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Conti a posto? No, l'Italia affronterà l'anno più duro dal 1990

Bersani e Fassina contro la legge di stabilità: “Mentono su tutto, servirà una manovra correttiva”. E intanto il governo taglia i fondi alla cultura e al 5 per mille e nega i contributi quote-latte agli allevatori onesti.
L’esecutivo non ha più alibi politici che tengano, costretto com’è a impegnarsi ogni giorno a raccontarci di aver risolto problemi che non ha mai affrontato: traccheggiano con ricadute negative pesantissime sull’economia del Paese. Oggi siamo ancora in piena crisi, dopo due anni e mezzo in cui Palazzo Chigi ha sempre e soltanto inseguito i problemi personali del premier e il Parlamento è stato esautorato delle sue funzioni, mentre tutti i settori, dalla cultura all’agricoltura, soffrono.
“È ora di smontare la leggenda secondo la quale abbiamo i conti a posto. Tra livello del debito e coperture fantasiose di Tremonti, entrate in calo e nuove regole europee, lo scenario che si presenta è, in realtà, drammatico – attacca Pier Luigi Bersani, segretario del Partito Democratico – la legge finanziaria ci dice che avremo davanti un anno di cui la destra tace totalmente,ma sarà l’anno più duro degli ultimi quindici, sia in termini sociali e sia per quanto riguarda le prospettive dei conti pubblici. Resta incredibile come la discussione politica giri intorno a piccole tattiche di sopravvivenza e non intorno alle sfide cruciali che l’Italia ha davanti a sé e che può affrontare risvegliando la fiducia in una stagione nuova”.
Di “disperato tentativo di far sopravvivere un governo moribondo” parla senza mezzi termini Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del partito, il quale ha anche sottolineato che “si rinviano le misure urgenti per il Paese e si mente sulla situazione dei nostri conti pubblici. La legge di stabilità, appena approvata dalla Camera, non consente di raggiungere l’obiettivo di indebitamento previsto per il 2011: le entrate da recupero di evasione sono enormemente sovrastimate, le spese per acquisti di beni e servizi largamente sottostimate”. Tutto questo, ha osservato Fassina, “mentre le ipotesi di crescita del Pil vengono riviste al ribasso dal Fmi. Insomma, per il 2011, mancano all’appello una decina di miliardi di euro e si prospetta l’ennesima manovra, la dodicesima in 2 anni e mezzo di governo. Invece l’Italia ha bisogno di una stagione di riforme per la crescita ed il lavoro, nella quale collocare il risanamento della finanza pubblica, e di chiudere al più presto la triste stagione del berlusconismo”.
Triste stagione, per usare le parole di Fassina, che ha visto l’esecutivo latitare (come dimenticare l’incredibile interim di Berlusconi allo Sviluppo Economico in pieno caso-Fiat?) o fallire su tutti i fronti dell’economia interna: le cronache di queste ore parlano della compatta protesta di 250.000 operatori della cultura e dello spettacolo, settori sui quali si è abbattuta la scure del ministro Tremonti: per Matteo Orfini, responsabile cultura dei democratici, “l’unica politica messa in atto dal governo Berlusconi in questi anni è stata la riduzione degli stanziamenti per tutto il settore culturale, mettendo così a rischio l’occupazione, la tenuta delle imprese piccole e medie e il sistema dell’indotto. Vogliamo ricordare, ancora una volta, al ministro Bondi e al ministro Tremonti – ha ribadito Orfini – che la cultura in Italia produce oltre 40 miliardi di euro del Pil e occupa 550mila lavoratori, dando da mangiare a milioni di famiglie. Per non parlare dell’indotto che genera. A fronte di questi risultati il governo, invece di sostenere di più e meglio lo sviluppo dell’industria e della produzione culturale, com’è avvenuto per esempio, in Francia e in Germania, ha punito l’intero settore con il calo traumatico dei fondi pubblici e la proposta di riforme per il cinema e l’audiovisivo, le fondazioni lirico-sinfoniche, gli istituti e le fondazioni culturali che prendono semplicemente atto dei tagli dei finanziamenti. È di questi giorni – ha ricordato l’esponente del Pd – l’ennesimo taglio alle risorse per la cultura; non pago di aver ridotto del 50 per cento i contributi agli istituti e alle fondazioni culturali con la manovra economica, l’Esecutivo ha scippato il 75 per cento del 5 per mille dell’Irpef liberamente destinato dai contribuenti, tra l’altro, agli archivi, alle biblioteche e a tutti gli organismi e gli istituti di ricerca e studio riconosciuti tra gli enti che svolgono un ruolo fondamentale per la diffusione, l’accesso e la fruizione culturale. Si continua, così – ha stigmatizzato in conclusione Orfini – a sottrarre ai cittadini italiani la possibilità di crescere accedendo liberamente alla cultura.

