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Scuola: Franceschini, ministro Gelmini difende solo Berlusconi, non quella pubblica

Per questo sabato il Pd sarà in piazza insieme all’Italia che vuole cambiare pagina. “Il ministro Gelmini, rispondendo oggi alla nostra interrogazione, ancora una volta ha superato se stessa nel suo dovere istituzionale di difendere sempre e comunque il Presidente del Consiglio, qualsiasi cosa dica o faccia. Le frasi intollerabili di Berlusconi contro la scuola pubblica, insieme agli otto miliardi e mezzo di tagli, dimostrano quale sia l’idea del governo del settore sul quale noi dovremmo investire di più, per rispetto dei nostri ragazzi e, soprattutto, per investire sull’unica risorsa che l’Italia ha per reggere nel mondo globale, cioè i cervelli, l’intelligenza, la creatività. Per questo, dopo la manifestazione delle donne del 13 febbraio, le piazze torneranno a riempirsi sabato prossimo per difendere insieme la scuola e la Costituzione, che sono due facce della stessa medaglia, due aspetti della stessa battaglia civile. Quelle piazze dimostreranno che vi è un’Italia che ha voglia di voltare pagina”.

Lo ha detto alla Camera durante il question time il presidente dei Deputati Democratici, Dario Franceschini

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Di seguito il testo dell’interrogazione

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01500
presentata da
FRANCESCHINI, GHIZZONI, MARAN, VENTURA, VILLECCO CALIPARI, AMICI, BOCCIA, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO, BACHELET, COSCIA, DE BIASI, DE PASQUALE, DE TORRE, LEVI, LOLLI, MAZZARELLA, MELANDRI, NICOLAIS, PES, ROSSA, ANTONINO RUSSO e SIRAGUSA. –
Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
– Per sapere – premesso che:

il Presidente del Consiglio dei ministri, in occasione del recente congresso dei Cattolici riformisti, ha affermato, citando il programma elettorale nel 1994 (a suo dire valido ancora oggi) che: «Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli, educandoli nell’ambito della loro famiglia»;

di fronte all’ondata di critiche il Presidente del Consiglio dei ministri è corso ai ripari, dichiarando di essere stato frainteso e il Ministro interrogato si è sentito in dovere di precisare e di interpretare le parole del Presidente del Consiglio dei ministri, affermando che: «Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del Premier un attacco alla scuola pubblica è figlio della erronea contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria». «Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere sia statale, sia paritaria. In entrambi i casi è un’istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini»;

l’Esecutivo, come abitudine ormai frequente, può anche reinterpretare e giustificare le parole del proprio Presidente del Consiglio dei ministri, ma i dati sui tagli alla scuola statale inflitti dal Governo, di fatto, dimostrano chiaramente la volontà di indebolirne la funzione: infatti, l’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha disposto una draconiana decurtazione di poco meno di 8 miliardi di euro in tre anni, pari alla cancellazione di posti di personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario (ata) pari a 42.105 cattedre e 15.167 posti di ata nell’anno scolastico 2009/10, a cui si aggiungono, nell’anno scolastico 2010/11, 25.560 posti di docenti e 15.167 ata e dal prossimo settembre 2011 oltre 34 mila posti, di cui circa 19.700 del personale docente e 15 mila ata;

le richiamate dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, per un verso, appaiono agli interroganti come un rozzo tentativo per recuperare credibilità nei confronti di alcuni ambienti, dall’altro denotano un approccio del tutto distorto riguardo al ruolo della scuola e delle stesse famiglie, che in nessun caso, né l’una, né le altre possono essere ridotte ad agenzie finalizzate a «inculcare» valori, anziché rispettivamente a istruire ed educare;

non sembra accettabile un giudizio così ideologicamente sommario e superficiale, che evidenzia un disprezzo per il lavoro e per l’impegno di centinaia di migliaia di docenti e personale scolastico, che quotidianamente svolgono con passione e grande professionalità la difficile funzione educativa e si fanno carico di rendere realmente esigibile il diritto allo studio previsto dalla Costituzione, pur nelle difficoltà crescenti determinate da una politica governativa che nega il valore del sapere e la sua funzione sociale e democratica -:

sulla base di quali elementi si possano esprimere giudizi tanto screditanti per la scuola statale e per l’operato del personale scolastico ivi impegnato. (3-01500)

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L’On Caterina Pes illustra l’interrogazione

Signor Presidente, signor Ministro, la nostra interrogazione prende spunto dalle dichiarazioni rese qualche giorno fa dal Presidente del Consiglio, che ha affermato che in qualche modo si vuole dare ai cittadini italiani la libertà di poter educare i loro figli liberamente e non costringerli a mandarli nelle scuole dello Stato, dove si inculcano principi che evidentemente non garantiscono la libertà dell’individuo. A noi non sembra accettabile questo giudizio perché evidentemente è sommario e colpisce anche il lavoro onesto e faticoso di molti insegnanti che in questo periodo comunque, nonostante i tagli che la scuola ha subito, lavorano a lungo e faticosamente per questo.

