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"Padri e figli, la nuova Cgil:i giovani aprono il corteo. Prima volta, svolta storica", di Bruno Ugolini

« La grinta, la passione politica, il coraggio della proposta, la forza dell’analisi. Con questi elementi Susanna Camusso si è presentata agli esami della sua prima piazza da segretario generale. Anche facendo leva su una cultura acquisita in una lunga attività sindacale, fin dai tempi delle 150 ore a Milano. Era la scelta, in quel periodo, di portare gli operai al «sapere», alla «conoscenza». Un’idea molto cara a Bruno Trentin, a capo dei metalmeccanici Cgil. Così nei cortei fiammeggianti di bandiere rosse, in questo sabato romano allietato da un sole benedetto, sembra tornare l’eco di anni lontani, di una nuova possibile alleanza tra operai e studenti. Anche se non c’è oggi, bisogna pur dirlo, come c’era all’epoca, un possente e radicato movimento autonomo di studenti e di operai, portatore di obiettivi vincenti. Avanza però, nelle scuole una ribellione di massa. E i segnali di questa rivolta sono tutti presenti, attorno alla Cgil. A cominciare dal fatto che il corteo principale mostra alla testa, per la prima volta nella storia sindacale, proprio i giovani. Giovani lavoratori e giovani studenti. Un segnale importante. emblematico, voluto dal nuovo segretario generale. Innalzano gli striscioni di una campagna aperta su nuovi strumenti di comunicazione come Facebook, per denunciare il diffondersi di offerte di lavoro vergognose. Ora eccoli a ripetere che i giovani «non sono più disposti a tutto», a ripetere che il futuro deve essere dei giovani e del Paese. Sono ragazze e ragazzi abituati a essere ultimi non solo nei cortei ma anche nelle trattative, anche nelle contrattazioni sindacali. Prima vengono quelli del posto fisso poi, se avanza qualche risorsa, tocca a loro. Ora sono riconosciuti, con la Camusso che invita i tanti dirigenti sindacali ad aprire le sedi, a darsi da fare. Magari cominciando dalla raccolta di adesioni per evitare quella trappola dei 60 giorni posta in essere dal governo col suo collegato lavoro. È la norma, voluta dal ministro Maurizio Sacconi, che «concede», senza far troppo chiasso, 60 giorni di tempo, dopo i quali i precari non potranno mai più ricorrere a un giudice per far valere i propri diritti. La Cgil così tratteggia meglio la propria identità attorniando i «padri » dai «figli», senza mettere gli uni contro gli altri. È proprio ancora lei, la Camusso, a ricordare quelli che vorrebbero aumentare l’età pensionabile degli anziani mentre si lasciano i giovani agli ingressi dei cancelli delle imprese. Così Piazza San Giovanni prende le fattezze di un coro fatti di mille voci: metalmeccanici, impiegati pubblici, insegnanti, immigrati. Una piazza ribollente m ain parte diversa da quella di poche settimane fa, organizzata dalla Fiom-Cgil. L’incontro di questo sabato ha una predominanza assoluta di vessilli Cgil e non partitici. Certo è una manifestazione politica ma per i suoi contenuti sindacali (che chiamano in causa la politica e soprattutto il centrodestra) e non per gli emblemi di partito. C’è chi alla fine vorrebbe una proclamazione, dal palco di piazza San Giovanni, di uno sciopero generale. La Camusso si limita a dire «Abbiamo scioperato e continueremo a scioperare». Ricordando, così, gli scioperi generali già fatti. C’è chi interpreterà tali parole come una presa di distanza dalla Fiom. A chi scrive appare soprattutto come la consapevolezza che una scelta impegnativa come questa ha bisogno di preparazione, e se possibile di unità, di un movimento già in piedi. Perché è utile riflettere su quale danno insopportabile provocherebbe, in queste condizioni politico-sociali, un flop dello sciopero generale. Le spallate, se si vogliono dare, non possono tradursi in spallatine. Occorre saper indicare un «paese diverso », anche attraverso un «sussulto etico» (parole della Camusso). Un «sussulto democratico», come si diceva un tempo

L’Unità 28.11.10

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Cgil in piazza per giovani e lavoro “Risposte dal governo o sciopero”, di L.Gr.