Un 5 per mille decurtato e su cui adesso il governo prova a tornare indietro, come ha annunciato il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi. Peccato sia poco credibile e tardiva la promessa, “Lupi parla come se tutto fosse avvenuto ‘alla Scajola’ a sua insaputa: dov’era lui mentre denunciavamo il taglio e perché non è intervenuto alla Camera ma rinvia al Senato? – chiede Cecilia Carmassi, responsabile Trezo Settore nella segreteria PD – Lupi non si rende conto che il terzo settore è messo in ginocchio
da una pluralità di tagli: e allora vorremmo sapere cosa è in grado di assicurare sui fondi per il servizio civile (ridotti praticamente ad un terzo in 3 anni), cosa per i fondi sull’editoria sociale e per le tariffe postali agevolate che assicuravano al terzo settore di far conoscere le proprie iniziative ed elaborazioni, cosa per i fondi legati alle politiche sociali ridotti dell’80% in tre anni. Recuperare, eventualmente, 300 milioni da questa ecatombe sarebbe solo un gesto di carità pelosa”.

Fanno solo la carità e dopo aver provocato disastri. Intanto a pochi giorni dal crollo della Schola Armatorum di Pompei e le mancate dimissioni del ministro Bondi – destinatario di una mozione di sfiducia da parte del Pd che sarà discussa e votata a fine mese – la cultura italiana è in ginocchio per la miope politica di un esecutivo che, osserva Emilia De Biasi, componente Pd della commissione Cultura a Montecitorio, “mette così in ginocchio teatri, cinema, musica, danza, circhi e spettacoli viaggianti che dovranno vivere con 260milioni in tutto per i prossimi tre anni. Inoltre, non hanno voluto stanziare i fondi per la defiscalizzazione nel cinema, filiera industriale di primo piano in Italia. La situazione è al collasso. A ciò si aggiunga lo scandalo per i mancati finanziamenti per i beni culturali iniziando da Pompei. Ancora una volta chiediamo a Bondi perché non ha difeso la cultura, che dovrebbe essere il primo compito di un ministro, ma sappiamo già che anche questa volta non avremo risposta. La cultura non può vivere di promesse – ha concluso la De Biase – il Fus va reintegrato e il cinema sostenuto”.

Altro settore, stessa musica con variazioni sul tema: venerdì scorso è stato bocciato l’emendamento del Pd in virtù del quale 45 milioni di euro sarebbero andati agli allevatori (sono 35.000) che hanno rispettato la legge sulle quote-latte: Lega e Pdl si sono infatti ben guardati dal dare un segnale chiaro a coloro i quali non si sono attenuti alle disposizioni in materia, peraltro approvate (la cosiddetta “legge Zaia” nemmeno un anno fa). A giudizio del primo firmatario dell’emendamento, il deputato democratico Marco Carra, “la maggioranza vuole proteggere solo quei pochi furbetti che non hanno rispettato le regole: hanno fatto qualcosa che non sappiamo per meritarsi una copertura politica di questo tipo. Questi produttori sono poco più di 500, e mi auguro che nei loro confronti l’atteggiamento del governo cambi radicalmente. In ogni caso, il ministro Galan dovrebbe riflettere sull’ennesima copertura politica che i furbetti ricevono da questa maggioranza”. Scommettiamo che non lo farà

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