PRESIDENTE. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini, ha facoltà di rispondere.

MARIASTELLA GELMINI, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, pensare che ci sia da parte del Governo un attacco alla scuola pubblica può essere un pretesto per le opposizioni per scendere in piazza, ma non è certamente un motivo fondato (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché da parte di questo Governo non c’è e non c’è mai stato alcun attacco alla scuola, che in ogni caso resta sempre pubblica, sia quando è statale, sia quando è paritaria. Ogni polemica su questo tema è oggi un nonsenso, oltre che pura ideologia. La scuola non è né di destra né di sinistra è un’infrastruttura del sapere che va migliorata nella sua qualità e, come accade in ogni Paese, anche in Italia dovrebbe essere frutto di un confronto pacato e costruttivo fra maggioranza ed opposizione.
Il Governo Berlusconi ha avviato un cambiamento ambizioso che rovescia i vecchi paradigmi. Siamo tornati a scommettere sulle persone, studenti e insegnanti, e sulle loro competenze, rimettendo al centro il ruolo del capitale umano. Abbiamo ridisegnato la scuola elementare puntando su qualità e merito, introducendo metodi di valutazione standard a cui l’Europa ci richiama. Abbiamo altresì stabilito nuovi criteri per l’accesso all’insegnamento, riformato i licei, rilanciato l’istruzione tecnica e professionale.
Su questi temi e non su polemiche sterili e pretestuose vorremmo un confronto serio e costruttivo con tutte le forze presenti in Parlamento. Credo che non abbia senso dividere la scuola tra opposte tifoserie. La scuola – lo ribadisco – è sempre pubblica in ogni caso. Ciò che va garantito – ed era il senso delle parole del Presidente Berlusconi – è la libertà di scelta in capo ai genitori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. L’onorevole Franceschini ha facoltà di replicare.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, signor Ministro, siamo totalmente insoddisfatti. Ancora una volta lei ha superato se stessa nel suo dovere istituzionale di difendere sempre e comunque il Presidente del Consiglio, qualsiasi cosa dica e qualsiasi cosa faccia. Sono anni che Berlusconi dice una cosa davanti ai registratori e poi la smentisce. Non ha mancato di ripetere anche in questa occasione lo stesso copione. Quella frase sugli insegnanti che inculcano è stata poi rettificata da una smentita peggiorativa, in cui ha detto che denunciava l’influenza deleteria che nella scuola pubblica hanno avuto ed hanno ancora oggi culture politiche, ideologie ed interpretazioni della storia che non rispettano la verità. Qui c’è scritto tutto.
Vorrebbe essere lui a stabilire qual è la verità, e quindi a stabilire quali sono gli insegnanti che rispettano la sua verità e quelli che, invece, la alterano. Del resto, oltre a queste parole, vi sono gli otto miliardi e mezzo di tagli, che avevate detto che non avrebbero influito sulla vita delle famiglie nel sistema della formazione.
Oggi lo vedono gli allievi, gli studenti e gli insegnanti: le classi sovraffollate, le scuole che cadono a pezzi, non vi sono più gli insegnanti di sostegno. Quando manca un insegnante, non vi sono più supplenti, ma quattro o cinque classi vengono messe nella stessa palestra. Tutto questo, evidentemente, è inaccettabile ed è la prova, ben più di quelle gravissime parole, dell’idea che avete del settore sul quale noi dovremmo investire di più per rispetto dei nostri ragazzi e, soprattutto, per investire sull’unica risorsa che l’Italia ha per reggere nel mondo globale, cioè i cervelli, l’intelligenza, la creatività.
È per questo che, dopo la manifestazione delle donne del 13 febbraio, le piazze torneranno a riempirsi sabato prossimo per difendere insieme la scuola e la Costituzione, che sono due facce della stessa medaglia, due aspetti della stessa battaglia civile. Quelle piazze dimostreranno che vi è un’Italia che ha voglia di voltare pagina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

da www.camera.it