Due cortei che hanno attraversato la città e che hanno chiesto al governo risposte sull´occupazione, sul lavoro che non c´è, sull´attacco ai diritti e sul futuro che verrà. Ieri la Cgil, anche questa volta da sola, è andata in piazza per protestare contro la politica economica dell´esecutivo Berlusconi, contro la paralisi del paese e la mancanza di prospettive per chi è costretto ad un lavoro precario. Una manifestazione nazionale a Roma, per dire a Palazzo Chigi che se non arriveranno risposte «abbiamo già scioperato e continueremo a farlo». Una giornata di protesta che ha segnato il debutto di Susanna Camusso, neo segretario generale, nella storica arena di Piazza San Giovanni, colma fino all´orlo.
Ed è lungo l´elenco delle proteste che la prima leader donna del più grande sindacato italiano ha srotolato dal palco, pensando ai «giovani non più disposti a tutto», cui la Cgil ha dedicato la manifestazione ed una campagna fortemente voluta dalla Camusso stessa. La lista delle cose che – secondo la Cgil – non vanno parte dalla riforma dell´Università «che va ritirata» e arriva alla scuola che «deve tornare ad essere pubblica, nazionale e laica». Punta a cambiare il ddl sul lavoro «crudele e ingiusto» approvato qualche settimana fa dal governo. Norme che rivedono anche i termini per l´impugnazione del contratto da parte dei lavoratori precari: «Siamo pronti ad assisterli e a dare risposte, non li lasceremo da soli» ha assicurato la Camusso. Ma la Cgil è contraria soprattutto alle deroghe ai contratti nazionali, che sono «un danno anche per le imprese». Pensa che il piano di sviluppo per il Sud «sia pieno per ora solo di buone intenzioni» e pone la necessità di un nuovo fisco che alleggerisca e ossigeni i redditi da lavoro.
Tutte ragioni per le quali una parte del sindacato – le tute blu della Fiom – chiedono da tempo uno sciopero generale. Eventualità che la Camusso non esclude: «Il governo ha tanto parlato, ma in questi due anni non ha fatto nulla per lavoro, occupazione e futuro» ha detto dal palco. «Per il Paese abbiamo scioperato e continueremo a scioperare». Dopo questa manifestazione il governo «dovrà dare le risposte che gli abbiamo chiesto e soprattutto cominciare ad avere delle politiche di contrasto alla crisi che finora non ha avuto» ha assicurato. Ma le sue parole non hanno convinto la Fiom, che si aspettava di più. «Bisogna arrivare allo sciopero generale. La prossima settimana c´è un direttivo della Cgil, resta da indicare una data» ha risposto il leader della Fiom Maurizio Landini, anche lui ieri in corteo.
Durissime le parole contro il governo: «Berlusconi la smetta di fare la vittima – ha detto – vorremmo che ci raccontasse la verità». «Ogni volta ci viene detto che il nostro Paese sta bene – ha incalzato – mentre in due anni e mezzo sono stati fatti undici provvedimenti di finanza pubblica e ognuno ha determinato tagli e riduzioni, mai c´è stato un provvedimento per la crescita. Vediamo in questo governo l´arroganza, l´unica ansia che hanno è quella di risolvere i problemi di qualcuno, quelli personali». Accuse cui la risposta è stata affidata al ministro del Lavoro Sacconi: «Rivolgo alla Cgil un appello a superare ogni pregiudizio politico che nel tempo del bipolarismo porterebbe il sindacato collocato a sinistra in una condizione di autoesclusione nei periodi governati dal centrodestra» ha replicato.

