attualità, politica italiana

«Padova, il calendario della discordia cancellati 25 aprile e Primo maggio», di Filippo Tosatto

Iniziativa della Provincia per le scuole. Insorge il Pd: ritiratelo. Nessun accenno a Liberazione e Festa dei lavoratori: in compenso c´è il Capodanno veneto

PADOVA – Nel Veneto ai tempi della Lega, il Primo maggio non coincide più con la festa del lavoro e il 25 aprile celebra la Pasquetta e San Marco, non certo la liberazione del Paese dai nazifascisti. Resiste ancora la festa della Repubblica del 2 giugno mentre spuntano nuovi appuntamenti, dal 28 febbraio con il “Bati marso” (una sorta di Capodanno veneto) al 25 marzo dedicato al “ricordo del Popolo veneto”; e ancora, le ricorrenze familiste della mamma o dei nonni elevate a pietre miliari dell´anno.
È il calendario 2011 stampato in 50 mila copie dalla Provincia di Padova, e ha il suo artefice nell´assessore all´identità veneta Leandro Comacchio, esponente del Carroccio. Corredato da disegni e filastrocche, in occasione della Befana è stato inviato a tutte le scuole elementari perché sia distribuito ai bambini. Ma c´è chi non ha gradito. È il caso dell´amministrazione di Solesino, un piccolo centro retto dal centrosinistra, che ha deciso di rimandare il regalo al mittente, invitando gli altri comuni a fare altrettanto. «Non contestiamo il richiamo alla tradizione locale – commenta il sindaco Walter Barin – ma la festa del lavoro e quella della Liberazione rispondono a valori fondanti della nostra storia, escluderle ci sembra diseducativo. Il segnale trasmesso ai ragazzini è che si tratta di ricorrenze minori».
Il presidente pidiellino della Provincia, Barbara Degani, minimizza il caso – «Noi il Primo maggio lo festeggiamo ma vogliamo anche mantenere vivo nelle nuove generazioni il ricordo delle nostre origini» – l´assessore regionale Maurizio Conte rivendica invece i contenuti dell´iniziativa: «La festa di San Marco, in un calendario veneto, ha di certo priorità sul quella della Liberazione – afferma il leghista – quanto al Primo maggio, dovrebbe esserci un almanacco che riporta la festa del lavoratore tutti i santi giorni. Contestando questo calendario, la sinistra cerca di minare il nostro senso di appartenenza identitaria ad un popolo ma, una volta ancora, otterrà l´effetto contrario».
Sdegnate le reazioni sul versante progressista. «È un insulto verso tutti i martiri veneti caduti per la libertà e per la democrazia e un´offesa per tutti i veneti che lavorano», accusa il consigliere padovano del Pd Paolo Giacon. E da Roma il responsabile democratico degli enti locali va oltre: «È un episodio di sciatta cialtroneria dal quale le forze di centrodestra, a livello locale e nazionale, devono prendere le distanze», sostiene Davide Zoggia. «C´è poi un ignobile spreco di denaro pubblico: dopo le balle sulle bandiere, i soli di Adro e le mille altre buffonate che i berlusconiani e la Lega ci propinano continuamente, oggi abbiamo un altro capolavoro. Si vergognino e si preoccupino piuttosto dei problemi reali dei cittadini in un´area colpita dalla crisi economica e dalla disoccupazione».
Tant´è. Con l´avvento del governatore “padano” Luca Zaia, le celebrazioni nel segno dell´identità del “popolo veneto” – contrapposte alle ricorrenze “romane” e “nazionaliste” – si sono moltiplicate. Tra tutte, quella del 25 marzo (data della storica fondazione di Venezia) sancita solennemente da una legge regionale.

da la Repubblica

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Bossi: Unità d’Italia? Giusto se veneti non festeggiano. Federalismo entro il 23
Sui festeggiamenti per il 150/o dell’Unita’ secondo Bossi «l’Italia e’ divisa in due: chi sente che e’ una ricorrenza positiva la festeggia, gli altri non la festeggiano». Rispondendo a chi gli ha chiesto se il governatore Veneto Luca Zaia, dovrebbe far parte del Comitato per l’Unita’ d’Italia, il capo della Lega ha risposto: ”Il Veneto e’ una storia, una lunga storia che viene dalla Repubblica Veneta, la quale ha fatto cose che sono rimaste nella testa dei veneti”. D’altra parte, ”i veneti hanno fatto il plebiscito cinque anni dopo, nel 1866, e’ proprio una storia a se”’ e quindi ”non sbagliano” se non festeggiano. Bossi si e’ quindi ripetuto nel ricordare che ”l’Italia ha voluto i Savoia e Savoia non era certo federalista. L’unico federalista era il buon Cavour che invece lo hanno fatto fuori e il re non e’ andato nemmeno al funerale: una banda quella intorno al re, l’unico che si salvava era Cavour, altri non ne vedo”.
Poi il leader leghista è passato alla situazione politica di questi giorni e ai tentennamenti del governo. «Tra il 17 e il 23 gennaio il federalismo deve passare»: e’ tassativo su questo Umberto Bossi, che parla da Calalzo (Belluno) la mattina dopo ”la cena degli ossi” con i ministri Tremonti e Calderoli. ”In quel periodo c’e’ il problema che il federalismo deve passare l’ultimo decreto attuativo nella commissione bicamerale – ha detto – quindi se non passa quella cosa li’, non possiamo portare il federalismo in Consiglio dei Ministri. Io sono convinto che passi”. Ad una domanda se ci sia un rischio per il governo riguardo alla mozione di sfiducia sul ministro Bondi, Bossi risponde: ”Non penso, di rischioso c’e’ solo che la Lega punti i piedi, e basta. Ma noi non li puntiamo – ha aggiunto – siamo amici di Berlusconi, l’importante e’ portare a casa il federalismo, presto”.

da www.unita.it