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"Fiom e Cgil restano divise ma non rompono", di Roberto Giovannini

«Nessuna spaccatura», dice Maurizio Landini. «Siamo impegnati con la Fiom per la massima riuscita dello sciopero del 28», dice Susanna Camusso. Fatto sta che è durato quasi sei ore l’incontro di ieri tra le segreterie di Cgil e di Fiom. E anche se al termine tutti i protagonisti hanno cercato di sottolineare gli elementi di unità (a cominciare dal giudizio totalmente negativo sull’accordo di Mirafiori), mettendo in secondo piano quelli su cui è palese una divergenza, resta il fatto che la Cgil continua a sostenere la necessità di votare «no» al referendum, e che il punto centrale è garantire libertà sindacale e rappresentanza in Fiat. Mentre per la Fiom il referendum è illegittimo, e l’accordo comunque non sottoscrivibile.

«Non c’è nessuna spaccatura tra Cgil e Fiom – ha detto il leader Fiom Landini – c’è stata una discussione. Rimangono delle valutazioni su quello che sarà necessario fare in futuro, ma su questo continueremo a discutere». «Si è confermato», ha proseguito Landini, «che Fiom e Cgil considerano totalmente inaccettabili gli accordi di Pomigliano e di Mirafiori e, per quel che ci riguarda, è necessario un tavolo per discutere del piano industriale Fiat». Fiom e Cgil, ha sottolineato il leader delle tute blu, «sono impegnate perché comunque vada il referendum lavoratori e lavoratrici non siano soli e ci sia il sostegno esplicito dei sindacati». L’accordo di Mirafiori «per noi non è firmabile, il referendum rimane illegittimo e quindi non è stato oggetto di discussione».

Susanna Camusso spiega poi che «il tema non è mai stato una soluzione tecnica, ma come garantire la libertà dei lavoratori di avere un sindacato e di eleggere i propri rappresentanti». Che poi è il nodo del dissenso – che chiaramente permane – con la Fiom. Il numero uno della Cgil ribadisce tutte le sue perplessità sul piano industriale Fiat, «che non conosciamo sia per quanto riguarda gli investimenti che la certezza della permanenza in Italia». Poi, attacca il governo, «che ha rivestito il ruolo di tifoso». Insomma, «è un accordo – dice Camusso – che continuiamo a giudicare negativo, a cui i lavoratori dovrebbero votare no». La Cgil sostiene a fondo lo sciopero generale della Fiom del 28, e il segretario generale parteciperà alla manifestazione regionale del 27 gennaio a Bologna, dove lei e Landini faranno il comizio finale. Restano tutte le divergenze sul dopo-referendum. La Fiom mette l’accento su un pacchetto di iniziative di lotta e di tipo giudiziario; per la Cgil la questione è politica, e il problema è come restare in fabbrica.

Sempre ieri nel corso del programma su RaiTre di Lucia Annunziata il vicepresidente di Confindustria (e membro del Cda di Fiat Industrial) Alberto Bombassei ha detto che «Marchionne finora ha fatto quello che ha detto e, se si è impegnato con investimenti, vi terrà fede». Per Bombassei, quello di Marchionne «non è un ricatto», ma sono «le condizioni minimali» per poter investire e «affrontare la concorrenza globale». Stesso discorso dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: «Non si parli di ricatti – dice – perché sono le condizioni della competizione globale che impongono alcune regole». Non si pone neanche un problema di rappresentanza per i lavoratori iscritti alla Fiom, «perché lo Statuto dei Lavoratori del 1970 garantisce piena libertà di associazione, di organizzazione e di accesso al luogo di lavoro da parte di tutte le organizzazioni sindacali rappresentative. Parlare di diritti violati è veramente una bugia». Gli replica l’ex ministro Cesare Damiano, del Pd: «sono dichiarazioni sorprendenti, una semplice falsità – afferma – lo Statuto dei lavoratori è stato modificato da un referendum del ’95. Ora le rappresentanze spettano solo ai sindacati firmatari di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, come alla Fiat Mirafiori».