La Repubblica 28.11.10

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Cgil, debutta Camusso «Serve un sussulto etico noi pronti allo sciopero»

ROMA — Ora c’è una donna al timone della Cgil: «Il Paese non merita questa classe politica, serve un sussulto etico, basta con la giustizia dei potenti e le esibizioni di machismo». Susanna Camusso debutta da segretario generale in piazza San Giovanni e canta «Bella ciao» davanti a un mare di persone (150 mila solo quelli venuti da fuori, dalla Sicilia al Sud Tirolo). È un sabato di sole, con un tepore quasi da primo maggio. Due imponenti cortei: bandiere rosse, operai, precari, pensionati, edili col casco giallo e medici in camice bianco, insegnanti arrabbiati («Taglia taglia la scuola raglia») e studenti che bruciano un manichino con la faccia del premier. Lavoratori sui tetti, sulle gru, sulle torce di Porto Marghera e cassintegrati da 327 giorni per protesta sull’Asinara. L’Italia è anche questa e la Camusso avverte: «Il Paese non ha futuro senza una politica del lavoro. Se la Cgil non avrà risposte dal governo, si arriverà allo sciopero generale». Ecco le due paroline che in tanti volevano ascoltare da subito, ma lei (che ha accanto Epifani) preferisce aspettare. Dal palco garantisce: «Questo è il Paese per cui abbiamo scioperato e continueremo a scioperare». Però la sua, per ora, vuol essere una linea dialogante con tutti: governo e Confindustria, Cisl e Uil, perfino Marchionne. E infatti più di qualcuno, come Giorgio Cremaschi, all’interno della Cgil resta deluso dal primo comizio. E così il leader della Fiom, Maurizio Landini: «La prossima settimana c’è il direttivo della Cgil, tutto quello che resta da fare è indicare una data». Ci sono anche i politici, Bersani e Vendola si stringono la mano. La Camusso definisce il «collegato al lavoro» approvato dal Parlamento «legge ingiusta e crudele». E invita «la ministra» (Gelmini) a ritirare la riforma. Sulla Fiat è preoccupata: «Abbiamo la sensazione che progressivamente la testa dell’azienda stia andando negli Stati Uniti. E’ importante che a Mirafiori ci saranno produzioni, ma vogliamo conoscere le produzioni in tutti gli stabilimenti». Perentoria sui contratti: «Continueremo a dire no alle deroghe». Alla fine don Fabio Corazzina, il prete che ha assistito gli immigrati di Brescia saliti su una gru, cita Sepúlveda: «Io ammiro chi resiste».

Il Corriere della Sera 28.11.10

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Camusso: «Subito risposte alla crisi o sarà sciopero»

