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"Le cifre dell’ambiente In tre anni fondi tagliati di più della metà" di Alessandro Arachi

Perso un miliardo di euro, parchi e ricerche a rischio. I bilanci sono decisamente disastrati. Sotto la soglia della sopravvivenza. Dal 2008 a oggi, infatti, è stato tagliato quasi un miliardo di euro, circa i due terzi della somma totale a disposizione del ministero dell’Ambiente. Non solo. Da qui al 2013 sono in previsione ulteriori tagli, oltre 200 milioni di euro nel complesso. Sui parchi l’ultimo allarme è stato lanciato ieri, dal ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo: «Dopo i tagli che sono stati fatti ai fondi per i parchi, sarò costretta a chiuderne almeno la metà».

ROMA Sui parchi l’ultimo allarme è stato lanciato ieri, con disperazione. Ma già più e più volte il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo aveva avvisato, cercando di attirare l’attenzione: dopo i tagli che sono stati fatti ai fondi per i parchi, sarò costretta a chiuderne almeno la metà.
La verità, tuttavia, è che a dare un’occhiata ai bilanci del dicastero dell’Ambiente usciti dalla manovra economica, si può vedere come i parchi siano soltanto la punta dell’iceberg della disperazione.
I bilanci sono decisamente disastrati. Sotto la soglia della sopravvivenza. Dal 2008 ad oggi, infatti, è stato tagliato quasi un miliardo di euro, oltre la metà della somma totale a disposizione del ministero dell’Ambiente. Non solo. Da qui al 2013 sono in previsione ulteriori tagli, oltre 200 milioni di euro nel complesso.
Per capire meglio: si è partiti nel 2008 da un miliardo e 649 milioni si è arrivati oggi a 738 milioni, si punta al 2013 ad un cachet di poco più di 500 milioni. Tradotto: in certi casi non si riesce neanche a pagare le bollette. Il taglio per il 2011 riguarda diverse voci.
Come nel caso dei parchi, sicuramente. Dai 57 milioni di euro a disposizione si è tagliato quasi il 40% arrivando a 35 milioni. I conti sono facili: oltre 29 milioni di euro servono solamente per pagare gli stipendi. Rimangono 7 milioni per tutto. E tutte le bollette non si pagano di certo.
Andando avanti a sbirciare il bilancio, la situazione non è certo più rosea. Avete presente l’Ispra? L’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale? Quello che si occupa un po’ di tutto quanto avviene nel nostro Paese in tema di ambiente dal punto di vista scientifico, dal capodoglio che si spiaggia al fiume che esonda?
Anche per l’Ispra vale il discorso dei parchi: i tagli dei fondi lo portano sotto la soglia di sopravvivenza. Già prima si barcamenava al limite con 87 milioni di euro, di cui 80 andavano tutti a coprire le spese del personale. Ora di milioni gliene sono rimasti solamente 79 e, oltre a non pagare gli stipendi, l’Ispra deve dire addio anche a tutte le convenzioni esterne. Quelle che, alla fine, permettevano di operare più di tutti sul nostro territorio.
Arrivati alla voce dei Fondi Fas (Fondi aree sottosviluppate), bisogna guardarla e riguardarla più volte per credere alle cifre scritte. In bilancio sono rimasti solamente i 900 milioni di euro per il disastro idrogeologico, tagliati comunque di oltre il 20%. Niente altro.
Le bonifiche? C’erano a disposizione 3 miliardi di euro in questa voce. Ora? Zero. Non c’è nemmeno un centesimo. Tradotto, semplicemente: lo Stato non può più pagare bonifiche. Punto. Azzerate anche le risorse per il progetto della Valle del Po (180 milioni) e tutto quello che riguarda le risorse naturali e culturali per lo sviluppo (265 milioni).
E le sorprese non sono finite. Con questi tagli entro due anni viene messa a rischio qualsiasi attività di controllo e di intervento in mare.
Adesso, infatti, sta per entrare in attività il contratto di Castalia, la società preposta a questi controlli. Ma una volta terminato questo i fondi rimasti non lasceranno spazio ad altri contratti.
C’erano, infatti, 23 milioni di euro alla voce di monitoraggio marino costiero. Nel 2011 ce ne saranno 16 milioni. E anche in questo caso: stipendi, bollette, spese correnti. La sopravvivenza non viene garantita.
Il ministero dell’Ambiente, insomma, potrebbe anche chiudere i battenti.

Il Corriere della Sera 10.11.10