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‘Ndrangheta in cattedra per i parenti dei boss esami e test "regalati", di Attilio Bolzani

Reggio Calabria, 15 indagati in ateneo . Così i rampolli delle cosche si laureavano senza aprire un libro. “Ho passato nove materie in 41 giorni”. La mafia calabrese sale in cattedra e detta legge anche all´Università. «Senti, ma come si chiama la materia?», chiede Antonio Pelle, rampollo di una delle famiglie influenti di San Luca al professore che lo deve raccomandare con il collega di Arboricoltura Generale. Dopo qualche ora lo zio Domenico s´informa con il nipote: «Quanto hai preso?». Il ragazzo gongola: «Trenta! Trenta!». E lo zio: «Alla faccia: e che materia era?». Il quasi laureato Antonio Pelle balbetta, non sa cosa rispondere: «Agro.. agro…agricoltura?».
Indagando sui crimini e gli intrecci dei Pelle della Locride, i carabinieri del Ros si sono spinti negli Atenei fra la Calabria e la Sicilia scoprendo che all´Università di Reggio – ad Architettura – c´è un mercato di esami con la complicità «di docenti e del personale amministrativo» e che in almeno altre due facoltà – Medicina a Catanzaro e a Messina – i boss e i loro eredi trafficano per «condizionare l´andamento dei test d´ingresso».
È uno scandalo tutto in odore di mafia comprovato da telefonate molto esplicite e da cattedratiche firme ritrovate sui libretti degli studenti, carte false e carte aggiustate, mezze intimidazioni e mezze lusinghe, piccole e grandi prepotenze addolcite anche da regali in natura: «maialini» e «agnellini» portati in dono ad illustri accademici per le feste comandate. La prima parte dell´inchiesta è stata chiusa ieri dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e dai suoi vice Michele Prestipino e Nicola Gratteri con 15 indagati. Sono docenti, ricercatori, c´è il capo della segreteria degli studenti di Architettura a Reggio Roberto Catalano – «una vera e propria eminenza grigia», scrivono i carabinieri – e c´è soprattutto quell´Antonio Pelle che, grazie al peso del suo nome malandrino, è diventato «il punto di riferimento» di tutte le schifezze che combinavano dentro quelle università.
Intanto presentiamo lui, poi racconteremo gli esami fasulli che pilotava. Figlio di Salvatore, capo storico del clan, Antonio, 24 anni, scarpe di coccodrillo da 1300 euro comprate da Gucci in via Condotti («Il direttore le ha fatto uno sconto del dieci per cento, cosa che non facciamo mai, vista la sua amicizia però», gli confida un commesso), auto di grossa cilindrata, barche, lussuose vacanze e un reddito dichiarato di poco più di 500 euro al mese che gli ha permesso di beneficiare di borse di studio – ecco, una delle schifezze – per oltre 5 mila euro «grazie ai parametri economici e a quelli di merito»: cioè agli esami che ha superato con il trucco. I carabinieri ne hanno contati almeno 22.
Il rampollo di San Luca ha i numeri dei cellulari di quasi tutti i professori di Architettura. E anche quello del segretario Catalano, che chiama prima di ogni prova. «Antoniuccio bello», lo saluta il segretario. «Ho l´esame», taglia corto lui. E Catalano contatta i professori. Quando a farlo non è direttamente Antonio Pelle.
Una volta parla con Giuseppe Fera, docente di Progettazione Urbanistica. «Professore carisssimo…». E Fera: «Ti volevo ringraziare, ma non c´è bisogno che ti devi disturbare». Un´altra volta con il ricercatore Francesco Morabito. «Il 21 c´è l´esame, è scritto? È a risposta multipla?». E Morabito: «Ci vediamo qua a Reggio». Un´altra volta ancora con il professore Martino Milardi o la professoressa Maria Concetta Fiorillo o il professore Sebastiano Nucifora. Chiede per sé ma anche per gli altri studenti. Amici. Parenti.
Il 10 marzo del 2010 telefona alla Fiorillo: «La chiamo fra dieci minuti e le faccio i nominativi di quei ragazzi». La professoressa: «Sì, mi dai i dati così io faccio quella correzione che mi avete detto». Il 19 aprile ritelefona al professore Fera per un´amica, Eliana: «Alle nove c´è l´esame o è più tardi?». E Fera: «Ma tu l´hai fatto l´esame, che vuoi?». E Antonio, deciso: «L´ho fatto io, ma c´è una collega che lo deve fare». Favori che non si possono rifiutare.
Il nome di Eliana viene segnalato a una docente e la ragazza supera l´esame di Diritto Urbanistico («La professoressa mi ha detto: “Lei sta entrando nel panico, mi sta simpatica, ma più di 18 non le posso mettere”») ma non è contenta e torna da Antonio Pelle. Il figlio del boss mette a posto le cose con i suoi compari dell´Università: il 18 diventa 25. Come accerteranno i carabinieri controllando i registri universitari, una manina modifica orario di esami e voto.
L´indagine svela anche le mosse per intrallazzare nei test di ammissione alle facoltà di Medicina di Catanzaro e Messina. Questa volta è una microspia a casa di Giuseppe Pelle, zio di Antonio, che descrive l´imbroglio. Due uomini, cognati fra di loro, lo incontrano e gli portano il saluto del vecchio capo dei capi della ‘ndrangheta Domenico Oppedisano. Dopo i convenevoli, uno dei due spiega che il figlio vorrebbe entrare a Medicina a Messina ma l´anno precedente «gli hanno cambiato il test e lui è rimasto un poco male». Pelle prima lo tranquillizza su Messina: «Un dottore, un amico nostro, ha i figli che stanno in quell´Università». Poi gli consiglia: «Fatelo iscrivere a Catanzaro, abbiamo trovato un amico… quando esce il test ve ne andate voi insieme a loro, al professore, lo corregge lui stesso… sono cose già impiantate». Ma è sempre nella facoltà di Architettura a Reggio – anno accademico 2009/2010 – che Antonio si dà da fare per far entrare i suoi cugini Ciccio e Antonietta. Briga come al solito con il capo della segreteria Catalano e riesce ad avere 15 delle 80 soluzioni dei test di ammissione alla facoltà. Ciccio e Antonietta scavalcano molti altri candidati. E Giuseppe Pelle – intercettato – parlando di suo figlio Ciccio, orgogliosamente confessa: «L´abbiamo fatto entrare ad Architettura, l´abbiamo fatto entrare tramite mio nipote». Il nipote prediletto, Antonio, il quasi architetto con le scarpe di coccodrillo.

La Repubblica 20.11.10