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Un altro taglio alla ricerca italiana salta l´avamposto nella Silicon Valley", di Federico Rampini

Per l´Italia da oggi ufficialmente la Silicon Valley non esiste più. Scaduto il mandato per l´addetto scientifico uscente, presso il consolato italiano di San Francisco, questo incarico non sarà affidato ad altri. Fra i tanti tagli di bilancio che colpiscono la ricerca scientifica in Italia, questo potrebbe passare inosservato. Ma che la ritirata dalla Silicon Valley sia un autogol per l´intero sistema Italia, lo dimostra il contrasto stridente con le strategie di tutti gli altri paesi europei. Mentre l´Italia elimina l´unico addetto scientifico (che doveva coprire da solo un´area vastissima della West Coast, compresa Seattle nello Stato di Washington, sede di Microsoft, Boeing, Amazon), la Francia ha una struttura apposita, parallela al suo Consolato di San Francisco e direttamente collegata all´ambasciata di Washington, chiamata Service Scientifique. Organico: quattro esperti di scienza, tecnologia, informatica, al servizio delle imprese francesi. Il Regno Unito ha una struttura analoga chiamata Science and Innovation, con due esperti distaccati da Londra in permanenza per coprire la Silicon Valley. Perfino più intensi sono gli sforzi dispiegati da paesi molto più piccoli del nostro. L´Olanda ha tre attaché presso il Netherlands Office for Science and Technology di San Francisco. Il record assoluto va alla Svizzera: una task force di 13 esperti lavora presso la struttura Swissnex. Un´esagerazione? Uno spreco di risorse del contribuente? Ma tutta l´industria elvetica ne ricava un supporto prezioso, che vale la spesa: la Svizzera tra l´altro è sede di multinazionali farmaceutiche e la Silicon Valley è un laboratorio all´avanguardia anche nella biogenetica con il gruppo Genentech e altri vivai d´imprese innovative. E se il record svizzero è ineguagliabile, impressiona anche la struttura Innovation Norway che impiega quattro esperti norvegesi a tempo pieno. Spagna, Austria, Finlandia, Repubblica Ceca, Irlanda: perfino paesi dalle finanze pubbliche ben più precarie del nostro, non rinunciano ad avere una presenza specializzata di attaché scientifici nella Silicon Valley, per non essere tagliati fuori dal prossimo ciclo di innovazioni. Che non sono necessariamente concentrate nel mondo di Internet e dell´informatica. Perché a fare notizia quotidianamente dalla Silicon Valley sono le gesta di Steve Jobs e del suo iPad, i progetti di Google nel mondo dell´informazione, l´impatto mondiale di Facebook e Twitter protagonisti delle rivoluzioni democratiche nel mondo arabo. Ma la Silicon Valley è molto di più: è all´avanguardia nei settori più disparati come l´auto elettrica con Tesla (l´unica azienda americana che è riuscita ad attirare come azionisti i giapponesi della Toyota); perfino le tecnologie cinematografiche con Pixar e Lucas Film. Non a caso è un aggregato di poli universitari che attirano un flusso continuo di cervelli dall´Italia. E il talento italiano vi è ben rappresentato. Di recente Barack Obama ha consegnato una medaglia presidenziale a Federico Faggin, l´inventore del primo micro-chip brevettato dalla Intel. Il boom della biogenetica porta anche la firma di Roberto Crea, l´inventore dell´insulina artificiale e uno dei pionieri del gruppo Genentech. Proprio perché il flusso di scambi tra Silicon Valley e l´Italia è stato a senso unico (una fuga dei nostri cervelli), e poiché non abbiamo multinazionali come quelle svizzere tedesche francesi che possono permettersi strutture proprie in loco, l´addetto scientifico poteva offrire un servizio pubblico al sistema delle imprese italiane. Invece con la scadenza del mandato di Terenzio Scapolla, rientrato al suo posto di docente universitario a Pavia, il governo italiano ha deciso che non lo sostituirà. Risparmi? Tutti gli altri governi europei sono alle prese con l´austerità, evidentemente con priorità diverse. Una soluzione inoltre è quella di assumere personale straniero: i consolati inglese e svizzero usano da tempo i contratti di lavoro locali per contenere la spesa.

La Repubblica 06.03.11