economia, lavoro

"Se la Fiat parla ancora italiano", di Cesare Damiano

Può essere la svolta. Per Mirafiori e per le relazioni sindacali alla Fiat. Dopo gli anni del progressivo abbandono, culminati la scorsa estate con la decisione di trasferire in Serbia la produzione della nuova monovolume in precedenza destinata a Torino, il recente annuncio di Marchionne di realizzare negli stabilimenti torinesi un Suv da 280mila pezzi l’anno col marchio Alfa- Chrysler, sembra segnare l’attesa inversione di rotta. Anche il fatto che, dopo lo scontro dei mesi scorsi, la Fiat abbia avviato una trattativa con tutte le organizzazioni sindacali, Fiom compresa, sembra aprire una nuova fase. L’auspicio è che dal confronto – che continua a vedere il governo incredibilmente assente – emerga un compromesso utile per la competitività dell’impresa e la tutela del lavoro e che si creino le condizioni per una ripresa di relazioni sindacali improntate all’unità e alla ricerca di obiettivi condivisi. Gli interrogativi, però, non mancano. Non basta che a Mirafiori sia prevista la realizzazione di nuove vetture. È necessario sapere anche quali saranno le produzioni degli altri stabilimenti italiani, dove si farà ricerca, dove innovazione. È riduttivo procedere con un confronto sito per sito, senza che sia fornita una visione d’insieme degli investimenti, dei prodotti e degli obiettivi occupazionali. Il progetto di “Fabbrica Italia” ha bisogno di una dimensione nazionale. Non solo. L’intesa che dovrà essere sottoscritta col sindacato prima di avviare le nuove produzioni non può riproporre semplicemente a fotocopia lo schema Pomigliano. Non è in discussione la necessità di adeguare l’organizzazione del lavoro al raggiungimento di più alti livelli di competitività. La concorrenza sul mercato globale non lascia alternative. Ma se sui turni, gli straordinari, le pause è giusto trattare in un’ottica di scambio, i diritti fondamentali – a cominciare dal diritto di sciopero e dalla tutela della salute – non possono essere messi in discussione e chiedono una definizione ad hoc che superi i dubbi e i contrasti della fase precedente. Come non può essere messo in discussione il contratto nazionale. L’ipotesi che la joint venture tra Alfa Romeo e Chrysler possa dar vita a una nuova società, diversa da Fiat e Chrysler, non può in alcun modo essere il cavallo di Troia attraverso il quale sferrare l’attacco finale al contratto dei metalmeccanici. Una cosa è prevedere all’interno del contratto, anche con una “new co.”, norme specifiche per un settore, come quello dell’auto, che deve competere in un mercato globale agguerrito, un’altra è puntare a costruirsi un contratto ad hoc cercando di imporlo, fabbrica per fabbrica, in base alla logica del prendere o lasciare. Se alla Fiat si è davvero voltata pagina saranno le risposte a questi interrogativi a dirlo.

L’Unità 03.12.10

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“Verso l’accordo separato anche per la FIAT di Miarfiori”, di Luigina Venturelli

Basta spostare la sede d’incontro da Napoli a Torino, aggiungere qualche piccola modifica in tema di assenteismo e orari, riproporre ai commensali la solita scelta tra prendere o lasciare, e la ricetta è servita. Ecco l’accordo di Pomigliano targato Mirafiori che ieri sera la Fiat ha presentato ai sindacati, convocati per discutere del futuro dello stabilimento simbolo del gruppo. Stesso piatto in tavola e se resta tale avrà lo stesso esito: un’intesa separata tra azienda, Fim, Uilm, Ugl e Fismic. Senza la Fiom, che ha ribadito la posizione più volte espressa in questi mesi: «Non firmeremo un accordo che riproduce quello di Pomigliano, perchè lo riteniamo dannoso per i lavoratori,ma anche sbagliato per la stessa Fiat». La trattativa è aggiornata a questa mattina, si vedrà se ci sono novità tali da cambiare la prospettiva.

LA BOZZA Nella tarda serata di ieri sindacati e Lingotto erano ancora riuniti ad esaminare la bozza. E mentre la fiom chiedeva la sospensione della trattativa per consultare da lunedì prossimo i lavoratori in assemblea, le altre sigle spingevano per giungere alla firma già entro la notte o, al più tardi, entro il fine settimana. Anche se, «il fatto che l’azienda non intenda aderire al contratto nazionale» viene definito «problematico» anche dal segretario Fim Bruno Vitali. Perplessità anche sull’ipotesi di spostare la pausa pranzo a fine turno. Il contenuto del documento del Lingotto non ha riservato troppe sorprese, se non quella – prevista – di una newco come nuova società capofila basata su una joint venture tra Fiat e Chrysler. Per il resto, tutto era più o meno già stato visto: 15 o 18 turni di lavoro a seconda delle richieste del mercato, pause che scendono da40 a30 minuti complessivi, straordinari per 120 ore all’anno per addetto rispetto alle attuali 40, una commissione paritetica che sorvegli sull’assenteismo, e sanzioni in caso di non rispetto degli accordi a carico del sindacato. Clausole che non si inquadrano nel contratto nazionale (se non per fondo pensioni, provvedimenti disciplinari, ferie, festività e permessi). Non quello del 2008, ma nemmeno quello separato firmato da Fim e Uilm nel 2009: Mirafiori avrà un contratto ad hoc.

