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"Marchionne: no al tavolo Fiat. Industria, la crisi non è finita", di Luigina Venturelli

Al governo erano bastate piccole variazioni decimali per allontanare l’incubo della crisi e salutare la ripresa ormai in corso. Ma le rilevazioni Istat non lasciano spazio alle illusioni: la produzione industriale a settembre è calata del 2,1% rispetto ad agosto, il maggior ribasso congiunturale degli ultimi diciotto mesi, interrompendo una serie positiva che durava dall’inizio del 2010 e a cui si erano attaccate le speranze degli ottimisti di professione. Anche peggio è andata la produzione di autoveicoli, crollata dell’8,3% rispetto a settembre 2009. Un dato che chiama in causa direttamente la Fiat, ma di questo l’azienda non parlerà con il governo. L’ha assicurato Sergio Marchionne, declinando la ventilata proposta di un tavolo con l’esecutivo sui progetti del Lingotto.
IL MIRAGGIO DELLA RIPRESA Intanto la sospirata fase finale della crisi economica ha ancora da venire. I sindacati l’avevano facilmente predetto. «L’Italia non aggancia la ripresa perchè il governo ha passato due anni a raccontare che la crisi non c’era e che eravamo i migliori del mondo, senza sviluppare politiche di crescita» ha commentato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. «E sbagliano quanti pensano di aggirare l’ostacolo individuando nella sola produttività del lavoro la ragione di questi dati negativi, perchè in questo modo non si costruisce una prospettiva credibile per il nostro paese» le ha fatto eco Vincenzo Scudiere, dirigente del sindacato di Corso d’Italia. Ma toni altrettanto perentori sono arrivati anche dalla Cisl, secondo cui «non è più possibile pensare ad una ripresa spontanea e lineare dell’industria anche se lenta e graduale ». Per questo il segretario confederale Luigi Sbarra ha chiesto al governo di «assumere decisioni concrete sulla politica industriale» per «favorire la crescita e lo sviluppo di reti qualificate d’imprese». Le previsioni al rialzo del Centro studi di Confindustria, secondo cui ad ottobre ci sarà un recupero della produzione industriale dello 0,9% su settembre, non bastano infatti a rasserenare gli animi sul futuro a breve termine dell’economia nazionale. «La crescita attesa negli ultimi tre mesi del 2010 sarà complessivamente molto moderata» ha confermato anche l’Istituto di studi e analisi economica (Isae).

MARCHIONNE PARLANTE Non stupiscono, dunque, le parole allarmate dell’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne, uomo attento a numeri e dati tendenziali, che a settembre hanno visto la produzione industriale di autoveicoli crollare dell’8,3% rispetto allo stesso mese del 2009. Arrivato ieri a Bruxelles per una riunione sulla competitività del settore delle quattro ruote, ha osservato laconico che «l’industria automobilistica europea non è messa bene per quanto riguarda le sue condizioni di competitività», soprattutto se «dall’Ue si cerca di imporre ai costruttori d’auto nuove regole, soprattutto in campo ambientale». Ancora più preoccupante la situazione in ambito nazionale, dove all’incertezza economica si somma pure quella politica, causata dalle dubbie sorti del governo in carica. «L’incertezza» è la condizione che «crea più danno, la stabilità è essenziale per tutto, abbiamo bisogno di tranquillità per gestire le aziende» ha commentato il manager del Lingotto. Ma questo bisogno, secondo l’amministratore delegato, mal si concilia con l’ipotesi di un tavolo tra governo e parti sociali per affrontare i problemi della Fiat: «Non so cosa dobbiamo fare con il tavolo. Noi abbiamo già raggiunto l’accordo a Pomigliano, c’è la proposta di lavorare sul tavolo di Mirafiori» ha tagliato corto Marchionne. «Il problema Fabbrica Italia va avanti a pezzi, portiamolo avanti e cerchiamo di non creare altri problemi, è molto più semplice». Il tavolo, il governo «lo faccia fare alle parti». Un’indisponibilità che certo non sarà piaciuta all’esecutivo. E che la Cgil ha definito senza mezzi termini «inquietante».

