cultura

"La camera salva Bondi, Pompei no", di Simone Verde

Rinviata la sfiducia: a metà dicembre il ministro-poeta sarà ancora ministro?
Quarto, forse quinto crollo a Pompei. Questa volta, due muri nella via Stabiana, mentre sulle rovine del sito archeologico si fanno affari: un contratto italo-bulgaro per il film I tesori di Pompei di Michelle Bonev, attrice tanto cara a Silvio Berlusconi, già generosamente sovvenzionata per un milione di euro da RaiCinema (ieri la Corte dei conti ha aperto un fascicolo sulla passerella veneziana della Bonev sponsorizzata dal ministro).
Invece di rassegnare le dimissioni, il ministro Sandro Bondi invita a non drammatizzare. Per ora gli è stata risparmiata la mozione di sfiducia, dopo la decisione della conferenza dei capigruppo di chiudere Montecitorio fino al voto del 14 dicembre. Dopo, chissà se Bondi sarà ancora ministro.
Il bilancio di due anni di lavoro al ministero resta megativo, ma sbaglia chi lo accusa di non avere a cuore il conto economico. I tagli parlano chiaro: 1 miliardo in tre anni, quasi il 20% del totale, che hanno investito soprattutto la tutela dei beni artistici, ridotta di 157 milioni rispetto al 2008 (meno 471 milioni, rispetto al 2007). Lo conferma la nascita del superdipartimento per la valorizzazione dei musei, affidato a Mario Resca, ex manager di McDonald’s e consigliere di amministrazione Mondadori, società che ha in appalto il 30% dei servizi per i musei statali. E mentre si indeboliva la struttura ordinaria del ministero (con un bilancio di 1,4 miliardi nel 2011 contro i 7,5 della Francia) e sulle soprintendenze ordinarie regnava il caos, quelle con maggiore “potenziale” sono state fatte oggetto di attenzioni particolari. La strategia è chiara: buttare via quello che non dà un ritorno immediato e mettere mano là dove arrivano i soldi. D’altronde Resca lo ha detto chiaro e tondo: «Lo stato può e deve gestire al massimo 20-30 musei, non 460». Peccato, però, che oltre a mettere seriamente a rischio i beni culturali italiani, non si sta portando nessun beneficio neanche nei nodi che si vorrebbero garantire.
Basta una lista dei risultati conseguiti nei punti strategici su cui si è intervenuto. Nel novembre 2009 è nominata commissario per i lavori dei Grandi Uffizi Elisabetta Fabbri, dimissionaria quattro mesi dopo, quando un’inchiesta della procura di Firenze punta il dito sugli appalti dei grandi eventi e sulla scelta del direttore del cantiere, tale Riccardo Micciché che i Ros qualificano di tecnico «di non comprovata responsabilità che ha contatti con iscritti in contesto di condizionamento mafioso».
A Venezia, a giugno arriva Vittorio Sgarbi, in passato condannato per falso e truffa contro la stessa soprintendenza. Nomina revocata dalla Corte dei conti ad agosto. A Napoli e Pompei, due commissari e tre soprintendenti in due anni. In un anno e mezzo l’ultimo commissario, uomo di Bertolaso, riesce a impegnare quasi 40 milioni di euro, solo il 28% in tutela, con i risultati noti a tutti e in parte al vaglio della magistratura. A Roma, dove Palatino e terme di Caracalla continuano a essere a rischio, arrivano tre soprintendenti in due anni, l’ultima dei quali, Anna Maria Moretti, ad interim.
Nello stesso arco di tempo, ai soprintendenti vengono affiancati due commissari, prima Bertolaso in persona e ora Roberto Cecchi, commissario anche per la Metro di Roma e di Napoli. Senza contare la Domus Aurea, affidata a Luciano Marchetti, commissario anche per la ricostruzione dell’Aquila e affittuario di un appartamento di proprietà dell’Istituto di Propaganda Fide. Istituto al centro di un’inchiesta poiché destinatario di restauri finanziati dal Mibac tramite la società di servizi Arcus. Non è vero che Bondi al ministero non ha fatto abbastanza: forse ha fatto anche troppo…

da Europa Quotidiano 02.12.10