attualità, politica italiana

"Ma i diritti non sono tutti uguali", di Michele Ainis

Calma e gesso, per favore. Anche perché di scalmanati in abito gessato ce n’è fin troppi in giro. A cominciare dall’onorevole Gasparri, che invoca arresti preventivi, retate di massa, e in conclusione un nuovo 7 aprile. Insomma la ricetta del 1979, benché Gasparri abbia citato il 1978. E allora proviamo a dare i numeri, di questi tempi non saremo i primi a farlo. Proviamo a misurare sui numeri della Costituzione non tanto la sparata di Gasparri (qui è più facile: zero), quanto piuttosto l’idea di Mantovano e di Maroni, quella d’esportare ai manifestanti il Daspo che s’applica ai tifosi. Ossia il divieto comminato dal questore – e dunque senza una pronuncia giudiziaria – a carico di persone che si ritengono pericolose, impedendo loro d’entrare in uno stadio, o per l’appunto in una piazza gremita da cortei.

Sulle prime, parrebbe una misura di buon senso. Se il Daspo ha funzionato per i disordini sportivi, perché non dovrebbe rivelarsi altrettanto efficace per i disordini politici? Peccato tuttavia che non abbia senso equiparare il diritto di tifare per la Lazio al diritto di manifestare contro la Gelmini. Peccato che ai costituenti interessasse la regolarità delle elezioni, non la regolarità dei campionati.

Peccato infine che il libero esercizio del diritto di voto è possibile soltanto a condizione che il voto venga espresso in un clima democratico, con un’informazione pluralista, con un dissenso garantito in Parlamento e nelle piazze.

Insomma i diritti non sono tutti uguali: taluni hanno dignità costituzionale, altri s’esercitano sotto l’ombrello della legge. E a loro volta i diritti costituzionali non pesano sempre in modo eguale: come diceva Bobbio, i diritti politici sono strumentali a tutti gli altri, e dunque li precedono, e dunque vantano uno statuto superiore. Significa che subiscono soltanto restrizioni circoscritte, tassative, temporalmente limitate. Altrimenti, se la sicurezza fosse un passe-partout per scardinarli, tanto varrebbe vietare le manifestazioni. Faremmo prima, e con un risultato garantito.

Tuttavia non è possibile, vi s’oppongono per l’appunto i numeri della Costituzione. Articolo 16: chiunque può circolare in ogni contrada del nostro territorio, salvo i limiti che la legge disponga in nome della sicurezza. Ma guarda caso tali limiti non possono mai venire ispirati da ragioni politiche. Articolo 17: la libertà di riunirsi può essere negata per motivi («comprovati») di sicurezza pubblica, ma non ai singoli, bensì all’intero gruppo che chiede di manifestare. Articolo 27: la responsabilità penale è personale, e c’è inoltre una presunzione d’innocenza fino alla sentenza definitiva di condanna. Vuol dire che non è reato partecipare a un corteo dove altri commettono reati, e vuol dire inoltre che i reati sono tali solo quando lo dichiara un giudice, e nessun altro giudice possa rovesciare il suo verdetto. Al limite, se proprio vogliamo un Daspo politico dopo quello sportivo, se ne potrà forse discutere per chi ha subito una condanna, quantomeno in primo grado.

E c’è in ultimo un risvolto politico di queste chiacchiere imprudenti, ben più saliente del profilo giuridico. Perché nessuno ha mai evocato misure preventive di polizia dopo i fatti di Genova, dopo altri disordini che pure hanno scandito gli anni Zero? Che c’entra Roma del 2010 con Padova del 1979, dove i professori insegnavano con un coltello alla gola? Risposta: niente, non c’è niente in comune. C’è solo una politica, una classe dirigente, una generazione di governo che ha bisticciato con la nuova generazione, e allora mostra i muscoli, non avendo altro da mostrare.

La Stampa 20.12.10

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“Diritto di polizia”, di Giuseppe D’Avanzo

