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"Ma a quella scuola che dice di difendere ha tolto 8 miliardi", di Virginia Lori

Oggi il premier smentisce e si fa paladino di un’istruzione che ha massacrato di tagli: – 130 mila insegnanti, – 45 mila tecnici Ata. E nelle aule si studia in 35. L’Ocse: siamo ultimi per investimenti. Il Calvario della scuola pubblica in questi quasi tre anni di governo Berlusconi si riassume in pochi numeri. Otto miliardi di euro di tagli in tre anni, tagli puri, decisi per fare cassa a spese di un“bene” considerato del tutto inutile, e poi camuffati dalla cosiddetta riforma Gelmini, quella del maestro unico e del grembiulino.130mila insegnanti tagliati, più 45mila tecnici Ata. Un’ecatombe, che ha attaccato al cuore la scuola primaria, che fino a quel momento era uno dei fiori all’occhiello del sistema scolastico italiano, smontando il modulo dei tre maestri che ruotavano su due classi. Per non parlare del tempo pieno, con le domande delle famiglie in aumento e le risposte congelate a quel25%su base nazionale che, in molte zone, significa dire a no a più della metà delle richieste. Non è un caso che per due anni scolastici consecutivi, quello in corso e il precedente, gli italiani abbiano sonoramente bocciato il modello di scuola elementare a 24-27 ore proposto dalla Gelmini, privilegiando (con percentuali dell’80%) il modulo a 30 e il “tempo pieno” a 40 ore. E non è un caso che, a un certo punto, il ministero abbia smesso di fornire i dati sulle richieste di tempo pieno. Per non parlare del numero di alunni per classe, arrivato nelle superiori anche fino a 35, delle norme sui disabili bypassate alla leggera. Della serie: la circolare prevede che, se c’è un disabile in classe, il numero degli alunni non possa superare i 20. Ma solo se ci sono le risorse necessarie. Altrimenti si fa finta di niente. A questo si aggiunge la decimazione degli insegnanti di sostegno e la “tassa” di circa 100 euro l’anno (non prevista dalla legge) che le famiglie sono costrette a sborsare per garantire alle scuole dei propri figli alcuni servizi fondamentali come la carta per le fotocopie o addirittura la carta igienica. Mentre i fondi per le private, prima scomparsi dalla manovra, sono subito ricomparsi nella misura di 245 milioni. Di fronte a questi numeri non servirebbe neppure scomodare i dati Ocse sugli investimenti nell’istruzione tra i paesi membri. Stando alle ultime rilevazioni disponibili, l’Italia è inchiodata al 4,5% del Pil, contro una media Ocse del 5,7%. Solo la Slovacchia spende dimeno (4%), e il Belpaese è stato scavalcato anche da Estonia (5%) e Brasile (5,2%). Nel suo insieme, la spesa pubblica italiana nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) è pari al 9% di quella pubblica totale, il livello più basso tra i paesi industrializzati (13,3% la media Ocse). Una spesa in gran parte destinata agli stipendi dei docenti, che tuttavia sono ampiamente sotto la media Ocse. Un disastro insomma. Perfettamente coerente con il disegno di chi, come Berlusconi, dichiara la sua disistima per la scuola pubblica. Cui si è aggiunta, a partire dall’anno scolastico in corso, la riforma Gelmini delle superiori, con ulteriori tagli negli orari, la cancellazione di molte sperimentazioni, la netta separazione tra licei da una parte e istituti tecnici e professionali dall’altra. Per dividere i ragazzi a 13 anni in base alla classe sociale di appartenenza.

L’Unità 28.02.11

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La nuova piazza: «Il 12 marzo in difesa della scuola pubblica», di Natalia Lombardo

