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"Turismo senza sorrisi", di Stefano Landi

L’ottimismo manifestato da più parti sull’andamento del turismo in Italia non sembra giustificato dai dati. Nel 2010 sono calati, e molto, i giorni di vacanza e i viaggi d’affari. Tradotti in euro significano perdite significative per gli operatori. E gli italiani hanno rinunciato soprattutto alle microvacanze e ai week-end lunghi. Ovvero a quel superamento della stagionalità che rappresenta la speranza di consolidamento e crescita del settore. Manca in particolare una politica del turismo per il mercato interno. Domenica 20 febbraio si è conclusa l’edizione 2011 delle Borsa internazionale del turismo di Milano, la principale rassegna del settore in Italia. Ma le note ottimistiche diramate dal ministro Michela Vittoria Brambilla e dal presidente dell’Enit Matteo Marzotto non riescono a far sorridere le imprese, che registrano un calo molto drastico della domanda interna, il principale mercato di riferimento.

RITORNO AL PASSATO

Nel turismo la crisi non è finita, o più probabilmente il settore ne ha risentito in ritardo rispetto ad altre branche della nostra economia. E l’analisi critica è lecita, stando alle cifre pubblicate dall’Istat proprio il 16 febbraio 2011, giorno di inaugurazione della Borsa, che sono stati largamente trascurati nella comunicazione e nei dibattiti. (1)
I dati relativi ai viaggi e alle vacanze degli italiani nel 2010 confermano quanto già evidenziato da Isnart – Unioncamere sull’occupazione delle strutture ricettive (alberghiere ed extralberghiere), che per quasi tutto l’anno e soprattutto durante l’estate avevano fatto registrare una contrazione rispetto all’anno precedente.
Il 2010 infatti segna un ritorno al passato, un balzo indietro di quattro-cinque anni almeno, per quanto riguarda la propensione ai viaggi e alle vacanze degli italiani, che lo scorso anno hanno “consumato viaggi” molto di meno che nel recente passato.

Quanto ai viaggi di lavoro, i tagli nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni si sono fatti sentire: meno missioni, meno congressi e fiere, meno viaggi di rappresentanza.

IL CALCOLO DELLE PERDITE

Purtroppo il turismo in Italia non ha ancora imparato a guardarsi in tasca e continua a sfornare e commentare dati fisici, ma non economici: contiamo le teste dei turisti e le notti passate fuori casa, ma non la spesa.
Così è difficile parlare dei risvolti economici di un simile tracollo: possiamo però provarci sulla base di diverse rilevazioni incrociate, condotte ancora una volta da Isnart – Unioncamere, e dalla Banca d’Italia. (2) Le stime convergono su di un valore medio di circa 100-105 euro in termini di spesa media per persona/giorno.
Se così fosse, la perdita di fatturato complessiva dell’offerta turistica italiana nel 2010, per il solo effetto del calo del mercato interno di 58 milioni di notti per vacanza, sarebbe di circa 6 miliardi di euro: una enormità.
A queste perdite si va poi ad aggiungere il calo di 21 milioni di notti per il turismo d’affari, notoriamente più “ricco”: almeno altri 2 miliardi di euro, a essere prudenti.
Sempre secondo l’Istat, nel 2010 gli italiani non hanno del tutto rinunciato alla vacanza estiva, ma si sono spostati di meno durante il resto dell’anno, tagliando magari anche solo sui week-end.
Però è proprio questa la “polpa” del business turistico, che non campa solo di festività comandate, ma sempre più di prolungamento stagionale, di microvacanze, di ponti e week-end lunghi. (3)
Se fosse per stare aperti solo a ferragosto, non ci sarebbe utilità a costruire o a gestire alberghi, come sanno bene tutte le imprese che fanno un business plan prima di iniziare l’attività.
L’industria turistica italiana nel suo complesso ha una sola speranza di diventare sistema, attività primaria e centrale nella vita di milioni di lavoratori, settore permanentemente attivo, vocazione stabile dei territori: e questa speranza risiede nel superamento della stagionalità.
Altrimenti resterà il regno della saltuarietà, dei mestieri che cambiano con le stagioni, del lavoro sommerso, come segnala sempre l’Istat il 18 febbraio 2011: il 56,8 per cento del prodotto interno lordo alberghiero sarebbe “in nero”. (4)
Al di là di ogni altra considerazione, è del tutto evidente che il vuoto lasciato dal ministero del Turismo (abrogato con referendum popolare nel 1993) non è stato colmato dal protagonismo delle Regioni, sancito nel 2001 dalla riforma del Titolo quinto della Costituzione.
Mentre infatti sia l’Enit – Agenzia italiana per il turismo sia le Regioni hanno mantenuto la competenza sui mercati esteri, il più delle volte duplicando le proprie azioni, il mercato interno è rimasto orfano di ogni attenzione e provvedimento, con i risultati che oggi si vedono.

(1) Istituto nazionale di statistica, “Viaggi e vacanze in Italia e all’estero”, anno 2010, 16 febbraio 2011.
(2) Banca d’Italia – Ufficio italiano cambi, “Viaggiatori stranieri in Italia e viaggiatori italiani all’estero”, anno 2010.
(3) Coldiretti – SL&A, “Dossier microvacanze a chilometro zero”, Roma, 2008.
(4) Enrico Giovannini, relazione al tavolo per la riforma fiscale, 18 febbraio 2008.

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