cultura

"Colosseo, restauro flop gli sponsor non ci sono", di Carlo Alberto Bucci e Dario Pappalardo

Il capofila Diego Della Valle alla fine si è ritrovato da solo. Perché la cordata di imprenditori che lo dovevano seguire nell´impresa di salvare il Colosseo si è sciolta. È stata un flop la gara per la ricerca degli sponsor, bandita il 4 agosto, che doveva raccogliere le proposte per il restauro del simbolo di Roma: i pochi candidati che si sotto fatti sotto sono risultati infatti inadeguati al compito.
Ma ora rischia di diventare un flop che va oltre la piazza dell´anfiteatro Flavio la formula di finanziamento integrale da parte dei privati di un bene pubblico, che il ministro Bondi aveva definito un «modello da applicare anche ad altri monumenti del nostro Paese». A un mese dalla chiusura delle buste, «l´uovo di Pasqua è stato aperto» ma dentro non c´era la «sorpresa giusta» che aveva sognato il sindaco di Roma Alemanno.
Secondo la Uil Beni Culturali, «la commissione che doveva esaminare le domande del concorso internazionale, composta da 5 persone, non si è mai riunita. Ciò che meraviglia è il fatto che il bando sia scaduto da un mese e non si proceda ad alcuna comunicazione». Dal ministero dei Beni culturali il segretario generale Roberto Cecchi fa sapere: «Le offerte pervenute si configurano come non appropriate. Da questo momento l´amministrazione porterà avanti una fase di procedura negoziata». In sostanza, nessuno dei pochi candidati ha rispettato le richieste del bando.
Molti gli industriali che hanno dato una sbirciata al testo della gara per il restyling del monumento con il brand più remunerativo in Italia (si parla di 91 miliardi di euro). Ma neanche un magnate che abbia deciso davvero di mettere mano al portafogli per lanciarsi nell´avventura. Quasi nessuno, tranne Della Valle. Che ora secondo il Sole 24 ore sarebbe disposto a fare tutto da solo: finanziare con 23 milioni il restauro del monumento visitato da 6 milioni di persone all´anno. Con un solo punto interrogativo. A Mister Tod´s non piace l´idea del pacchetto “chiavi in mano”. Lo prevede l´avviso di gara messo a punto l´estate scorsa dagli uffici del commissario per l´area archeologica centrale di Roma: lo sponsor ci mette i soldi e fa eseguire sotto la sua responsabilità anche i lavori da una società specializzata in restauro che opererà però sotto il controllo della Soprintendenza (spetta a architetti e archeologi dello Stato la scelta, ad esempio, di una terna di direttori dei lavori). Ma studi di fattibilità, cantiere a norma, cronoprogramma ed eventuali penali in caso di mancata consegna, sicurezza per un restauro da eseguire “dal vivo” (il Colosseo non deve chiudere mai: porta 35 milioni l´anno nelle esangui casse della Soprintendenza statale), sono ritenuti dall´industriale marchigiano un impegno innaturale per la sua impresa. Se non cambiano le regole, insomma, Della Valle potrebbe tirarsi indietro.
Era il 14 aprile quando Alemanno, a Tokyo, annunciava che molti imprenditori giapponesi erano pronti ad entrare a far parte della cordata guidata da Della Valle, decisa un paio di mesi prima durante i primi incontri tra Campidoglio e ministero dei Beni culturali. C´era persino la disponibilità di Yuzu Yakhi a investire un milione di euro nel restauro del Colosseo. Non sappiamo se almeno la proposta dell´industriale che da 40 anni importa moda italiana attraverso 400 negozi in tutto il Paese del Sol Levante sia arrivata all´ufficio concorsi di piazza del Collegio romano. La gara per lavori che devono cominciare nel 2012 e finire entro l´anno successivo si è chiusa il 31 ottobre. E il ministero, solitamente solerte nell´annunciare la data dell´apertura delle buste, per un mese ha taciuto sull´esito del bando. Questo perché la tanto sbandierata “cordata” si è dileguata. O perché c´è imbarazzo davanti al protagonismo assoluto nell´affare “anfiteatro Flavio” da parte di Mister Tod´s, che in passato si è spesso scontrato con il premier Berlusconi? Sono queste le ipotesi che circolano nei corridoi del Collegio romano. Insieme a un´altra: è stato proprio il rischio di vedere riservata a un solo soggetto privato la gestione del “marchio Colosseo” ad aver spaventato gli altri imprenditori. Convincendoli, in un momento per di più di vacche magre nel campo degli investimenti in cultura, che era meglio stare alla larga dall´ellisse del Colosseo. Quella torta a proposito della quale il 14 aprile Alemanno in Giappone aveva sognato: «Ciascuno degli sponsor finanzierà uno spicchio di restauro».

La Repubblica 02.12.10