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«Lo schiaffo di Cialente», di Mariantonietta Colimberti

A due anni dal terremoto, il capoluogo abruzzese senza pace anche dal punto di vista politico.

Potrebbe diventare L’Aquila l’ultima frontiera, soprattutto simbolica, del Partito democratico. Ancor più di Napoli, che in molti danno ormai per persa, e di Milano, dove la par condicio delle disavventure abitative parentali del sindaco Moratti e dello sfidante Pisapia non appare comunque decisiva. Perché il capoluogo abruzzese, teatro dello show mediatico più imponente che terremoto ricordi, è l’ultimo avamposto del centrosinistra nella regione.
L’alleanza guidata dal Pd prima ha perso il governatore, a causa della vicenda giudiziaria che ha travolto Ottaviano Del Turco, poi la provincia, indicata un anno fa da Berlusconi come obiettivo prioritario. Per conquistarla, il premier scatenò contro la nota ed apprezzata Stefania Pezzopane l’artiglieria pesante: via Quagliariello-Piccone riuscì a installare sulla poltrona di presidente Antonio Del Corvo, oscuro alle telecamere (di lui si ricorda una partecipazione quasi muta a Otto e mezzo), ma non agli elettori della Marsica, terrorizzati dallo spauracchio agitato dalla destra sui privilegi che una riconferma della presidente uscente avrebbe assicurato all’Aquila.
Ora potrebbe essere la volta di Massimo Cialente. Il sindaco, sotto i riflettori e sotto pressioni di ogni tipo dal 6 aprile del 2009, questa volta si è arrabbiato davvero. Dopo la mancanza di maggioranza qualificata in una seduta del consiglio che doveva decidere sulle aziende partecipate, si è alzato e ha sbattuto la porta con un discorso duro, nei confronti del governo, dei consiglieri, ma anche del Pd, partito al quale aveva aderito nell’estate del 2009, con una lettera all’allora candidato alle primarie Pier Luigi Bersani: «Io non ho un partito» ha detto, chiedendo a tutti «di fare pressioni» sui rispettivi segretari perché si possa andare a votare il 15 maggio evitando alla città il commissariamento di un anno.
Il gesto di Cialente, che ieri ha formalizzato le dimissioni, ha avuto l’effetto di una scossa forse salutare, almeno in casa sua: venti consiglieri democratici hanno sottoscritto un documento in cui riconoscono «la solitudine istituzionale» in cui il sindaco si è venuto a trovare e l’esistenza di «un gioco geopolitico regionale e provinciale » per mantenere L’Aquila in una situazione di sofferenza e assicurano la compattezza e la determinazione della maggioranza.
«Il sindaco si è assunto delle responsabilità che vanno ben oltre le sue – spiega a Europa Stefania Pezzopane, ora assessore comunale al welfare con molte deleghe, tra cui l’assistenza alla popolazione – ma il comune è senza bilancio perché il governo nicchia anche sui trasferimenti ordinari. Il comune ha anticipato 25 milioni di euro per l’autonoma sistemazione, i fondi per la ricostruzione sono tutti in mano alla struttura commissariale (il presidente della regione Chiodi e il sub-commissario Cicchetti, ndr), che centellina anche i soldi per i puntellamenti. Abbiamo le mani legate». E le accuse di Cialente al Pd? «All’inizio abbiamo affrontato l’emergenza nell’abbandono generale, mentre Berlusconi era sempre all’Aquila. Poi Bersani ha recuperato molto; grazie all’impegno di Franceschini e della Finocchiaro i gruppi parlamentari del partito hanno destinato al nostro comune i 20 milioni delle leggi-mancia: è stato un grande gesto. È importante che a tutti i livelli ci si renda conto che qui c’è la politica nazionale e che il Pdl sta cercando di mettere le mani sulla città».
Cialente ha venti giorni per ripensarci. Ieri ha tenuto il cellulare staccato. Venerdì un’assemblea di partito alla quale andranno anche i consiglieri gli chiederà ufficialmente di restare, la sua città ha ancora bisogno di lui.

da www.europaquotidiano.it

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“Cialente si dimette: «Il parafulmine ora se ne va»”, di Jolanda Bufalini

L’ex sindaco dell’Aquila La maggioranza gli chiede di restare, ma non vuole tornare indietro. «Lasciato solo» «Fingono di sostenermi, sono in campagna elettorale da subito dopo il sisma».