Comincia a via Merulana accompagnando ritmiche movenze alla voce squillante di Gloria Gaynor (I will survive) che esplode da un tir presidiato da giovani studenti. Finisce nel ”tempio” di San Giovanni intonando le note di ”Bella Ciao”.
Mattinata limpida, neppure troppo rigida, e indimenticabile per Susanna Camusso al grande esordio dinanzi al popolo della Cgil: migliaia di presenze che si riversano come torrenti in piena nella piazza sacra al sindacato. Lavoratori attivi, pensionati, giovani.
E poi striscioni, palloncini rossi, bandiere. Bruciato un manichino in legno con le sembianze di Silvio Berlusconi. Lungo il tragitto da piazza Esedra a San Giovanni, Susanna incontra (e abbraccia) Guglielmo Epifani, Rosy Bindi, Pier Luigi Bersani, Antonio Di Pietro, Nichi Vendola. E’ anche una festa. Susanna appare emozionata più che mai, fuma a ripetizione, sorride e stringe centinaia di mani.
Ma è estremamente lucida quando dal palco di San Giovanni attacca frontalmente il governo «che in due anni ha tanto parlato, però non ha fatto nulla per l’occupazione, il lavoro e il futuro.
Quello dei giovani soprattutto». «L’Italia – sottolinea con forza – merita un altro governo, non certe manifestazioni di machismo da parte dei potenti.
Questo è il Paese per cui siamo in piazza oggi e per cui ci saremo domani. E’ il Paese per cui abbiamo scioperato e continueremo a scioperare. E’ il Paese della pazienza e della tenacia dove i ragazzi e le ragazze non dovrebbero avere un futuro peggiore del nostro».
La Cgil lancia la sfida all’esecutivo: o dà risposte di contrasto alla crisi o sarà sciopero generale. Intanto Susanna Camusso dà una risposta di disponibilità alla sinistra politica e alla sinistra sindacale (la Fiom in particolare) che da settimane chiede al vertice della confederazione un atteggiamento più determinato e aggressivo rispetto al governo.
Il nuovo leader scandisce alcuni punti che segneranno il suo progetto: «Continueremo a dire no alle deroghe contrattuali perché il contratto nazionale è un diritto universale per i lavoratori».
Attacca il ministro Gelmini: «La smetta di fare appelli su Youtube, vada in Parlamento, dica che ritiri il ddl a apra un tavolo di confronto. Solo così si costruisce una vera riforma dell’università». Ironizza su Maroni: «Ieri, dopo aver ignorato per giorni la richiesta di regolarizzazione dei migranti, con una grande faccia tosta ha detto che c’è una legge secondo la quale se i lavoratori irregolari denunciano il proprio datore di lavoro possono ottenere il permesso di soggiorno. Questo non è possibile perché nel momento in cui lo fanno, diventano clandestini».
Insiste su una lotta vera all’evasione fiscale e un impegno più serrato sulla legalità: «Legalità è libertà».
Un solo appunto sulla Fiat in un momento di confronto particolarmente delicato: «Abbiamo la sensazione che progressivamente la testa dell’azienda stia andando negli Stati Uniti.
E’ importante che a Mirafiori ci siano produzioni, ma ora vogliamo conoscere le produzioni in tutti gli stabilimenti». Stoccata finale al premier: «La smetta di fare la vittima».
«Il futuro è dei giovani e del lavoro». E’ lo slogan della manifestazione, ma è anche il cuore del programma di Susanna Camusso. Ribadisce: «Non lasceremo solo nessuno. Vogliamo continuare su una strada che difende i diritti. Non possiamo sopportare e non vogliamo sopportare che sia negato un futuro ai nostri giovani in un Paese in declino». Infine i numeri.
La Camusso aveva promesso che non ce ne sarebbero stati. Le presenze sono più che mai affidate alla contabilità personale anche se qualcuno ha parlato di 150-200.000 persone. Comunque sono stati utilizzati 2.100 bus e 13 treni speciali. «I numeri ci dicevano che sarebbe stata una grande manifestazione. Eccola qua».

Il Messaggero 28.11.10

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“«Vogliamo più delegate» Tutti i nodi delle donne”, di Antonio Sciotto

