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Pd, una piazza per ritrovare il coraggio Bersani: «Italia, vieni via con me…», di Stefano Milani

In piazza c’è aria di speranza
Una robusta iniezione di fiducia per tanti cittadini che sentono l’urgenza di cambiare il paese e che avvertono come possibile e forse vicino il cambiamento del Paese: culturale, non solo politico. Questo si respira nella manifestazione del Partito democratico a Roma. Vi riportiamo la cronaca di una giornata particolare.

Primo messaggio: cambiare si può
Con due messaggi incorporati che emergono con forza parlando con ragazze e ragazzi, pensionati, precari, operai, impiegati, amministratori pubblici. Il primo messaggio è al Paese: non solo vogliamo mandare a casa Berlusconi, sentiamo che la forza per mutare strada cresce al di là di come andrà il 14 alla Camera. Un cartello è emblematico: “La pazienza del popolo è la mangiatoia del tiranno. Vattene”.

Messaggio al Pd: sia unito, no litigi mediatici
Il secondo messaggio è invece al Partito Democratico: si muove bene, il discorso di Bersani conquista, però deve essere unito, i dirigenti devono smetterla di battibeccarsi a mezzo stampa o tv, i tanti che ogni giorno ce la mettono tutta nei paesi, nelle città, nel cosiddetto territorio, e formano la base sono stanchi di litigi mediatici. “Serve spirito unitario e andare sul concreto, questo vogliamo dai vertici del Pd”, conferma Marco Bremme da Erba, Como. Perché le cose possono mutare. “Nel comasco Lega e Pdl hano il 70% ma litigano per questioni di potere e hanno crepe. Il federalismo perde presa pure da noi, la disoccupazione cresce, monta una protesta generica contro tutti i partiti, se siamo uniti e usiamo il lavoro e la Costituzione come parole d’ordine possiamo attirare molte persone”. “Questa piazza dice che il Partito democratico c’è ed è fatto da persone per bene nel territorio – chiosano Elisabetta Benedetti e Anna Spina da Campobasso – un’altra Italia è possibile purché non ci facciamo male da soli, siamo specialisti”.

Centinaia di migliaia, un popolo variegato
Centinaia di migliaia. Il Partito democratico non rilascia cifre però le persone sono centinaia di migliaia. Persone delle più variegate. Tantissimi i giovani. Il caminio del sound system da Bologna spara musica e militanza. Molti gli studenti, tantissimi coloro che sono presi dalla tenaglia della precarietà o della disoccupazione. Il corteo nel braccio da piazza della Repubblica già prima delle 14 preme per muoversi. Un’infinità di bandiere dei Democratici, tante quelle arancioni di Giovani democratici, si notano in piazza San Giovanni quelle gialle dei “Moderati” piemontesi, movimento di centro ora vicino al Pd ma di cui i più – almeno i non piemontesi – ignorano origini e profilo.

Voci degli immigrati
Con il Forum immigrati del Pd sono arrivati da tutta Italia. Da Torino a Rosano. Dal paese calabro escono per la prima volta in pubblico alcuni di quegli uomini d’Africa a cui la malavita ha sparato. James racconta: “Fui ferito a una mano, ancora non posso lavorare e il dramma grosso è che a gennaio scade il mio permesso”. È qui per far sentire il dramma suo e di altri sfruttati. È qui invece perché questo governo con gli immigrati sbaglia tutto Ramzi Beu: d’origine nordafricana, è cittadino italiano da oltre 10 anni e consigliere comunale del Pd in un paese nel padovano.

Il risveglio delle coscienze
Vergaio è il paese toscano vicino a Prato in cui è cresciuto Benigni. Cristina Sanzò, impiegata, esclama: “Questa manifestazione dà slancio al popolo del Pd, non credo che inciderà sul voto alla fiducia”. Andrea Bellini, vigile urbano: “non è solo il popolo del Pd, è uno slancio per le persone per bene per un risveglio delle coscienze”.