La Stampa 10.01.11

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“Fiom e Cgil: unite contro l’accordo Fiat,divise sulla strategia”, di Luigina Venturelli

Oltre sei ore di confronto serrato non sono bastate a ricomporre la distanza strategica creatasi tra Fiom e Cgil all’indomani dell’accordo separato su Mirafiori, e mantenutasi intatta in settimane di mediazioni.

STRATEGIE DIVERGENTI La confederazione di Corso d’Italia e la categoria dei metalmeccanici, al termine della riunione fiume tra le due segreterie di ieri pomeriggio, si presentano dunque unite nel condannare l’intesa separata imposta da Sergio Marchionne. E la presenza di Susanna Camusso, al fianco di Maurizio Landini, alla manifestazione di Bologna del 27 gennaio che concluderà lo sciopero generale dei metalmeccanici (anticipato in Emilia- Romagna di un giorno rispetto al resto d’Italia) è un segnale importante di come «Fiom e Cgil insieme staranno vicino ai lavoratori di Mirafiori », qualunque sarà il risultato del referendum di giovedì e venerdì prossimo. Ma restano divise sul come affrontare la vertenza Fiat all’indomani della consultazione, nell’eventualità attesa che l’esito sia favorevole all’accordo. La Cgil proponeva alla Fiom una firma a posteriori per non essere esclusa dalle rappresentanze sindacali aziendali: «Il tema non è mai stato una soluzione tecnica, ma come garantire la libertà dei lavoratori di avere un sindacato e di eleggere i propri rappresentanti» ha spiegato Camusso. Ma la confederazione ha dovuto nuovamente prendere atto della contrarietà della categoria, evitando qualsiasi forzatura. «Nessuna spaccatura» ha assicurato Landini, mail confronto sulle iniziative da intraprendere in futuro «continuerà» nei prossimi giorni, dall’assemblea di Chianciano di domani e mercoledì, al direttivo del 15 gennaio. anticipato dal confronto tv tra Maurizio Landini e il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei, registrato nella mattinata di ieri per la trasmissione di Lucia Annunziata su Rai3. «In Italia la democrazia funziona e si vota solo quando lo decide Marchionne sotto ricatto» ha attaccato Landini, ricordando i tanti referendum chiesti dalla Fiom, ma che non sono mai stati organizzati per l’opposizione delle altre sigle sindacali o delle aziende (a cominciare da quello sul contratto separato dei metalmeccanici del 2009). «Il referendum non è un ricatto e non lo decide Marchionne, ma i sindacati che hanno sottoscritto l’accordo e che per questo vanno rispettati anche dalla Fiom» gli ha risposto Bombassei, recentemente nominato nel cda di Fiat Industrial, secondo il quale «quello che ha chiesto Marchionne non è un ricatto», ma sono «le condizioni minime per tenere testa alla concorrenza globale ». Ma il vicepresidente di Confindustria ha dovuto incassare il colpo sull’abbandono da parte del Lingotto di viale dell’Astronomia: «Non è corretto dire che Fiat è uscita da Confindustria, in realtà, vista la riorganizzazione, non è entrata, perché sono nate due newco. È una scelta tecnica, ci auguriamo sia temporanea e strumentale». Anche gli industriali, insomma, si stringono nell’auspicio che Marchionne mantenga le promesse fatte. Comei sindacati firmatari dell’accordo, che invitano i dipendenti Fiat a votare sì in ragione degli investimenti miliardari annunciati. E come i lavoratori del gruppo, tra cui anche gli 800 operai addetti all’Alfa Mito che stamattina torneranno al lavoro a Mirafiori dopo tre settimane di cassa integrazione. I primi a rientrare in una fabbrica che attende con il fiato sospeso il referendum del 13 e 14 gennaio.

L’Unità 10.01.11