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La Consulta: «Non siamo comunisti Difendiamo la Carta», di Marcella Ciarnelli

«Neanche sotto tortura ne dirò il nome » ma quando Ugo De Siervo, presidente della Corte Costituzionale parla di un politico che polemizza con i giudici che lui presiede definendoli «comunisti» è fin troppo facile capire che allude a Silvio Berlusconi e al grande numero di esternazioni del premier che non perde l’occasione per incolpare la Consulta di bocciare le leggi che potrebbero fargli comodo in nome di una presunta ideologia.

«Almeno undici su quindici si sa da che parte stanno» ama sottolineare il Cavaliere e sembra non porsi il problema che forse se le leggi « impugnate dai Pm» fossero fatte meglio, in toto o in parte, non incorrerebbero nell’autorevole altolà. «In questi giorni ho sentito critiche non giuste e non solo nei confronti della Corte Costituzionale» ha aggiunto De Siervo, alludendo con altrettanta evidenza all’attacco che l’altro giorno Berlusconi ha portato ai componenti dello staff del Capo dello Stato «troppo puntigliosi» nel valutare le leggi che arrivano al Colle, tralasciando nel suo stile la totale e sempre evidente capacità critica del presidente Napolitano che, dopo tanti anni alla guida delle più diverse e autorevoli istituzioni, può avere necessità di supporti tecnici e di confronto prima di decidere. Ha parlato della Costituzione che «va oltre gli interessi di bottega» ed è «viva e vitale e che si continua ad applicare e verrà applicata rispettosamentea tutti. Noi nondiamocommenti politici. Siamo giudici e non politici ». Ha anche parlato di una «campagna di disinformazione sulle attività della Consulta» che è invece «un organo assolutamente indipendente». «La nostra Costituzione è a livello internazionale considerata una delle migliori del Novecento, modello per molti paesi democratici» ha ricordato De Siervo. «La fedeltà sostanziale alla Costituzione spetta a tutti i soggetti istituzionali e privati di ogni appartenenza culturale o politica.

Alla Consulta tocca il compito più oscuro di intervenire nei casi, prescritti dalla Costituzione, in cui vi sia un dubbio oun sospetto di violazione dei principi costituzionali da parte di un soggetto che abbia responsabilità istituzionali ». «La Corte non è esente da errori o fraintendimenti ed il diritto di critica ci stimola ed è opportuno».Mac’è un limite a tutto. Non è la prima volta che il presidente della Consulta esprime il suo disagio davanti ad attacchi tanto ingiustificati quanto sconsiderati. Nel corso dell’annuale conferenza stampa, una ventina di giorni fa, aveva affermato che «è denigratorio per la Corte e gravemente offensivo sostenere che i giudici operino sulla base di asserite appartenenze politiche». Evidentemente non è bastato.

L’Unità 02.03.11