Precari e disoccupati uniti
Inevitabile incontrarli. La banda Filarmonica di Torino Mirafiori vede tra i musicisti Francesca Limone, tre figli, lei e il marito disoccupati. “Campiamo facendo lavori in nero quando capita”. Vincenzo Cavallo, 26 anni, è pure lui senza lavoro. Che la cittadina della fabbrica Fiat abbia disoccupati è un brutto segnale. “Siamo stufi di accettare tagli a tutto, dalla sanità all’università. Se siamo qui in tanti vuol dire che il malcontento è tanto”. “Non vogliamo essere precari a vita”, è uno dei messaggi letti dal palcoscenico. “Ho quattro lavori, dal tecnico pc al benzinaio al veterinario, per arrivare alla fine del mese”, confessa Ivan Addis da Arbus, Sardegna. “Voglio che il Pd sia unito, così ce la faremo”.

Pomigliano doc
Giuseppe D’Alterio è il coordinatore del circolo Pd e opario Fiat a Pomigliano d’Arco. “Questo governo con gli imprenditori ha attaccato i diritti dei lavoratori, il caso Pomigliano ha fatto da apripista”. Anche il Pd, suggerisce, deve però “essere più vicino ai lavoratori. Con Mirafiori mi pare abbia capito”.

Scola: qui c’è il presupposto per cambiare
Il regista di “Una giornata particolare” e molti altri film su noi italiani sorride: “Questa piazza invia un messaggio importante: i presupposti e la voglia di cambiare ci sono e sono diffusi, anche se la battaglia è lunga e al di là di come andrà il 14”. Molti in effetti sperano che martedì Berlusconi cada. Ma se non cadrà – suggeriscono – è solo per intrallazzi parlamentari lontani dalla realtà. “Il paese vivo e reale è qui e non nel palazzo”, esclama una ragazza in mezzo a una conversazione sparendo poi nella folla.

L’Unità 12.12.10

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I democratici invadono piazza San Giovanni. “L’Italia si levi il berlusconismo dalle vene”, di Matteo Tonelli

Doppio corteo a Roma, poi comizio del segretario nazionale del Pd. “La compravendita dei parlamentari è una vergogna”. “Chi ci ha fatto le pulci su come faccio opposizione si deve ricredere”. “Il mio sogno è dire all’Italia ‘Vieni via con me’. Poi la proposta di un governo di responsabilità nazionale

I democratici invadono piazza San Giovanni “L’Italia si levi il berlusconismo dalle vene”
ROMA – A tre giorni dal voto di fiducia al governo il Pd chiama a raccolta i militanti e riempie piazza san Giovanni a Roma. Lo fa mentre Silvio Berlusconi ostenta ottimismo per la sopravvivenza dell’esecutivo e mentre le manovre di un ravvicinamento tra Fli e il Pdl si fanno più concrete 1. “L’Italia deve cambiare” scandisce Pier Luigi Bersani dal palco. Perché l’idea di Paese che il segretario democratico racconta alla piazza è l’opposto dell’italia targata Cavaliere. Un’Italia che si deve levare “il berlusconismo dalle vene”, che dica basta “all’uomo solo al comando e al ‘ghe pensi mi”’. Perché in questa piazza ‘”c’è l’Italia di domani” assicura il segretario. Che urla, accompagnato dalla piazza, il suo “vegogna, vergogna” per la compravendita parlamentare di questi giorni.

La giornata romana dei democratici vede i due cortei snodarsi nel centro cittadino. C’è tanta gente e migliaia di bandiere del Pd. Ed ancora cartelli, striscioni. Si canta “Bella ciao” e “Cambierà” di Neffa. Ma c’è anche una sottile ansia che il traguardo apparentemente vicino, possa allontanarsi. Lo capisci parlando con i manifestanti che ti confessano la preoccupazione per il voto parlamentare. Il timore che il Cavaliere
ce la faccia anche stavolta. Bersani lo avverte e dal palco scandisce: “Siamo sereni, non sarà un voto ‘compravenduto’ a cambiare la situazione”. Il 14 non è “l’ora X” che potrebbe anche non scoccare. Certo, però, è “un passaggio cruciale” verso il dopo Berlusconi.