Le parole di Gasparri confermano che la “rivoluzione liberale” promessa dal premier fallisce per l´incapacità politica di progettarla.
IL DISEGNO, ogni ora che passa, si fa chiaro e non sorprende. Il governo, politicamente debole, sordo alle difficoltà del Paese, lontano da una società che umilia, vuole rilanciare se stesso inventando una nuova emergenza. Addirittura un’emergenza “terrorismo”. Secondo una leadership politica che fa vanto di essere stata fascista (La Russa, Gasparri, Alemanno), “terrorismo” sarebbero le manifestazioni di protesta contro la “riforma Gelmini” e potenziali “terroristi” chi vi partecipa. Quindi, sostenuta dal ministro dell’Interno, prima ha escogitato lo sciagurato trucco di far valere per i manifestanti più ostinati – scelti come? selezionati da chi? – il divieto di accedere alle manifestazioni sportive (D.a.spo.) di fatto ipotizzando un ritorno al Testo di Pubblica Sicurezza in vigore, dal 1926, nel ventennio fascista. Quel testo, che definiva misure di prevenzione in base al solo sospetto, non imponeva di accertare la responsabilità diretta per fatti considerati dalla legge reati. Per sottoporre il «soggetto pericoloso » a una severa vigilanza e lontano da casa, riteneva sufficiente un ipotetico «pericolo alla sicurezza pubblica e all’ordine politico». Sono più o meno – non vi pare? – le ragioni che hanno convinto in coro il ministro dell’Interno (Maroni) e della Giustizia (Alfano) a dare sulla voce ai giudici che, in attesa del processo, hanno rimandato a casa i giovani e giovanissimi arrestati il 14 dicembre a Roma .
Già poteva bastare per dirsi impensieriti dai giorni che verranno, ma eravamo soltanto all´inizio di una progressione autoritaria. Maurizio Gasparri – chi altro? – chiede ora «arresti preventivi». Il presidente dei senatori della destra dice: «Serve una vasta e decisa azione preventiva. Si sa chi c´è dietro la violenza scoppiata a Roma. Tutti i centri sociali i cui nomi sono ben noti città per città. Qui ci vuole un “7 aprile”. Mi riferisco al giorno in cui furono arrestati tanti capi dell´estrema sinistra collusi con il terrorismo».
Sorprendersi? Le parole di Gasparri – non smentito da quel capo di governo che, amante dei trucchi, chiama a sé i «moderati» per difendere il suo malfermo potere – confermano quel che già avevamo capito da tempo, in verità. Innanzitutto che, ammesso e non concesso che non sia stata una trovata da marketing politico, la «rivoluzione liberale» promessa da Berlusconi fallisce per l´incapacità politica di progettarla e per la cultura di un´élite che non si è allontanata di molto dalle celebrazioni del fascismo delle leggi razziali e della Repubblica di Salò. Due. Il “garantismo” della destra italiana non è altro che la difesa di un diritto del privilegio e dell´esclusione che dovrebbe assicurare indulgenze ai Potenti e rigido e inflessibile castigo ai Deboli. Lo abbiamo già visto in azione contro rom e migranti. Ora Gasparri lo pretende contro gli avversari politici richiamando, con la storia del «7 aprile» del 1979, il momento forse più limpido di quel che un filosofo del diritto, Luigi Ferrajoli, ha definito la «crisi della ragione giuridica» che ha attraversato per decenni le emergenze del terrorismo e della mafia. Anche se oggi non si scorge alcun pericolo, alcuna urgenza, alcun terrorismo, nessun terrorista, la destra di governo chiede che siano attive le stesse prassi di quella stagione: prassi in cui prevalgono le ragioni dell´efficienza coniugate alla facile idea, propria del senso comune autoritario, che la giustizia «deve guardare al reo dietro al reato, alla sua pericolosità dietro la sua responsabilità, all´identità del nemico più che alla prova dei suoi atti d´inimicizia» (Ferrajoli). Tre. In coerenza con la propria cultura politica, la destra di governo invoca uno Stato etico dove morale e diritto si confondono e la salvaguardia del principio di stretta legalità è sacrificato ai «poteri arbitrari che trovano il loro spazio naturale nella definizione non tassativa dei reati, nella flessibilità delle pene, nel potere dispositivo, e non cognitivo, del giudice» (Norberto Bobbio).
Ci sarà tempo per interrogarsi sulla pressione scaricata sulle polizie sospinte dalla volontà autoritaria del governo nello spazio stretto tra la politica e il diritto, tra la violenza e la legge (già “Genova 2001” ci ha detto che in uno Stato che si presenta come questurino c´è chi è disponibile a un´illegalità criminale quando il dissidente diventa un “nemico” da annientare). Oggi vale la pena soltanto rinnovare una preoccupazione che sarà opportuno che sia condivisa nelle prossime ore. Contro un movimento di giovani che rifiuta un progetto di ordine sociale, che si oppone a un´eterna precarietà, alla caduta di ogni garanzia di eguaglianza e chiede opportunità e futuro, il governo decide di rafforzare se stesso preparando il peggio. Evoca un “diritto di polizia” e un uso della violenza. Accende la rabbia. Eccita gli animi meno consapevoli. Cinicamente fa di conto: nuovi disordini gli fanno gioco, debole come è. È questa la funesta trappola che, a partire da oggi, i “movimenti” dovranno aggirare con lucidità e intelligenza.

