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"´O Ninno, il boss bambino che studiava da manager", di Roberto Saviano

Finalmente è stato arrestato. Era il viceré. Ma ormai i viceré dopo dieci anni diventano quasi re. E infatti lui e l´altro latitante Michele Zagaria sono i due capi che, dopo l´arresto di Sandokan Schiavone, hanno diviso il clan in una sorta di diarchia. ´O Ninno, il bambino, perché con il suo viso da fanciullo era arrivato giovanissimo ai vertici del clan.
Perché le organizzazioni criminali hanno un grande vantaggio rispetto all´economia legale italiana: sono meritocratiche. Un merito identificato nella severità d´azione, nella spietatezza, nel saper gestire gli imprenditori, comprare la politica e saper ammazzare. Iovine, uomo della borghesia camorristica, è stato potente sulla piazza di Roma. È stato proprietario della discoteca più prestigiosa della capitale e l´edilizia è sempre stato, come per ogni capo casalese, il suo ambito privilegiato. Investimenti nel settore immobiliare in ogni angolo d´Italia e in molta parte dell´est Europa, ma cantieri, movimento terre, subappalti, forniture di cemento, noli a caldo e noli a freddo, alta velocità, gallerie. Tutto ciò che è cemento aveva l´interesse di Antonio Iovine e delle sue imprese. La droga, un tabù per i boss casalesi, che potevano trattarla ma mai direttamente nei loro territori, ´o Ninno riesce a farla accettare, riesce a creare sacche di tolleranza. Il suo clan aveva escogitato uno strumento infallibile per trasportare coca: usavano le macchine dei vigili urbani e i vigili stessi come corrieri.
Antonio Iovine non ha affatto il profilo dei vecchi boss che lo hanno preceduto, come Antonio Bardellino o Francesco Bidognetti. Non si presenta come un bufalaro, che la ricchezza criminale ha reso potente signorotto. ´O Ninno ha imparato da Schiavone ad agire come un manager e ad uccidere come i casalesi sempre dicono, “per legittima difesa”, ossia solo persone che si mettono contro i tuoi affari o “compari” di clan nemici o amici, ma comunque camorristi e quindi pronti a dare e perdere la vita. Iovine ha gestito il clan con prudenza e ha portato ovunque i suoi affari, spesso anche all´estero. I suoi parenti si sono trovati in posti chiave. Carmine Iovine, suo cugino, è stato direttore dell´Asl di Caserta. Riccardo Iovine, fratello di Carmine, è stato arrestato per aver dato ospitalità al killer in latitanza Giuseppe Setola.
La fortuna della sua famiglia è dipesa dalla sua inflessibilità, dal suo essere un capofamiglia severo, talvolta spietato. Come nei riguardi di sua cognata, Rosanna De Novellis, vedova di suo fratello Carmine ucciso per ritorsione contro di lui. Rosanna, dopo la morte del marito prende a frequentare altri uomini, ma non sono mai relazioni stabili. Questo la famiglia può tollerarlo (purché resti tutto in segreto), perché nessuno deve prendere il posto del defunto marito. Rosanna però si innamora e decide di sposarsi con un uomo lontano dal clan e dagli affari di famiglia, senza chiedere parere e approvazione. Ma soprattutto Rosanna pretende di mantenere gli agi e i lussi concessi alle vedove rispettose nonostante avesse perso ogni privilegio perché in casa faceva comandare un estraneo. Era questo che la famiglia pensava e per questo si decise di allontanarla definitivamente. Antonio Iovine con lei fu inflessibile, rispose una sola volta alla preghiera di sua cognata con una lettera lapidaria in cui le intimava di non cercarlo mai più e che a giudicarla sarebbero stati i suoi figli maschi. Rosanna De Novellis fu allontanata, per lei niente più stipendio mensile, niente più pagamento del mutuo e il divieto assoluto di poter portare persino un fiore sulla tomba del defunto marito.
Così si comanda un clan. Così si incute timore e si ottiene rispetto: essendo inflessibili prima di tutto con la propria famiglia. Non facendo sconti a nessuno. Così si ottiene la possibilità di poter trattare stupefacenti, contravvenendo a una legge non scritta ma da sempre rispettata. Iovine, che rappresenta le nuove generazioni camorriste, costruite nel ciclo dei rifiuti e riciclando in quello del cemento, è cresciuto nel periodo delle faide che causavano come quella tra bardelliniani e casalesi centinaia di morti all´anno.
L´arresto di Antonio Iovine è una vittoria, ma lo sarà davvero se non si lascerà che altri lo sostituiscano. È una vittoria ogni qual volta ci si rende conto di aver fatto un passo in avanti, ogni volta che la legalità ha sottratto terreno alla criminalità organizzata. E dell´arresto di Antonio Iovine anche il Nord deve gioire perché non è immune da queste dinamiche che sempre più ne regolano affari e geografie. Antonio Iovine è divenuto potentissimo proprio al Nord. Ha i suoi affari, che continuano ad essere floridi, in Emilia Romagna, in Lombardia, in Piemonte e in Liguria. Il risultato messo a segno dalla Squadra mobile di Napoli è fondamentale ed è stato possibile raggiungerlo grazie alle inchieste dei giovani pm da sempre in prima linea contro il clan. Antonello Ardituro e Alessandro Milita coordinati dal pm Federico Cafiero De Raho, simbolo della lotta al clan dei casalesi, l´uomo che ne è la memoria storica.
Ma se la battaglia finisce con le manette per i boss ci saranno i sorrisi, come quelli mostrati dal Ninno. Sorrisi come a dire, in carcere vado a comandare, tutto questo l´avevo già previsto. Vi ho fatto il regalo così vi sentite tutti più efficienti e buoni tanto fuori restano i miei capitali. È il Nord il centro degli investimenti mafiosi, casalesi come calabresi e siciliani. Un Nord troppo aperto a prenderne i capitali e a divenire cassaforte sicure del reinvestimento. Un Nord dove le mafie cercano di interloquire con chi comanda in politica, un Nord che si crede immune e invaso quando invece sempre più spesso è complice e connivente. Quello lanciato dalla Dia sul condizionamento della politica dell´economia e dei servizi da parte delle organizzazioni criminali in Lombardia dovrebbe essere un allarme prioritario per tutto il Paese. Ieri è stato un bel giorno, ma da non far tramontare. A Sud si nascondono in tuguri e case di campagna da cui cercare di scappare dalla finestra, al Nord costruiscono palazzi come nel centro di Milano in via Santa Lucia.

