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"Il Pd vuole addizionali Irpef e Tarsu in un'unica imposta", di Eugenio Bruno

Per vincere la partita sul fisco municipale il Pd punta sull’Ics. Che sta per imposta comunale sui servizi: la nuova “service tax” sugli immobili che i democratici vorrebbero introdurre per accorpare Tarsu, Tia e addizionale comunale all’Irpef e dare una vera autonomia tributaria ai sindaci. Da contrapporre a quella (a loro dire) finta, contenuta nel decreto attuativo del federalismo che è all’esame della commissione bicamerale guidata da Enrico La Loggia (Pdl).
Dunque sulla riforma cara al Carroccio il Pd non mollerà di un millimetro. Crisi o non crisi, l’attuazione della delega andrà avanti. Sia con questo governo sia con un esecutivo di transizione. A ribadirlo è stato ieri il segretario Pier Luigi Bersani, nel corso di una conferenza stampa alla Camera: «Noi siamo – ha sottolineato – con le nostre idee, interessati ad una seria riforma federalista. Come siamo interessati ad una seria riforma della legge elettorale». Idee che è stato il capigruppo in bicamerale, Walter Vitali, a illustrare. A partire dal warning sullo stato dell’arte. L’ex primo cittadino di Bologna ha evidenziato come, a sei mesi dalla dead line del 21 maggio 2011, sia stato partorito meno di un terzo dei decreti legislativi richiesti. Dei 31 oggetti di delega, ha aggiunto, ne sono stati attuati nove, sei lo sono parzialmente e ben 16 sono ancora fermi al palo. Tanto più, ha aggiunto, che alcuni dei dlgs varati dal governo «riproducono semplicemente il testo della delega». Ciò basta secondo Vitali per parlare di «tradimento della legge 42» e ribadire che, come avvenuto sui fabbisogni standard, il suo partito presenterà delle proposte organiche e non si limiterà a emendare i testi di matrice governativa.
Da qui a chiedere una profonda riscrittura del provvedimento sul fisco municipale il passo è stato breve. Per coprire le lacune riscontrate nel decreto varato in via preliminare dal cdm del 4 agosto scorso – dalla perdita di gettito che l’introduzione dal 2011 della cedolare secca produrrebbe, alla scarsa autonomia attribuita ai sindaci dalla futura imposta municipale unica (Imu) fino alla necessità di maggiori certezze sul fondo di riequilibrio prima e perequativo poi – il Pd ha presentato una ricetta con cinque ingredienti. Accanto all’introduzione dell’Ics quale principale tributo manovrabile per i sindaci, che dovrebbe sostituire Tarsu/Tia sugli immobili e addizionale comunale all’Irpef. E configurarsi come un prelievo sul consumo dei servizi non strettamente tariffabili dal municipio (strade, illuminazione pubblica, rifiuti, anagrafe), viene ipotizzata l’applicazione della cedolare secca sugli affitti al 20% solo ai nuovi contratti.
Il terzo pilastro viene individuato nel mantenimento dell’Ici sugli immobili diversi dall’abitazione principale e nel suo azzeramento su quelli locati a canone concordato. A ciò andrebbero aggiunte, da un lato, le quote del fondo perequativo e l’istituzione di una compartecipazione all’Irpef. Dall’altro, un margine più ampio sulle tasse di scopo come in parte già fatto per Roma capitale. Ora toccherà alla bicamerale decidere se e quali suggerimenti accogliere.
Nel frattempo la mole di numeri da tenere presente sta per accrescersi delle simulazioni elaborate dal senatore Marco Stradiotto (Pd) sulla base dei bilanci comunali raccolti dalla commissione tecnica paritetica guidata da Luca Antonini. Le slides, che Stradiotto depositerà la prossima settimana, testimoniano come i tributi che il governo ha scelto di devolvere ai comuni siano molto disomogenei rispetto al livello odierno dei trasferimenti statali. Con il possibile surplus di lavoro e di erogazioni a carico del fondo perequativo che un simile scenario porta con sè. Dei 92 capoluoghi di provincia scandagliati il più avvantaggiato sarebbe Olbia, che vedrebbe crescere le proprie entrate del 180%, davanti a Imperia (+122%) e parma (+105%). Laddove le perdite maggiori si avrebbe all’Aquila (-66%), seguita da Napoli (-61%) e Messina (-59%).

Il Sole 24 Ore 10.12.10