Il casus belli la mancanza del numerolegale sul riordino dellemunicipalizzate.
Paradosso l’Aquila: «Qui è tutto fermo, ci sono gli operai delle imprese edili in cassintegrazione». Bilancio a rischio dissesto per colpa del governo.

Massimo Cialente è a casa, sistema i libri ammonticchiati, si preoccupa dell’intonaco che cede. Il sindaco de L’Aquila è rientrato nella sua vecchia abitazione, quella di prima del sisma, da poco: «Me lo avevano detto gli operai che l’intonaco non si fa d’inverno, ma avevo fretta». Si dice tranquillo, «sono in pace con me stesso».
Probabilmente si dovrebbe dire ex sindaco, perché Cialente ha rassegnato le dimissioni. Anche se c’è un documento di maggioranza che gli chiede di ripensarci: «Noi ti sosteniamo», scrivono. Ma lui, per ora, non sembra avere intenzione di tornare indietro. «Se ne va il parafulmine», dice. Anche se la situazione appare paradossale: Cialente si è dimesso alcuni mesi fa da sub-commissario alla ricostruzione proprio per sostenere la necessità che i poteri tornassero agli organi cittadini democraticamente eletti. È stata una mossa importante, che gli ha dato molti consensi, nella classifica del Sole 24 ore lo score era del+otto per cento. Ma ora? Il sindaco è andato dal ministro Maroni a chiedere che L’Aquila rientri nella tornata elettorale del 15 maggio. Il ministro ha risposto che è impossibile, non c’è tempo. Il rischio concreto è dunquequello di una nuova gestione commissariale.
Maper oranon bastano le rassicurazioni arrivate dal documento di maggioranza. Cialente nelle ultime ore si è tolto parecchi sassolini dalle scarpe: «Sono stato lasciato solo, nessuno ha prese le mie difese in scontri mortali». Pesantissimo nel dire: «Fingono di sostenermi ma sono in campagna elettorale dal giorno dopo il sisma». Ricorda quando, nell’estate del 2009 propose un «governo di guerra», con tutti, visto che «i tempi sono di guerra», non c’è stato «nulla da fare», tutti in campagna elettorale. E denuncia: «Telefono a un consigliere di maggioranza per chiedergli di venire a votare e mi risponde “non vengo e sai perché”».
Piccoli interessi a fronte della paralisi dell’amministrazione che dovrebbe governare la grande crisi del dopo terremoto. Cialente non lo dice ma quando parla di solitudine pensa anche al suo partito, il Pd, troppo impegnato nelle battaglie interne anche a dell’Aquila, capoluogo di 70.000 abitanti con 40.000 persone fuori casa, costrette a vivere assistite dallo Stato.
Il casus belli è stata la mancanza del numero legale sul riordino delle aziende municipali. «Quello che mi scoccia – dice lui – è che ne va di mezzo il destino di 450 lavoratori». Ma il vero grande problema, continua, è che «è tutto fermo». Non ci sono i soldi per la ricostruzione: «Tutto bloccato, qui ci sono gli operai delle imprese edili in cassa integrazione». Pazzesco, dovrebbe essere l’unico settore economico che tira, in una città tutta da ricostruire.
Così come c’è il rischio concreto che il comunedell’Aquila vada in dissesto finanziario, il bilancio deve essere approvato entro il 31 marzo e mancano 32 milioni che il comune ha anticipato e che il governo dovrebbe trasferire, ma Tremonti continua a nicchiare.
Giuseppe Bernardi è un consigliere di “Sinistra per l’Abruzzo” (filiazione di Sinistra democratica). È uscito l’estate scorsa dalla maggioranza ma rivendica la propria correttezza: «Con Rifondazione non usciamo dall’Aula, non facciamo mancare il numero legale, come fanno i consiglieri di maggioranza». E, «se per evitare il commissariamento Cialante deciderà di restare, bisogna che ci sia uncambio di marcia». Massimo, sostiene Bernardi, è «in parte vittima di se stesso, perché ha pensato di poter governare con maggioranze variabili, affidando per esempio la presidenza della commissione più importante, quella del bilancio, a un personaggio proveniente dal Pdl». Bernardi fa l’esempio di 70 metri di strada sterrata che costringe le persone sfollate in due frazioni, Pianola e Roio, a fare 30 chilometri in più. Oppure la situazione in cui si trovano gli abitanti del Progetto Case e dei Map: «Mancano servizi e trasporti ma per darli bisogna reperire fondi, eppure non si è riusciti a dare attuazione a una delibera che chiede a chi viveva, prima del sisma, in affitto, una piccola quota di pigione».

da l’Unità