attualità, politica italiana

"Beni alle regioni: dote da 2,3 miliardi", di Eugenio Bruno

Nella lista definitiva scende di 1,3 miliardi il valore degli immobili per avviare il federalismo demaniale.
Le Dolomiti, il faro Spignon a Venezia o l`aula bunker di Reggio Calabria: ce l`ho. La caserma Garibaldi a Milano, il parco delle Cascine a Firenze o l`isola dei Conigli in Salento: manca. È il gioco che, alla maniera delle figurine, governatori, sindaci e presidenti di provincia potranno avviare, da qui a qualche mese, per aggiudicarsi i beni messi a disposizione dallo stato in esecuzione del federalismo demaniale.
Dopo aver eliminato tutti gli immobili già in uso alle amministrazioni centrali (su cui si veda l`articolo accanto), l`agenzia del demanio ha infatti aggiornato l`elenco delle strutture che potranno essere decentrate.

Dalle nuove stime emerge un portafoglio cespiti dal valore «inventariale» di quasi 2,3 miliardi di euro. A fronte dei 3 miliardi stimati nella prima ricognizione (su cui si veda Il Sole 24 Ore del 29 maggio) o dei 3,6 calcolati a fine luglio. E anche se il processo di individuazione non è ufficialmente terminato perché la lista delle esclusioni non ha ancora ottenuto il si della conferenza unificata, si può dire con buona approssimazione che a tanto ammonterà la dote potenziale che regioni ed enti locali riceveranno al fine di valorizzarli.

Il valore
Gli 11.775 beni censiti dall`agenzia diretta da Maurizio Prato non esauriscono le poste che il decreto legislativo 85 del 2010 – il primo provvedimento attuativo della riforma federale approvato in via definitiva il 28 maggio scorso, ndr – metterà a disposizione degli enti periferici. Innanzitutto perché il censimento non include i territori a statuto speciale che dovranno contrattare singolarmente la loro partecipazione al processo di devoluzione. E poi perché il catalogo non comprende le spiagge che secondo l`ultima rilevazione “gettano” 97,8milioni ma che, una volta in mano alle regioni, molto probabilmente vedranno incrementare gli incassi.
Un ragionamento, quest`ultimo, che Roberto Calderoli ha più volte invitato a fare anche per fiumi (non quelli sovraregioniali come il Po o il Tevere che resteranno allo stato), laghi e bacini chiusi (destinati alle province). Non essendo mai stati sfruttati, ha sottolineato spesso il ministro della Semplificazione, è possibile che i loro introiti un domani s`impenneranno.
Fermo restando che il valore di mercato degli immobili non per forza coinciderà con quello di inventario.

La lista
La distribuzione dei cespiti lungo lo Stivale rispecchia a grandi linee quella pubblicata su internet a luglio dal demanio. La maggiore concentrazione si trova al centro-sud. In testa c`è il Lazio al netto di Roma che seguirà un procedimento di assegnazione ad hoc – con 1.378 voci, seguita dalla Campania (1068 di cui quasi 500 nella sola città di Napoli) e dalla Lombardia. Ma se si prende in considerazione il valore degli immobili le posizioni sul podio s`invertono: con 319 milioni quelli lombardi precedono sia i campani (308 milioni) che i laziali (299).

Proprio in Lombardia si trova la “gemma” più preziosa: l`ex dogana di Segrate che da sola vale 71,6 milioni di euro. Ma anche la Villa Reale di via Palestro, forse il migliore esempio dello stile neoclassico a Milano. Scorrendo la lista del demanio si trova di tutto: da ex caserme e poligoni di tiro in disuso alle vette (dalla Croda del Becco e dal Monte Rocchetta sulle Dolomiti al “semaforo” sull`isola di Ponza); dai fari (lo Spignon di Venezia) ai terreni (agricoli e non solo, con più di un appezzamento a picco sulle Cinque terre); dai ricoveri di guerra (come quello sotto piazza Italia a Perugia) agli alvei abbandonati da fiumi e torrenti. Per finire con gli educandati – come quello agli Angeli, fondato da Napoleone Bonaparte a Verona nel 1812 e inventariato per 12 milioni – e i palazzi di giustizia. Tanto a Pisa quanto a Reggio-Calabria dove il municipio potrebbe ricevere in dote l`aulabunker da 18 milioni di euro dove si sono svolte decine di processi contro la`ndrangheta.

I tempi
Una volta che la conferenza unificata sì sarà pronunciata sulle esclusioni, il direttore dell`agenzia potrà emanare il relativo decreto e la macchina delle attribuzioni si metterà in moto. Sarà il governo con uno o più decreti del presidente del consiglio a scegliere posta in palio e aggiudicatario.
Nei 60 giorni successivi la regione, la provincia o il comune prescelto dovrà comunicare al demanio la propria accettazione e nei due mesi successivi entrerà in possesso del bene. Fatta salva la possibilità di intervenire con successivi dpcm per implementare il catalogo. A ogni modo, dopo essere entrati in possesso degli immobili, gli enti saranno liberi di scegliere come valorizzarli.
Con un unico paletto: i proventi delle eventuali vendite ai privati dovranno andare per il 75% all`abbattimento del debito locale e per il 25% alla riduzione di quello statale. Ma il tempo stringe.
Stando alla “road map” imposta dal decreto attuativo il primo dpcm sarebbe dovuto arrivare a metà dicembre.

Il Sole 24 Ore 08.01.11