LA FAMOSA PAGINA BIANCA «La pagina bianca di cui ha parlato Marchionne, evidentemente, si può scrivere solo sotto sua dettatura» ha commentato Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom, che al tavolo con l’azienda ha visto respingere tutte le proposte concrete avanzate dai metalmeccanici Cgil per andare incontro alle esigenze proclamate dal Lingotto (e ieri mattina presentate dallo stesso leader Fiom, Maurizio Landini, ai lavoratori di Mirafiori in assemblea davanti alle sede torinese del sindacato). Produttività e flessibilità come consente il ccnl, ma nessuna contrazione dei tempi di pausa e mensa, perchè «sono tempi di recupero necessari, e la difesa della salute dei lavoratori deve valere almeno quanto la garanzia del capitale aziendale». Niente da fare. «Marchionne vuol farsi da sé il contratto nazionale per l’auto» ha concluso Airaudo.

L’Unità 03.12.10

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“Mirafiori, stallo nella trattativa verso un nuovo accordo separato”, di Paolo Griseri

A un passo dall´accordo separato. Nonostante le dichiarazioni di buona volontà di Sergio Marchionne («azzeriamo le polemiche, partiamo da un foglio bianco», aveva detto venerdì scorso aprendo la trattativa) e l´impegno della Fiom a presentare proposte alternative per cercare un´intesa, nei rispettivi schieramenti hanno vinto i falchi. La bozza di accordo presentata ieri sera ai sindacati «è una sostanziale replica di Pomigliano senza significative differenze», secondo la Fiom che in questo modo preannunciava nella notte la sua intenzione di non firmare «a meno che non accada qualcosa di imprevisto». Ma anche Fim e Uilm hanno espresso perplessità «soprattutto sulla parte della proposta Fiat che riguarda un contratto ad hoc per Mirafiori, un contratto che sarebbe fuori da quello nazionale dei metalmeccanici recependone solo una parte». La Fiat ha colto la difficoltà e il rischio che su questo punto potesse mancare anche la firma di Fim e Uilm: «Per il momento – ha detto il capo delegazione del Lingotto – questa materia rimane fuori dalla bozza di accordo».
Ma le resistenze sono rimaste tanto che, invece di scegliere la strada della trattativa ad oltranza, alle 22 il Lingotto ha preferito aggiornare la riunione a questa mattina alle 10. Perché Marchionne può forse accettare la defezione della Fiom, ma non può permettersi di andare al referendum in fabbrica con le perplessità di un ampio fronte sindacale. Cosi ieri sera, al termine della trattativa plenaria, la Fiat ha chiesto un incontro ristretto con i vertici dei sindacati: «Ci hanno detto che se non firmiamo entro poche ore salta l´investimento», ha riferito successivamente il numero uno del Fismic, Roberto Di Maulo. Secondo altri sindacalisti invece il tono della Fiat è stato più dialogante e meno ultimativo. In ogni caso una drammatizzazione fatta per superare le resistenze di Fim e Uilm che non accettano l´idea di un contratto Fiat che esca da quello nazionale. L´obiettivo del Lingotto è quello di arrivare all´inizio della prossima settimana mettendo i dipendenti delle carrozzerie di Mirafiori di fronte al fatto compiuto: o accettare un accordo già firmato o respingerlo, senza discussione in assemblea.
Ancora più distanti le posizioni tra la Fiat e la Fiom. Al termine della giornata di ieri il capo delegazione della Fiom, Federico Bellono, ha commentato amaramente: «Nessuna delle nostre proposte concrete è stata recepita dalla Fiat. Abbiamo fatto un confronto civile ma improduttivo. Ci hanno ripresentato, nella sostanza, il modello di Pomigliano». In mattinata il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, aveva avanzato proposte sugli straordinari (104 ore invece delle 120 chieste), sulle pause (di 40 minuti a scorrimento per non interrompere la produzione) e su un sistema di “raffreddamento dei conflitti” prima di giungere allo sciopero

La Repubblica 03.12.10