La Repubblica 20.12.10

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“Arresti preventivi per gli studenti”, di Caterina Pasolini

Gasparri contro i cortei, è bufera. Saviano: dalla destra follie autoritarie Vuole arresti preventivi, Maurizio Gasparri, prima ancora che gli studenti manifestino, prima che alcun reato venga commesso. Dopo aver ipotizzato un divieto di andare a manifestare proponendo l´allargamento del Daspo dagli stadi alla politica, il capogruppo Pdl in Senato raddoppia scatenando polemiche. «Serve una vasta e decisa azione preventiva. Si sa chi c´è dietro la violenza scoppiata a Roma. Tutti i centri sociali i cui nomi sono ben noti città per città. Per non far vivere all´Italia nuove stagioni di terrore occorre agire con immediatezza. Qui ci vuole un 7 aprile. Mi riferisco a quel giorno del 1978 (e sbaglia l´anno) in cui furono arrestati tanti capi dell´estrema sinistra collusi con il terrorismo».
E in un clima già teso in vista dei nuovi cortei e della votazione mercoledì, le sue proposte arroventano la situazione. Con l´opposizione che parla di un «ritorno al fascismo» e lo accusa di cercare lo scontro, di esasperare la situazione. D´Alema che sottolinea come «l´interesse alla violenza è un interesse dei gruppi violenti, ma potrebbe diventare anche un modo di chi è al potere di rafforzare il proprio potere. Un gioco che abbiamo già visto anche nel passato». E il segretario generale della Cgil Susanna Camusso vede nelle sue dichiarazioni «e nella zona rossa una logica che finisce per incentivare i pochi violenti».
E se l´opposizione attacca, non lo segue nella proposta neanche il compagno di partito e ministro della Difesa Ignazio La Russa che taglia corto: «Non credo Gasparri invochi leggi speciali, bastano quelle che ci sono e quelle vanno fatte rispettate». Mentre gli ex colleghi di partito finiani restano critici: «Tra fantasiose proposte di Daspo per i manifestanti e farneticanti ipotesi di arresti preventivi, Pdl e Lega rischiano di creare dinamiche sudamericane in Italia», sottolinea Fabio Granata.
Persino il presidente del Senato Schifani, pur condannando duramente le violenze di questi giorni, sembra lontano da ipotesi di Daspo allargato e ribadisce: «Gli studenti hanno il diritto di andare a protestare, ma lo facciano con compostezza e nel rispetto delle regole».
Regole che già esistono, non le «leggi speciali». «L´arresto preventivo è annuncio di fascismo», dice infatti Nichi Vendola, capogruppo al Senato del Pd. Concorde Di Pietro dell´Idv «Perché estendere il Daspo, ovvero il divieto di accedere a manifestazioni sportive anche alle manifestazioni politiche significa adottare una misura fascista che nessuno stato democratico si sognerebbe».
Anche l´ex sindaco Veltroni è preoccupato, «Gasparri vuole esasperare il clima», e per evitare il peggio propone al prefetto di convocare i responsabili dell´ordine pubblico e gli studenti. «Convochi anche i sindacati di polizia perché non può non esserci solidarietà tra i giovani che difendono l´università e rivendicano il loro futuro e altri giovani che con la divisa addosso per poche centinaia di euro difendono istituzioni e cittadini».
«Quello che propone Gasparri è contro la nostra Costituzione, le sue sono parole pericolose, se conosce nomi e cognomi li faccia altrimenti lasci lavorare le autorità senza avvelenare il clima», afferma la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro alla quale risponde Gasparri con un «difficile prendere lezioni da chi, sbagliando, aveva parlato di infiltrati nella manifestazione che ha sconvolto Roma. Le forze dell´ordine attendono ancora le sue scuse». E tra le polemiche interviene Casini: che invita a «mantenere i nervi saldi ed evitare di esacerbare preventivamente gli animi. Maggioranza e opposizione non facciano polemiche sulle spalle degli studenti».

La Repubblica 20.12.10

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Vietti boccia il governo “Il Daspo è impraticabile”

