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"Lega sull’orlo di una crisi di nervi. E Bossi teme di perdere il controllo", di Andrea Carugati

Doveva essere soprattutto la festa per il federalismo municipale approvato, quella di sabato sera a Bergamo, cena “di gala” per 2mila militanti leghisti a base di arrosto e polenta. E invece no. Solo una frasetta di Bossi e una piccata replica di Calderoli, super tecnica e incomprensibile ai più, a una troupe di Annozero che girava per la sala facendo domande “impertinenti” sull’aumento delle tasse comunali.
Il “succo” della serata, invece, è stato il continuo riferimento dei big ai rapporti interni al movimento, con Maroni e Calderoli a premiarsi reciprocamente sul palco con medagliette d’oro, sorrisi di circostanza, «sfatiamo il mito sui nostri litigi», e Bossi a sgolarsi che «noi siamo amici, nella Lega non si viene per fare carriera, se uno ambisce troppo al potere io lo mando via» e avanti così, tra il sorriso e la minaccia.E ancora:
«I giornali scrivono che Bobo mi vuole accoltellare, ma io non li leggo». E in riferimento ai file di Wikileaks che parlavano di Giancarlo Giorgetti come successore del Capo: «Ma se quello non è capace neppure di comandare in casa sua!». E via con l’Amarcord, gli aneddoti strappa-applausi,Maroni e l’Umberto ventenni che vanno di notte a fare le scritte sui muri e la mamma del futuro ministro dell’Interno che al mattino lo ammonisce: «Basta nottate con quel Bossi!». Scarsi, invece, i riferimenti al presente. Prudenza, imbarazzo. Per la situazione del governo, certo. Ma anche perché la Lega sembra un vulcano pronto a esplodere. Come dimostra la tavolata d’onore,
con i nomi dei big sul foglietti, ma mancano quelli di Rosy Mauro e di Reguzzoni, che sono il cuore del “cerchio magico” attorno a Bossi, e che si presentano all’improvviso. Aggiungi un posto a tavola.
PATTO MARONI-CALDEROLI
Un vulcano fatto di correnti e rivalità personali, di quarantenni che scalpitano per emergere (Giorgetti contro Reguzzoni, entrambi varesini, tanto per fare un esempio), che Bossi riesce a contenere con sempre maggiori difficoltà. Nonostante le divergenze sul futuro del governo Berlusconi, Maroni e Calderoli hanno sancito una tregua, che la festa di sabato sera ha suggellato. Frutto dell’accordo sarà, ad aprile, la nomina a capogruppo alla Camera di Giacomo Stucchi, potente capo del Carroccio bergamasco, amico di entrambi e soprattutto considerato molto più autonomo di Reguzzoni rispetto a Berlusconi e al Pdl. Lo dimostra il fatto che, nella sua provincia, la Lega governa in 42 Comuni senza Pdl. Uno stile che Stucchi intende portare anche a Montecitorio. Il che non vuol dire staccare la spina al Cavaliere. Per il momento anche l’ala vicina a Maroni si è acconciata all’idea di andare avanti con questo governo almeno fino al 2012. Ma il senso della nomina di Stucchi è sganciare la Lega dall’abbraccio col Cavaliere. E rasserenare il clima nel gruppo che, spiega un deputato, «sta per esplodere contro Reguzzoni».
LOW PROFILE SUL RIMPASTO
Quanto al rimpasto di governo, il percorso sembra chiaro: Reguzzoni dovrebbe fare il viceministro allo Sviluppo, al posto del finiano Urso, mentre il piemontese Sebastiano Fogliato andrà come sottosegretario all’Agricoltura.
L’obiettivo di questo low profile leghista è sbarrare la strada al siciliano Saverio Romano alla guida del ministero dell’Agricoltura. «Piuttosto che un meridionale preferiamo Galan», spiega un dirigente del Carroccio.
La morigeratezza leghista sul governo serve anche a spianare la strada delle nomine. I nomi in campo sono
Gianfranco Tosi (vicino a Maroni e Giorgetti) per la presidenza di Enel, Giuseppe Orsi per la carica di ad di
Finmeccanica e Danilo Broggi (oggi al vertice della Consip) per le Poste.
La Lega conta di portarne a casa almeno due su tre. C’è poi il delicato capito amministrative. Sabato Maroni ha lanciato un avvertimento («È la Lega che decide se andare da sola»), oggi il Consiglio federale riunito in via Bellerio dovrà dire l’ultima parola. Assai
probabile una corsa in solitaria al Comune di Varese (con l’uscente Attilio Fontana che si ricandida). Stesso
schema a Rimini e Ravenna, visto che la Lega romagnola vuole «fare del primo turno una “primaria” col Pdl».Ma la base preme per l’autonomia anche nelle province di Pavia e di Mantova, e in Comuni come Rho, Desio (dove Berlusconi vorrebbe candidare Renato Farina) e Treviglio. A Milano, derby leghista per la poltrona di vicesindaco tra Matteo Salvini (area Maroni) e Davide Boni (cerchio magico).

L’Unità 07.03.11