È rivolta fra insegnanti, studenti e sindacati, compresa l’Ugl, per l’attacco lanciato sabato da Silvio Berlusconi contro la scuola pubblica: nella sua pseudo-smentita conferma il concetto sull’«indottrinamento politico e ideologico» che farebbero i docenti. La ministra dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, invece di sentirsi colpita nel suo ruolo, difende il premier. Al punto che il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ne chiede le dimissioni: «Se la Gelmini fosse un vero ministro, invece di arrampicarsi sui vetri per difendere Berlusconi, dovrebbe dimettersi». Perché «la scuola pubblica è nel cuore degli italiani. Da Berlusconi arriva uno schiaffo inaccettabile, non permetteremo che la distrugga». E Dario Franceschini, Pd, da Twitter lancia la proposta di una manifestazione per «difendere la scuola pubblica dagli insulti di Berlusconi»: «Tutti di nuovo in piazza, come le donne il 13 febbraio, senza simboli e bandiere ». Il capogruppo Pd accoglie «l’importantissima» disponibilità offerta da Beppe Giulietti per il 12 marzo, allargando la protesta in difesa della Costituzione. La Cgil scuola sciopererà il 25 marzo con i lavoratori pubblici, potrebbe replicare con lo sciopero generale proposto daSusanna Camusso. AncheItaliaFutura, fondazione di Luca Cordero di Montezemolo, denuncia le «esternazioni in libertà » di Berlusconi «che i cittadini non possono sopportare» e «si attendono che faccia funzionare la scuola, non di demolirne la legittimità». Mariastella Gelmini rispondendo a Bersani ribadisce il concetto sulla scuola dominata da postsessantottini: «Berlusconi non ha attaccato la scuola pubblica», dice come una scolaretta, «ma ha difeso la libertà di scelta delle famiglie». E rilancia: «La sinistra guarda alla scuola pubblica come a un luogo di indottrinamento ideologico. Bersani si rassegni: la scuola non è proprietà privata della sua parte politica».La Rete degli studenti denuncia la «cancellazione» dell’istruzione pubblica da parte del governo, «altro che riforma», Gelmini e Tremonti hanno ridotto la scuola «a un cumulo di macerie». Gli insegnanti del Gilda bollano il «comportamento inaccettabile» del premier e ricordano che la situazione è opposta: «La scuola statale è un luogo di confronto pluralistico, mentre legittimamente la scuola privata è di tendenza e trasmette convinzioni religiose, politiche e filosofiche ». Insomma, Berlusconi si rilegga «i saggi di Luigi Einaudi, che non era un comunista e difendeva il valore della scuola pubblica statale». Uniti tutti i sindacati. Secondo Domenico Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, «Berlusconi non ha né l’autorità morale né quella etica per parlare di scuola pubblica»; Giovanni Centrella, segretario dell’Ugl, ricorda «le gravi ristrettezze in cui operano i professori e le famiglie stesse». Francesco Scrima, Cisl Scuola, parla di «accuse generiche e strumentali agli insegnanti, a cui si continua a chiedere tanto e a dare troppo poco». Dure critiche da tutta l’opposizione. Nichi Vendola, nella convention di ieri a Roma, spiega così l’attacco di Berlusconi: «È stata proprio la crisi della scuola pubblica e il trionfo delle sue televisioni ad aver accompagnato l’egemonia culturale di un quindicennio». Demolirla quindi è strategico, secondo il leader di Sel: «A queste classi dirigenti serve opinione pubblica narcotizzata». Antonio Di Pietro insiste più sulla morale: «Sui valori e sull’istruzione Berlusconi non può dare lezioni, se c’è qualcuno che è stato un esempio negativo per i giovani è proprio lui». Anche Rosy Bindi è indignata sul piano morale: «Chi conclude incontri politici inneggiando alle sue indicibili abitudini notturne non è degno di pronunciare la parola famiglia», né di insegnamento, quando alla scuola ha «tagliato risorse, negato dignità agli insegnanti e impoverito i percorsi formativi». Per Italo Bocchino, Fli «sta dalla parte della scuola pubblica» nel solco di Giovanni Gentile e ricorda come alcune privare siano «un diplomicifio» o un lasciapassare per figli di ricchi.

L’Unità 28.02.11

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“L’ultimo atto di un regime autoritario. L’offensiva contro la scuola pubblica”, di Francesca Puglisi

Ora Berlusconi punta a distruggere il luogo dove si formano le coscienze, dove le menti imparano a ragionare liberamente e si sviluppa lo spirito critico. Ecco perché infanga gli insegnanti e taglia risorse e personale alle scuole dello Stato, dirottando soldi verso istituti elitari. È un regime autoritario che, anziché prendere il potere con le armi, lo afferra occupando le istituzioni. Difendere la scuola pubblica, il valore delle donne, la legalità, l’informazione libera e la Costituzione, è in realtà la medesima battaglia. È il diritto di “ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità”, come disse Calamandrei.
La pervicace e instancabile guerra di Berlusconi e dei suoi sudditi ministeriali Gelmini e Tremonti alla scuola pubblica, è la volontà precisa di chiudere il cerchio della sua azione politica: dopo aver preso possesso del 90% dei mezzi di informazione, dopo aver delegittimato in ogni modo la magistratura, dopo aver istituito un federalismo zoppo che favorirà le mafie internazionali, come già ricordava Raffaele Cantone qualche giorno fa a Napoli, ora quel che gli manca è debellare l’avversario più pericoloso: la scuola pubblica. Perché è lì che nasce il nemico di ogni dittatura, di ogni integralismo, di ogni illiberalità: il pensiero. Di recente, il presidente Oscar Luigi Scalfaro ci ha messo in guardia dal tentativo di sovversione dell’ordine democratico in atto, un tentativo che non viene fatto con i carri armati, ma con le televisioni e le leggi, entrambe asservite al potere di uno solo, mentre i cittadini sono lasciati soli, sempre più spesso in situazioni di forte disagio economico e sociale che ci riportano indietro di decenni.
Pensare dà fastidio al potere, perché, come cantava Lucio Dalla, il pensiero è come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare… e questo non lo possono sopportare i Gheddafi, i Putin, i Mubarak e i Berlusconi d’ogni sorta e colore. La scuola fornisce non solo nozioni, ma soprattutto gli strumenti di analisi per crescere cittadini consapevoli. La scuola fa crescere insieme, valorizza le differenze, tiene uniti i bambini nella convinzione che saranno loro i mattoni per costruire il futuro. La scuola è l’oceano dove nuota il libero pensiero.
Oggi quest’Italia, geograficamente e simbolicamente al confine fra l’Europa e l’Africa, è a un bivio: se sarà capace di difendere la scuola pubblica, sarà capace di avere un futuro, altrimenti sarà condannata a un eterno passato, quello dove non ci sono presidenti ma dittatori, non diritti ma concessioni, non cittadini ma sudditi. Torniamo in piazza, in un’alleanza di popolo, come abbiamo fatto il 13 febbraio. Se saremo uniti, anche la nostra opposizione politica nelle istituzioni sarà più forte. Salviamo la scuola pubblica, mandiamoli a casa.

L’Unità 28.02.11