Gasparri? «Lo rimando in storia». Maroni e il Daspo? «La libera circolazione è un pilastro dell´Unione europea». Alfano contro i giudici? «Non dubito che conosca i suoi limiti». Un messaggio ai giovani? «Non perdete mai la passione civile, ma rifuggite sempre dalla violenza». Michele Vietti, vice presidente del Csm, con Repubblica, si sforza di trovare un filo di equilibrio tra le tante forzature degli ultimi giorni sui fatti di Roma.
Ha sentito qual è la ricetta di Gasparri per evitare nuovi scontri?
«Quello che è successo è di un´oggettiva gravità e non va assolutamente sottovalutato. Ma non va neppure utilizzato per soffiare sul fuoco di un clima sociale che rischia di farsi incandescente e che tutti abbiamo il dovere di contribuire a raffreddare. Non tocca a me indicare eventuali modifiche normative, anche se mi permetto di notare che non è mai un buon modo di legiferare quello che si muove sull´onda emotiva della cronaca. Un Daspo applicato agli studenti mi sembra pure di difficile praticabilità, mentre, se proprio vogliamo prendere a prestito le misure contro le violenze negli stadi, vedrei meglio l´arresto in flagranza differita».
Dal 14 dicembre, il governo Berlusconi, con Maroni e Alfano, e ora con Gasparri, vuole che i magistrati tolgano le castagne dal fuoco sulla sicurezza?
«La condanna della violenza dev´essere ferma e inequivocabile. Ma non possiamo avallare il luogo comune secondo cui i poliziotti arrestano e i magistrati scarcerano. Nella difesa della legalità le toghe sono sempre state in prima linea, dal terrorismo alla mafia, pagando anche un prezzo di sangue. Le forze dell´ordine sono al loro fianco nella stessa battaglia. É inaccettabile il tentativo di dialettizzare tra servitori dello Stato impegnati nello stesso fronte, pur in diversi ruoli».
Non le pare che dal centrodestra arrivi un pesante attacco ai giudici, con gli ispettori inviati da Alfano, e con Gasparri, un «fascista» per Vendola, che quasi indica loro che arresti fare?
«I magistrati sanno fare il proprio lavoro e sanno usare la discrezionalità che la legge offre loro, senza bisogno di lezioni da nessuno, tantomeno in nome di analogie storiche assai poco calzanti».
Il riferimento al 7 aprile è solo improprio o una provocazione irresponsabile?
«Il 14 dicembre 2010 è un altro mondo rispetto a epoche che tutti ci auguriamo non torneranno e che nulla lascia presagire siano in procinto di ripresentarsi».
Non è singolare che un governo garantista verso gli uomini del centrodestra coinvolti nelle indagini contesti il garantismo verso questi giovani?
«Ovviamente il garantismo non va mai applicato a corrente alternata. I ragazzi vanno distinti tra chi manifesta pacificamente e chi invece ricorre alla violenza, fosse anche solo quella di lanciare una pietra contro i poliziotti. Il nostro Paese è afflitto da una grave crisi di legalità che tocca tutti i settori e va contrastata con la medesima fermezza chiunque sia a violare le regole. Sui processi ai manifestanti per i fatti di Roma non posso esprimere valutazioni in quanto, come presidente della sezione disciplinare del Csm, potrei essere chiamato a giudicare quegli stessi magistrati qualora l´accertamento di Alfano avesse un seguito. E comunque non conosco né gli atti, né gli elementi di accusa, né la gravità indiziaria».
Se lei fosse stato il Guardasigilli avrebbe mandato gli ispettori?
«Al momento sto meglio nei miei panni che in quelli del ministro. Comunque mi risulta che l´ispezione sia finalizzata alla sola acquisizione dei provvedimenti per valutarne eventuali anomalie. Non voglio credere che dietro questa iniziativa ci siano interferenze con l´attività giurisdizionale o invasioni di campo. Il ministro conosce troppo bene i limiti all´attività ispettiva imposti dal Csm e dalla Cassazione, per disattenderli. Certamente ne farà buon uso per riferire eventualmente in Parlamento o per prendere iniziative legislative di coordinamento sulla materia».
Lei mi pare buonista. Non è che il passo di Alfano è un´invasione di campo?
«Escludo si tratti di prove generali dei maggiori poteri al Guardasigilli ipotizzati nella cosiddetta riforma della giustizia, tanto “grande grande grande” quanto misteriosa».
Con la riforma Gelmini da approvare e l´annuncio di nuove manifestazioni, il governo pretende dai magistrati una sentenza esemplare?
«Le toghe non giudicano i fenomeni, ma le responsabilità individuali specifiche e le singole posizioni processuali. Perciò non si può mai chiedere loro di “punirne uno per educarne cento”. Peraltro, i processi di cui tanto si parla, celebrati da diversi collegi, sono ancora in piedi perché si è esaurita solo la fase cautelare. Dunque è prematuro lamentarsi dell´esito. La giustizia ha i suoi ritmi che non si possono certo piegare alla polemica o alle logiche della politica. Non si possono criticare i magistrati accusandoli di occuparsi della corruzione “in generale” e poi pretendere che facciano sentenze sulla violenza “in generale”».
Il Csm non dovrebbe discutere sugli spazi di discrezionalità della magistratura?
«I giudici non devono inseguire il consenso con decisioni gradite alla piazza. Devono pronunciare sempre sentenze imparziali. Ma questo non vuol dire che non debbano tener conto del contesto in cui operano. Anche il presidente della Repubblica li ha richiamati alla consapevolezza degli effetti delle proprie decisioni. Discrezionalità vuol dire anche attenzione alla sensibilità collettiva rispetto a un fatto e all´allarme sociale suscitato da determinati comportamenti».

La Repubblica 20.12.10