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"Il Pd accelera: ora Fini si decida", di Rudy Francesco Calvo

Offensiva dem: mozione di sfiducia in parlamento, porta a porta in giro per l’Italia
La mozione di sfiducia adesso c’è. Dopo averla annunciata, il Partito democratico e l’Italia dei valori l’hanno depositata ufficialmente ieri a Montecitorio e martedì in conferenza dei capigruppo ne chiederanno al più presto la calendarizzazione in aula, subito dopo l’approvazione della legge di stabilità. La giornata di ieri ha visto un reciproco rincorrersi tra Pd e Pdl sull’asse Montecitorio-palazzo Madama, con i berlusconiani che annunciano una mozione di sostegno al governo al senato e i dem che a quel punto decidono di rompere gli indugi e mettere agli atti il loro testo, costringendo la controparte a fare altrettanto.
Ma più che al Pdl, la pressione del Pd è rivolta ovviamente a Gianfranco Fini: «Mi aspetto coerenza da parte di tutti quelli che dicono che questa fase è finita», dice a chiare lettere Bersani. Con Di Pietro (e Vendola) alle calcagna e Berlusconi asserragliato a palazzo Chigi, i dem ora vogliono che la crisi arrivi in parlamento al più presto. Su questa linea, hanno ricevuto anche l’assenso di Casini, che ha assicurato la propria sponda sulle “mine” disseminate finora a Montecitorio, a partire dalla sfiducia individuale al ministro Bondi, per finire con quella rivolta all’intero governo. Anche se Cesa, sul merito, frena: «Concerteremo con i gruppi parlamentari di Fli e Api la posizione da tenere».
Ecco allora la domanda chiave: cosa faranno i finiani? Al Nazareno non si illudono: difficilmente Fli deciderà di far cadere Berlusconi su una mozione presentata da altri. È più probabile, piuttosto, che gli uomini del presidente della camera adottino la medesima strategia, uscendo dall’aula in occasione di tutti e tre i voti di fiducia che sono alle viste (quello sulla Finanziaria e le mozioni del Pd alla camera e del Pdl al senato). Il ritorno d’immagine, certo, non è dei migliori, in quanto il governo incasserà comunque tre risultati a favore e il Pd tre contro, ma dal Nazareno si guarda soprattutto alla sostanza: sarà evidente che la maggioranza politica non esiste più. A quel punto, o Berlusconi ne prenderà atto e salirà al Quirinale con la lettera di dimissioni in mano, o a dargli il colpo definitivo sarà lo stesso Fini, con una mozione di sfiducia sottoscritta dallo stesso gruppo di Fli, insieme all’Udc e magari anche alle altre forze d’opposizione.
«Non c’è problema, gliela firmiamo pure noi», ha già garantito Di Pietro. Con i tempi che rischiano di prolungarsi ulteriormente e Pdl e Lega che continuano a vedere, almeno pubblicamente, il voto come unica alternativa a questo esecutivo, le possibilità che si riesca a dar vita a un governo di transizione sembrano diminuire. Bersani ne è consapevole e prepara la macchina del Pd. Ieri ha ufficializzato le nomine, attese da tempo, di Antonello Giacomelli in segreteria (si occuperà dell’ufficio elettorale), di Sergio D’Antoni come coordinatore delle aree che gestiscono la presenza del partito sul territorio e di Roberto Montanari all’ufficio enti locali. La “promozione” dei tre esponenti di AreaDem consolida l’asse del segretario con Franceschini, che in questa fase delicata sta già peraltro curando personalmente i rapporti con gli interlocutori degli altri partiti a Montecitorio.
Oggi parte inoltre in tutto il paese il primo weekend della mobilitazione porta a porta (Bersani sarà a Roma, in zona Pietralata), che porterà fino alla manifestazione dell’11 dicembre. Nonostante le polemiche sollevate da Masi, il leader dem dovrebbe essere poi ospite lunedì sera di Fazio e Saviano a Vieni via con me, a rappresentare i valori della sinistra (come controparte, per la destra ci sarà Fini), mentre il giorno dopo incontrerà pubblicamente i rappresentanti delle forze sociali, per discutere di lavoro e fisco. E potrebbero essere già assaggi di campagna elettorale.

da Europa Quotidiano 13.11.10