La prima volta di una segretaria generale donna nel maggiore sindacato italiano: ieri Susanna Camusso ha avuto il suo «battesimo» da leader della Cgil di fronte alla piazza, volendolo segnare con l’intervento dal palco – subito prima del suo – di una attivista della rete afghana delle donne. Abbiamo voluto chiedere ad alcune operaie impegnate in questi tempi in un difficile scontro con il più grande gruppo auto del Paese, la Fiat, cosa si aspettano nei prossimi mesi e e per cosa si battono in fabbrica.
«È importante prima di tutto avere rappresentanza: delegate donne che stiano ai tavoli di trattativa e possano ascoltare le esigenze delle altre donne, e anche degli uomini ovvio». Nina Leone, delegata alle Carrozzerie di Mirafiori, non ha dubbi: «Molti problemi vissuti dalle donne non vengono capiti dagli uomini, passano sotto silenzio: l’operaia deve avere un riferimento, una persona a cui poter parlare con fiducia e senza pudore. E questa non può che essere un’altra donna».
Le metalmeccaniche torinesi, non solo alla Fiat, stanno mettendo su una rete di ascolto per le donne, veicolata dalla Fiom: «Non abbiamo ancora uno sportello – spiega Nina Leone – Ma nelle nostre intenzioni deve essere un luogo dove le donne si potranno rivolgere anche solo per prendere informazioni di carattere burocratico: ad esempio per sapere quali servizi sono attivi sul territorio, per i bambini, o per gli anziani, e come muoversi. Ma potranno anche venire a raccontarci i problemi di relazione, diciamo così, con i capi e i colleghi: il mobbing, lo stalking, le molestie. O altri temi di carattere sindacale, non solo per risolverli sul piano individuale, ma perché poi diventino base di trattative contrattuali per tutti».
Quali problemi hanno le donne sul lavoro? «Innanzitutto le molestie, non solo in fabbrica, ma spesso anche in famiglia – dice la delegata Fiat – Abbiamo chiesto che il Camper rosa della provincia, con esperte contro la violenza, stazioni alcuni giorni davanti al cancello 2 di Mirafiori. Anche solo sapere che c’è un posto dove ti ascoltano, può aiutare a far emergere storie difficili. E poi la mancanza di asili, la possibilità di spezzare i permessi, o l’ingiustizia che non paghino il premio di presenza quando sei in maternità».
Alla Fiat di Termoli di delegate non ne esistono, le Rsu sono tutti uomini: e dire che sui 2 mila dipendenti quasi il 20% è composto da donne (circa 320). «La fabbrica, almeno la nostra qui in Molise, è prettamente maschilista – dice una operaia che vuole restare anonima – Anche da noi ci sono moltissimi casi di molestie, da parte di colleghi o di capi, a volte anche proposte di scambio di favori. Ma se lo dici al sindacato, l’uomo non lo capisce, e ti senti rispondere: “l’avrai provocato tu”. Per questo è necessario avere delegate donne, solo loro possono comprenderti».
Tra i problemi più sentiti a Termoli, quello dei turni, impossibili per conciliare il lavoro con l’attività di mamma: «In aprile l’azienda ha chiesto alle operaie in maternità di non andare più a mensa e di lavorare anche quella mezz’ora, dato che non avevano più le 8 ore standard. Ovviamente siamo stati tutti compatti nel rifiutare, e anche i delegati sono stati con noi. Ma adesso hanno tolto alle mamme con figli piccoli il turno mattutino fisso, più comodo, e così quando fai il pomeriggio, dalle 14 alle 22, praticamente per tutta la giornata non puoi più vedere i tuoi bambini». Un altro problema sono i bagni: «In condizioni pietose, ma se per un uomo conta poco, una donna invece rischia cistiti e infezioni».
Anche a Pomigliano non esiste una delegata donna. Carmen Abbazia ha la carica di «esperta» per la Fiom, può cioè parlare con i lavoratori per capire i loro problemi, ma non può partecipare ai tavoli di trattativa: «In effetti – conferma – non avere una delegata donna resta l’unica pecca del sindacato, che per il resto si batte bene. Gli uomini e le donne sono diversi su tutto, già a partire dal fisico, dalle esigenze fisiologiche. Le donne nei giorni in cui hanno il ciclo, hanno bisogno di avere un bagno sempre vicino, mentre un uomo può trattenere la pipì se vuole».
Carmen ha lottato duro e ancora lotta: ha tre figli, li ha cresciuti da sola perché è divorziata, e adesso è in cassa. «Prendo 920 euro al mese, il 60% va via in affitto. Finisco i soldi già la prima settimana. Ho dovuto ritirare i grandi da scuola, e abituarli a fare tutto da soli: a vestirsi, cucinarsi, prepararsi per uscire. Io ero sempre fuori con i miei turni in fabbrica». «Voglio che il lavoro torni alla Fiat, certo – conclude Carmen – ma nonostante questo ho votato no al referendum. Abbiamo certi valori in Fiom, e quindi era giusto far sapere che anche se si ridurranno i nostri diritti noi non siamo d’accordo».

Il Manifesto 28..11.10