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«Ha ragione Saviano: i violenti fanno comodo a questo governo», di Maurizio Cencioni

Lo scrittore si rivolge ai ragazzi: «Non cadete nella trappola della violenza, come negli anni 70». L’Unione degli Universitari e la Rete degli Studenti: «Noi andiamo avanti a viso scoperto, con le nostre idee e le nostre lotte». «Non dategliela vinta, non cadete nella trappola, come negli anni 70. La violenza è un discorso perdente, non credo riguardi gran parte di voi. Ascoltateli e ridete di questi vecchi signori, eterni giovani che hanno fallito con le loro strategie violente. Non so quale è la strada ma so quale è quella da non prendere. Non lasciamo al governo Berlusconi la possibilità di reprimere tutto questo come un movimento di violenti».

Roberto Saviano in un’intervista a Repubblica.tv chiede al movimento studentesco di evitare quella che definisce la «trappola ».

E le risposte non si fanno attendere: «Andiamo avanti a viso scoperto, con le nostre idee e le nostre lotte». Così l’Unione degli Universitari e la Rete degli Studenti, che in questi mesi hanno organizzato manifestazioni e proteste nelle scuole, negli atenei e nelle piazze di tutta Italia, rispondono all’appello. Secondo gli studenti Saviano ha ragione quando scrive che «gli scontri di martedì fanno male al movimento studentesco. Fanno male a tutto il Paese, perché offuscano una mobilitazione straordinariamente condivisa nelle sue ragioni e nelle sue pratiche dalla società civile, dall’opinione pubblica ». Secondo gli studenti l’intervento dello scrittore rappresenta «lucidamente le paure e le speranze di chi vede questo movimento come un elemento sano della nostra società e vuole difenderlo da una degenerazione violenta. La ribellione, quella sana e colorata, che in queste settimane ha paralizzato per intere giornate il Paese, ci ha dato una spinta propulsiva e una visibilità inaspettata».

Posizione contraria da parte dal collettivo studentesco Senza Tregua: «Noi, Roberto, per usare uno slogan a te caro, siamo di quelli che non vanno via. Siamo di quelli che restano, perché è qui che vogliamo il nostro futuro, ed è per questo che vogliamo continuare a lottare».

L’Unità 18.12.10