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Il mio nome è Bondi. La mia missione: tagliare la cultura

Il ministro Bondi forse riuscirà a non essere sfiduciato. Ma il suo fallimento è davanti agli occhi di tutti. A guardarlo sembra così innocuo, forse troppo sensibile da risultare indifeso. Chi è veramente il ministro Bondi? Un ministro che ha disastrato la Cultura italiana o un poeta che si è trovato al posto sbagliato, nel momento sbagliato ed è riuscito a salvare il salvabile? L’apparenza inganna questo è poco ma sicuro.

Chissà se il Parlamento procederà a votare il voto di sfiducia contro il ministro dei Beni culturali. Programmato per il 29 novembre scorso, è slittato per far approvare la distruzione dell’università pubblica e quindi rinviato alle calende greche dopo che la maggioranza ha deciso di anticipare le vacanze di Natale della Camera dei deputati per non essere sconfitto prima della prossima richiesta di fiducia fissata al 14 dicembre.

Insomma per Bondi una vera boccata d’ossigeno che potrebbe essere davvero salutare nel caso in cui Giove pluvio si dimenticasse dell’Italia e facesse smettere di piovere. Pompei abbandonata all’incuria, mal gestita dal ministero e dalla Protezione civile sta crollando a pezzi giorno dopo giorno. I teatri sono senza fondi così come lo è l’industria cinematografica. E mentre i tagli indiscriminati hanno portato al collasso la Cultura italiana, il ministro Bondi si permette il lusso di aiutare parenti, amici o possibili futuribili starlette.

Ma non è tutto. Va in televisione e dà retta agli artisti che condannano la sua gestione. Poi ammette che la gestione di Pompei è stata pessima rimediando agli insuccessi della Protezione civile conferendo ex novo la soprintendenza autonoma di Pompei e autorizzando un piano straordinario di manutenzione. Sarà aumentato il personale tecnico e inviata una task force composta da archeologi, architetti e operai specializzati per realizzare tutti gli interventi necessari. Della serie “curare è meglio che prevenire”. Il progetto Pompei sarà legato ad eventuali (sempre eventuali) studi per la costituzione di un’eventuale Fondazione, strumento essenziale per l’apporto di capitali privati.

Come con le università la soluzione alle carenze e malfunzionamenti si risolve con l’utilizzo di
fondazioni e di capitali privati. Insomma si risolve non risolvendo. Si pensa di dare soluzioni non dando soluzioni.

Su questo aspetto è intervenuto Matteo Orfini, della segreteria Pd, responsabile Cultura e Informazione. “Aspettiamo di conoscere nel merito l’ennesimo progetto annunciato dal ministro Bondi, che speriamo vada nella direzione del rafforzamento del potere della Soprintendenza e della valorizzazione delle risorse tecniche e scientifiche, che meglio di chiunque altro possono occuparsi della tutela di un sito delicato come Pompei” ha dichiarato Orfini.

“Naturalmente – ha aggiunto – è fondamentale che il progetto della Fondazione sia completamente abbandonato, come ripetutamente auspicato dal Partito Democratico, e che si ragioni su regole trasparenti e su investimenti più sostanziosi per la tutela del nostro patrimonio”.

Infine un ultimo piccolo rammarico sulla fallimentare gestione Bondi. Da qualche giorno è venuto a mancare uno, se non il più grande, tra i maestri della commedia
all’italiana: Mario Monicelli. Il suicidio del regista e la sua feroce critica contro i tagli indiscriminati alla cultura forse sono stati un deterrente troppo evidente per far esporre il ministro Bondi più del minimo necessario.

“Con la scomparsa di Mario
Monicelli – ha dichiarato Bondi – se ne va un protagonista disincantato e intelligente del cinema italiano. Lo ricorderemo
attraverso le sue opere che vivono in noi. Il suo talento, fino all’ultimo carico di quella passione civile senza età che traspariva
in ogni suo film, lo ha portato nel corso di tutta la vita, e soprattutto negli ultimi anni, a essere vicino ai giovani incitandoli a tenere sempre alti i valori della nostra cultura”. Dal ministro dei Beni culturali ci si aspettava molto di più che una semplice dichiarazione di circostanza.

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