L’Unità 11.11.10

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“Non serve un tavolo con il governo” Marchionne boccia l´idea della Cgil, di Paolo Griseri

Le ipotesi della Fismic sulla distribuzione dei modelli nei vari stabilimenti. Un tavolo con il governo su Fabbrica Italia? «Non so che cosa dobbiamo farne. Abbiamo raggiunto un accordo a Pomigliano, c´è la proposta di lavorare sul tavolo di Mirafiori. Il progetto Fabbrica Italia va avanti a pezzi, non aggiungiamo altri problemi». Da Bruxelles Sergio Marchionne risponde in questo modo alla richiesta della Cgil e della Fiom di aprire un tavolo di discussione con Fiat e sindacati che riguardi tutti e cinque gli stabilimenti italiani. Il Lingotto preferisce dunque giocare a carte coperte senza impegnarsi in anticipo mettendo nero su bianco quali modelli intende produrre nei diversi siti italiani. La logica della trattativa-spezzatino, quella che affronta i nodi stabilimento per stabilimento, è sostenuta da Cisl, Uil e Fismic. «Per la Fiat il governo non può fare nulla – dice Paolo Pirani della Uil – non ci sono soldi per aiutarla e anche se ci fossero noi non saremmo d´accordo». «Sono d´accordo con Marchionne – aggiunge il segretario della Fim, Giuseppe Farina – un tavolo con il governo oggi non aggiungerebbe e non toglierebbe nulla». La Cgil giudica invece «inquietante» la posizione di Marchionne, l´idea, dice Vincenzo Scudiere, «che sia inutile qualsiasi tavolo possa servire a riavviare quel dialogo necessario al futuro del gruppo automobilistico nel nostro paese». Sarcastico il leader della Fiom, Maurizio Landini: «E´ singolare che Marchionne consideri inutile l´aiuto del governo italiano quando accetta quelli generosi dei governi serbo e polacco». E´ chiaro che la Cgil spera in una trattativa su tutti gli stabilimenti per chiarezza e perché teme la replica di tanti casi Pomigliano. Ipotesi quest´ultima che non spiace ai sindacati firmatari dell´accordo separato nello stabilimento campano. E non sembra spiacere nemmeno al governo. Il ministro Sacconi sta alla finestra: «Sono le parti che decidono i tavoli. Il governo è disposto a convocare se le parti lo vorranno».
Ma qualche indiscrezione sul piano di Marchionne emerge da un opuscolo diffuso in questi giorni dalla Fismic ai suoi delegati. Una ipotesi di distribuzione dei futuri modelli che prova a tradurre in realtà lo schema generico presentato dall´ad del Lingotto ad aprile. Così, confermata la produzione della Panda a Pomigliano, per Mirafiori si confermerebbe quella dell´attuale Mito e anche della sua erede cui si aggiungerebbe un Suv di piccole dimensioni destinato alla vendita sui mercati di tutto il mondo. Secondo questa ricostruzione il piccolo Suv e la Mito potrebbero portare la produzione di Mirafiori a circa 300 mila auto all´anno giustificando addirittura un aumento dell´attuale occupazione. Molti nuovi modelli di segmento C e D (le auto medio-alte) sarebbero prodotti a Cassino. A Melfi verrebbe prodotta l´erede della Grande Punto. Ieri il leader della Uilm, Rocco Palombella, ha provato a mettere in discussione questa distribuzione proponendo che a Melfi venga trasferita da Torino anche la produzione della Mito. Imbarazzo nella Uilm torinese: «Spostare un modello da una parte all´altra non è che mi appassioni», dice il segretario Maurizio Peverati.

La Repubblica 11.11.10