La Repubblica 18.11.10

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“Al Sud comandano con le armi qui hanno saputo mimetizzarsi” Marco Alma, ex pm e consulente della Commissione parlamentare antimafia

Nei confronti dei partiti hanno un approccio soft, fornendo una sorta di appoggio esterno. Marco Alma oggi è consulente della Commissione parlamentare antimafia, per la quale segue l´evoluzione della criminalità organizzata al Nord. Da pm si è occupato delle prime indagini sulle mafie in Lombardia, in tre processi storici – Wall Street, Count Down e Operazione Europa – e nelle inchieste sulla presenza di Stidda e Cosa Nostra nell´hinterland milanese.
Com´è cambiata la mafia in Lombardia?
«Negli anni Novanta c´erano vari gruppi, ognuno con le sue caratteristiche di radicamento sul territorio. I gelesi, ad esempio, preferivano la rotazione dei propri membri sul territorio. I calabresi erano più stanziali. Col tempo, hanno cominciato a creare microcomunità nelle quali tutti provenivano dalla stessa area geografica, dallo stesso paese. E si sono evoluti».
In che modo?
«I vecchi ‘ndranghetisti, pur gestendo il narcotraffico, continuavano a gestire le loro attività legali. Franco Coco Trovato era dietro la cassa del suo ristorante, il boss Papalia guidava il suo escavatore. Ora non li vedi più: comprano partecipazioni azionarie, come hanno fatto con la Perego Strade di Lecco, oppure gestiscono appalti. Si mimetizzano, sono timonieri occulti. E stringono legami con la politica».
Candidandosi?
«No: il loro è sempre “un appoggio esterno”. Quando si presentano dall´amministratore hanno la faccia politica, non portano certo con loro il fucile a canne mozze. Anzi, si mostrano molto amichevoli. Un approccio soft, al quale è difficile dire di no. Fanno favori e poi è normale che i loro interlocutori dovranno disobbligarsi».
La commissione parlamentare antimafia ha chiesto le liste dei candidati in odor di mafia a tutte le prefetture. Ma da Milano ci sono state difficoltà a ottenere i dati. Sono state superate?
«Parzialmente sì. Poi sarà il presidente a fare le sue valutazioni».
Quali sono i partiti più contaminati?
«Non ce n´è uno in particolare. Non ho letto negli atti particolari legami tra criminalità e questo o quel partito. È chiaro che se ho bisogno di un appalto mi rivolgo a chi può decidere, a chi amministra».
La ‘ndrangheta al Nord è stata sottovalutata?
«Un tempo la criminalità era visibile, sparava. Oggi, in tutto il Nord, i mafiosi si sono inabissati. E gli amministratori faticano a contrastare un fenomeno invisibile che per di più non viene percepito dagli elettori. Un po´ di formazione nei confronti della classe politica non guasterebbe».
(da. c.)

La Repubblica 18.11.10