Bersani arriva sul palco e quasi si emoziona guardando la piazza. Inizia rivendicando la bontà della strategia del Pd. A dispetto di chi “ci ha fatto continuamente le pulci su come facciamo opposizione”. “Se oggi siamo a questi punti – alza la voce il segretario – è anche merito nostro. Abbiamo messo noi, al tempo giusto, la mozione di sfiducia. Al tempo giusto, non tutti i giorni come le solite tifoserie e i soliti focosi amici ci suggerivano. Fatemelo dire, adesso. Ce l’abbiamo la patente per fare l’opposizione, non abbiamo bisogno di maestri che ci tirino la giacca tutti i giorni. Credo che lo si sia visto”. Bersani non li cita ma la mente corre, tra i tanti, a Di Pietro.

C’è l’orgoglio del lavoro fatto, e che la convinzione che il ciclo del Cavaliere sia agli sgoccioli. Che la partita si possa riaprire e che il Pd possa farcela. Con Vendola? Con Di Pietro? Con l’Udc? “Con chiunque ci faccia vincere” ti senti rispondere da molti. Ma Bersani al voto immediato non punta. Quello che propone, invece, è un governo di “responsabilità istituzionale per reagire al declino”. Ed è un Italia in declino quella che disegna il segretario democratico. “Robin hood, social card, piano sud, Banca del mezzogiorno: tutte balle, tutte balle. Sono solo slogan buoni per i tg” incalza Bersani. Che attacca Tremonti per la gestione della crisi: “Con il loro rigore abbiamo la crescita più bassa e il debito più alto d’Europa. E con la propaganda del rigore hanno messo a tacere tutti i problemi”. Colpevole è la destra “che ha disarmato il paese sacrificandolo alla sua propaganda”. Colpevole è Berlusconi Che “deve andare a casa” e anche la Lega “che ha votato con “i ladroni” suoi amici mentre polemizzava con “Roma ladrona”.

Compito dei democratici, continua il segretario, è rifondare il Paese dalle fondamenta. Per questo Bersani propone una “riforma repubblicana” e una “alleanza per la crescita e il lavoro” come orizzonte della sua proposta politica. Una nuova fase dopo 16 anni di “disastro” berlusconiano. Una nuova fase all’opposto del leaderismo e del populismo: “Toccasse mai a me mai metterei il mio nome sul simbolo 5” continua il segretario.

Per farlo, però, servirà un Pd “che deve sapere quel che la gente chiede sopra ogni altra cosa ad una forza politica: sobrietà, onestà, rigore, semplicità, vicinanza ai problemi. Un collettivo che deve esprimere unità, responsabilità, generosità”. E nuovi volti. Ma glissando su quella “rottamazione” dei dirigenti evocata dal sindaco fiorentino Matteo Renzi. “Ci sarà nuova generazione che prenderà in mano il partito dei riformisti del secolo nuovo” taglia corto Bersani.

Che, in conclusione, evoca il sogno di un partito “che possa finalmente dire all’Italia, parafrasando una bella canzone e una grande trasmissione televisiva: ‘Vieni via, vieni via di qui, vieni via con me. Vieni via da questi anni, da queste umiliazioni, da questa indignazione, da questa tristezza’. C’è del nuovo davanti, c’è un futuro da afferrare assieme, l’Italia e noi”. Finisce così. Tra gli applausi e lo sventolio delle bandiere. Con Massimo D’Alema che applaude Bersani e Walter Veltroni che gli stringe la mano. Si guarda al voto di fiducia, ma anche allo spauracchio dell’allargamento della maggioranza e al Berlusconi bis. E’ questo, più della conta dei voti, lo spettro che preoccupa i democratici.

La Repubblica 12.12.10