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"Le donne tra maternità e lavoro: tutti i numeri del ritardo italiano", di Luigi Offeddu

In coda a tutti i Paesi dell’Unione europea: l’occupazione diminuisce dopo il primo figlio, crolla dopo il secondo. Ma l’Italia è all’ultimo posto anche se non ci sono bambini. Donne tra famiglia e lavoro: i numeri del ritardo italiano. Li indica Eurostat in vista dell’ 8 marzo. Uno studio della Bocconi conferma l’importanza dei nonni.
Perfino nell’Europa del 2011, sembra che alla condizione di donna si accompagni un danno oggettivo, un’oggettiva difficoltà di vivere. Questo dicono i dati che l’Eurostat, l’istituto incaricato di tradurre in cifre la nostra vita, ha scodellato in vista dell’ 8 marzo, festa mondiale delle donne: in tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea, il tasso di occupazione femminile diminuisce con l’aumentare del numero dei figli, mentre per gli uomini accade il contrario. Il caso Italia La famiglia con i suoi carichi è dunque un fattore penalizzante per il lavoro femminile, e questo lo si sapeva da sempre. Come si sapeva che la penalizzazione si allevia, quanto più la madre può contare su asili nido o altre strutture pubbliche di assistenza: meno asili a disposizione, meno madri in grado di conservare il loro impiego. Ma è il secondo dato, quello che più colpisce: i due Paesi, su tutti, in cui alle donne fra i 25 e i 54 anni con figli è più difficile lavorare, sono Malta e l’Italia. Per confermarlo, la statistica seziona impietosamente le diverse tipologie familiari. Ecco qualche esempio al volo: donne senza figli, media Ue 75,8 per cento di occupazione; Germania 81,8, Finlandia 83,2, e via via tutti gli altri Paesi; fanalini di coda l’Italia (63,9), e Malta (56,6). Madri con un figlio: media Ue 71, 3; Francia 78; Gran Bretagna 75, Grecia 61,3, Italia 59 e Malta 45,7. Madri con 2 figli: media Ue 69,2, Belgio 77,2, Francia 78, Slovenia 89, 1, Finlandia 83,3, e così via; ultime in fondo all’elenco: Italia 54,1, e Malta, 37,4. Panorama ribadito dalla colonna dedicata alle madri con 3 figli o più: media Ue 54,7, Belgio 61, 7, Olanda 71,3; e l’Italia? Un tuffo all’in giù: in questa categoria, risulta infatti occupato solo il 41,3%delle donne (ancora una volta, superate in peggio soltanto dalle maltesi: 29,6%). Se poi si allarga la visione a tutta l’occupazione femminile, il quadro generale è altrettanto grigio: ovunque la donna lavora meno dell’uomo, e in tutta la zona Euro l’occupazione femminile è calata in media dello 0,6%dal 1999 al 2009, ma in Italia è calata ancor di più: -1,2%. Non solo. Esiste anche un’altra statistica, che prende in considerazione il cosiddetto tasso di inattività economica: persone che neppure cercano un’occupazione, gente al di fuori del mercato del lavoro. Nel 2009, nella Ue, erano in questa condizione 8,7 milioni di uomini e 23,4 milioni di donne, rispettivamente l’ 8,2%e il 22,1%del totale. Ma anche qui, grandi differenze: per le donne, il tasso di inattività era bloccato al 13%in Svezia o in Danimarca, ma balzava al 35,5%in Italia, e al 51,1%a Malta. Un altro piazzamento in coda all’Europa. Frutti avvelenati dei vecchi pregiudizi, «la donna deve pensare ai figli» e via dicendo? Non sembra: in Spagna, uno dei Paesi più tradizionalisti, si è dimezzato in 30 anni il numero di coloro che nei sondaggi ritengono giusta questa affermazione. Più probabilmente, concordano gli esperti di Bruxelles, la crisi iniziata nel 2008 ha colpito di più le fasce più deboli: piove sul bagnato, insomma. La tendenza C’è anche qualche sorpresa, nella fotografia scattata dall’Eurostat: se è vero che la presenza dei figli tira ovunque verso il basso gli indici dell’occupazione femminile, in alcune nazioni — Olanda, Finlandia, Ungheria— la tendenza sembra invertirsi quando al primo figlio ne segue un secondo, o un terzo; l’ipotesi è che la giovane madre, dopo il primo anno di crisi, riesca a riassestarsi forse anche con l’aiuto di nonne o di zie, e superi poi il secondo parto molto più pronta ad affrontare gli stress del ritorno al lavoro. Ma vi sono anche nazioni, come il Belgio o la Slovenia — note per i buoni e numerosi asili nido — dove il tasso di occupazione femminile resta invariato anche con uno o due bambini in casa, e comincia a calare soltanto dopo il terzo figlio. Quanto agli uomini con famiglia, il loro è un percorso esattamente contrario: più sono i figli a carico (almeno fino a due), più cresce il tasso di occupazione. Gli esperti non offrono in questo caso una spiegazione, si limitano ad allineare le cifre: uomo con un figlio, media Ue 87,4%(Italia 88%); uomo con due figli, media Ue 90,6 (Italia 91,1); uomo con tre o più figli, media Ue 85,4 (Italia 87,7). Ancora una volta l’Europa declinata al maschile sembra offrire una vita più facile, o meno faticosa.

Il Corriere della Sera 07.03.11