietano l’associazione armata in modo da salvare le camicie verdi, o le stesse votazioni sulla riforma della Giustizia e Lodo Alfano. Oggi il leader del Pd incontrerà prima i segretari regionali e poi riunirà al Nazareno tutti i big del partito. Bersani vuole discutere con loro le prossime mosse, senza escludere nulla.

IPOTESI DI SFIDUCIA AL PREMIER
La stessa mozione di sfiducia nei confronti del premier, che in questa fase rischia di tramutarsi in un boomerang, potrebbe essere messa sul piatto. Nel Pd la sollecitano apertamente Arturo Parisi, Gavino Angius, e anche il veltroniano Giorgio Tonini pur lasciando aperta la porta a più soluzioni, dice che bisogna prendere in considerazione «l’ipotesi di una mozione, o comunque di una iniziativa in Parlamento, perché non possiamo stare ad aspettare Fini, non può avere i ministri e guidare pure l’opposizione». Il “colpo finale” potrebbe insomma essere portato a presto, ma prima Bersani vuole continuare la battaglia di logoramento. Che avrà nella sfiducia a Bondi un passaggio fondamentale.

L’Unità 09.11.10