attualità, lavoro

"Se il paese torna indietro", di Federico Nastasi* Michele Grimaldi**

Ci sono due milioni di giovani nel nostro paese dei quali nessuno parla. Giovani invisibili, tra i 15 ed i 29 anni, che non studiano e non lavorano: la statistica li chiama˘Neet, nella realtà sono una generazione senza diritti e senza futuro.˘Di questi, il 21% è laureato, il 20,2% diplomato, oltre un milione risiede nel mezzogiorno del paese. Sono lo specchio della crisi che vive l’Italia. In questo contesto il ddl Gelmini si inserisce come un ulteriore passo indietro di quella generazione e del nostro paese. Non difendiamo l’attuale sistema dell’università. Siamo convinti che una Riforma sia indispensabile. Ma non certo quella del ministro Gelmini, sostenuta dalla Crui e Confindustria: semplicemente perché non è una riforma. E’ un bluff che serve solo a mascherare i tagli di Tremonti, impedendo l’accesso in cattedra per i più giovani, smantellando il diritto allo studio per oltre 150 mila studenti. Questi abbandoneranno gli studi, migliaia di ricercatori continueranno a vivere la precarietà, tante altre realtà meno raccontate -come i conservatori musicali, gli enti di ricerca- rischieranno la chiusura. Occorre dire con fermezza che il ddl Gelmini è dannoso. Cominciando dalla sua parola d’ordine: la meritocrazia. La retorica del merito è solo tale, senza un euro di finanziamenti pubblici. Non contestiamo il merito come selezione delle eccellenze: ma prima di selezionare, si dovrebbe dare diritto a tutti di formarsi ed istruirsi, cosa che invece non è alla base della meritocrazia. Proprio da questo terreno, come scriveva Bruno Trentin, passa uno dei nodi fondamentali che impedisce la realizzazione di una società della conoscenza capace di creare lavoro, formazione permanente e nuovi spazi di libertà. Il sistema dei saperi prospettato dalle destre si rivolge solo a coloro già formati e abbandona chi è indietro. La distinzione tra sapere e fare, tra chi detiene gli strumenti e chi è condannato solo ad eseguire, è il pericoloso progetto delle destre, non solo parlamentari, che governano il nostro paese. A tutto questo pensiamo che ci si debba continuare ad opporre. Le proteste di questi mesi, l’opposizione parlamentare del Pd, sono riuscite ad ottenere un primo importante risultato: far percepire come il ddl sia inutile e peggiorativo. Ma non basta. Per questo oggi saremo alla manifestazione promossa dalla Cgil e l’11 a quella del Pd. Sarà l’occasione per denunciare le ingiustizie che subisce la nostra generazione e per spiegare che la chiave d’uscita è la promozione del sapere e del lavoro. ˘In primavera, con il nuovo governo di centro sinistra, potremo ridisegnare l’università europea verso la società della conoscenza.

*Federico Nastasi – Responsabile Saperi Giovani Democratici

**Michele Grimaldi – Coordinatore Rete Universitaria Nazionale”

L’Unità 27.11.10

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“Questo non è un paese per i giovani. Sono loro i più a rischio”, di Felicia Masocco

La disoccupazione giovanile è al 26,4%, una cifra altissima. La buona occupazione è una chimera, i contratti precari sono la regola, nell’industria, nel terziario, nella ricerca. Le immagini di giovani ricercatori sui tetti come gatti per dire no alla riforma Gelmini che erode prospettive e futuro, hanno segnato questa settimana, raccontando un disagio che si fa sempre più fatica a tenere a bada. La manifestazione della Cgil oggi racconterà questa Italia «al bivio» come ha l’ha definita il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi lanciando un allarme mai così forte prima d’ora: «Se non si agisce presto saranno i giovani a rischiare di subire le conseguenze peggiori del declino economico». Si stabilizzino i precari nella pubblica amministrazione, è il suggerimento del governatore. Ma il governo non solo non li stabilizza mali espelle: la Cgil Funzione pubblica ha contato 80mila persone destinate a essere licenziate dal primo gennaio 2011. Avranno sussidi? C’è una rete di tutela che li “protegga” fino a una nuova occupazione? No, non c’è.A meno che non si voglia considerare un ammortizzatore il bonus una-tantum per i collaboratori che il governo si è rivenduto con grande enfasi: ebbene su 18miladomande presentate dai precari nei primi sei mesi dell’anno, soltanto 3mila sono state accolte perché i requisiti per avere il bonus sono impossibili. E se non va bene per le tutele, va peggio per i diritti: l’ultima norma penalizzante è contenuta nel collegato lavoro ed è entrata in vigore due giorni fa: concede solo due mesi di tempo dalla cessazione del contratto precario per presentare ricorso contro irregolarità o ingiustizie. Stipendi risibili, pensioni da fame: anche questo è un aspetto del futuro che non c’è.

STIPENDI E PENSIONI Le simulazioni sono disperanti:un lavoratore a progetto di30 anni che abbia iniziato a versare contributi a 22 anni e ha un reddito lordo di 1250 euro, andrà in pensione nel 2043 con un assegno pubblico che oscillerà da un minimo di 424 euro e un massimo di 705 euro (nel 2043!). Gli si chiede di risparmiare, di farsi una previdenza complementare, ma con 1.250 euro lordi al meseèunpo’ difficile. E non riguarda un manipolo di persone. Nel2009 l’Istat ha contato sono oltre 2,5 milioni contratti precari, in forte calo sul 2008 a causa della crisi economica: i primi a sparire da fabbriche, negozi e uffici sono stati loro. I dati sommano i contratti a termine (2.153.000) e le collaborazioni (396.000). La crisi però ha cancellato anche molta occupazione “stabile”: sempre Draghi, in aperta polemica con il governo che ha sempre minimizzato gli effetti della crisi, aveva indicato in più dell’11% il tasso reale di disoccupazione considerando anche i cassintegrati e gli inattivi, cioè coloro che per sfiducia hanno smesso di cercare un’occupazione. Un esercito: si pensi solo che tra gennaio e agosto 2010 le ore di cig sono state 826 milioni: l’aumento è stato del 60% rispetto al 2009. Le ragioni per scendere in piazza non mancano

L’Unità 27.11.10