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«Cultura, la scure non si ferma mai. Nuovi tagli saliti a 77 milioni», di Stefano Miliani

Togli il pane a chi è affamato e quello muore. La vittima stavolta ha il corpo della cultura e dello spettacolo. Già la Finanziaria ha “congelato” 27 milioni di euro al Fondo unico dello spettacolo ridotto ad appena 258 milioni per il 2011. Poi viene fuori che il ministero per i Beni culturali, indifeso da Bondi, perde altri 50 milioni (arrivando a 77) quando già le risorse sono peggio che al lumicino. Tanto che archeologi, storici dell’arte e quant’altri non hanno soldi per fare le ispezioni nel territorio, ovvero verificare come stanno scavi, urgenze ed emergenze. Un buon modo per distruggere in silenzio l’arte.

Da via del Collegio Romano alzano le braccia, invocano ripensamenti, parlano di “amara sorpresa”. Qualcuno lo dirà in buona fede, dal titolare e i suoi fedeli però tante chiacchiere a vuoto sono inaccettabili quanto i tagli stessi. Bondi spera che il suo successore (a breve), sappia «rimediare e invertire la situazione», il mondo dello spettacolo si ribella.

Gli altri 50 milioni mancanti li rivela la Uil beni culturali: come per gli altri 27, non ci saranno perché l’asta sulle frequenze per le telecomunicazioni ha dato risultati diversi da quelli attesi e una norma nella Legge di stabilità ha provveduto a tagliare. Per il sindacato significa «la paralisi operativa di tutta l’attività istituzionale del ministero beni culturali».

Il sottosegretario Francesco Giro deve ammettere: con i tagli è in crisi l’intero settore. Per il Fus ricorda che, rispetto alle vecchie risorse, la musica è scesa da 56 a 35 milioni, la lirica da 196 a 122, la danza da 9 a 5, il teatro da 67 a 42, il cinema da 76 a 47. E oggi queste cifre saranno essere ulteriormente tagliate del 10%.

Le voci credibili si levano dalla cultura. Nel cinema Virzì, Silvio Orlando al movimento dei 100Autori invocano una reazione forte, tanto più che Cinecittà Luce rischia concretamente di chiudere. Il direttore d’orchestra di Santa Cecilia Pappano definisce il taglio come frutto di «ignoranza totale. Erano state fatte molte promesse all’Accademia di Santa Cecilia e a tutta la musica italiana: è scandaloso il modo in cui il provvedimento sui tagli è andato avanti». E il presidente dell’Accademia sinfonica romana Bruno Cagli annuncia che lunedì si dimetterà. Il Pd parla di «metodo Marchionne», denuncia il «massacro» della cultura e ribadisce: Bondi se ne vada.

Protestano le associazioni di settore: dall’Anac, a Federculture, Federcultura, Arci, Movem09, a Legacoop. E l’Agis, che non è un movimento ma associazione istituzionale, comunica che non parteciperà più alle attività consultive del Ministero dei beni culturali. Bloccando un punto decisivo: dovrebbe infatti essere la Commissione spettacolo (organo consultivo) a indicare la ripartizione tra i vari settori del Fus. La settimana scorsa la Commissione non si è riunita per protestare contro i tagli al Fus precedente. Ora può andare a casa? Dietro lacrime di coccodrillo di esponenti delle forze di maggioranza, la verità è che lo smantellamento della cultura, dalla musica alle arti, per non dire della scuola e dell’istruzione, procede pezzo per pezzo.

da www.unita.it

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«Tagli. Bondi fa la vittima», di Ste. Mi

Il Governo ha già massacrato il Fondo unico per lo spettacolo riducendolo per questo 2011 ad appena 258 milioni di euro. Non bastava. Alcuni commi della Finanziaria hanno “congelato” altri 27 milioni. E il bello è la reazione del ministero per i beni culturali: fa la vittima. “Un’amara sorpresa”, scrive il dicastero. Come se la latitanza del ministro Bondi dall’incarico e dalla sede del Collegio Romano, dove non si fa vedere da due mesi, non avesse effetti. Ma forse il commento ministeriale serve al coordinatore del Pdl: se lascia la carica ministeriale, come tutto lascia presagire, dirà d’aver mollato per dignità. Magari vestendo perfino i panni del paladino della cultura che non ha mai difeso.

Il congelamento avviene perché, informano le agenzie, gli introiti dalla vendita di frequenze del digitale terrestre alle compagnie telefoniche non sono stati esattamente quelli preventivati. Il comunicato del dicastero merita di essere ripreso testualmente: «Nelle pieghe della legge di stabilità per il 2011 si annida un’amara sorpresa che lascia sgomenti e interdetti: per effetto di alcuni commi che rinviano a provvedimenti del ministero dell’Economia riguardo eventuali scostamenti dagli introiti preventivati dalla vendita delle frequenze radioelettriche, sono stati congelati ulteriori 27 milioni di euro del Fus, già ridotto quest’anno a poco meno di 260 milioni di euro». Strazia il cuore leggere questa nota. «Risorse che comunque – continuano dai Beni culturali – non potranno essere utilizzate sino a fine anno, anche qualora la vendita delle frequenze avesse buon esito, e che quindi di fatto non potranno essere utilmente ripartite fra le diverse voci del Fus». In altre parole: un taglio per di più inutile. Vibrante è l’affondo finale: «Si tratta di un altro colpo alle risorse destinate alla cultura, che è difficile da spiegare e ancor più da accettare». Certi che Bondi non accetterà questo taglio, forse coglierà l’occasione per dimettersi.

da www.unita.it

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“Fondo dello spettacolo, decurtati altri 27 milioni”, di Mario Sensini

Al ministero dei Beni culturali la definiscono «un’amara sorpresa, che lascia sgomenti ed interdetti» . Certo, l’ennesimo taglio al Fondo unico per lo Spettacolo, sistematicamente decimato dalle ultime Leggi finanziarie, fin quasi a essere dimezzato rispetto agli anni d’oro, non è una bella notizia. Peccato che la cosa era nell’aria da tempo, per l’esattezza da quattro mesi, cioè da quando il Parlamento ha approvato la nuova legge di bilancio, che ora si chiama Legge di Stabilità, per il 2011. Quella legge assegnava al Fondo unico per lo Spettacolo uno stanziamento, già ridotto rispetto al 2010, di 258 milioni di euro. I soldi sarebbero arrivati dall’asta per l’assegnazione delle frequenze liberate dal passaggio dalla tv analogica a quella digitale. Ma in quella stessa legge c’era una clausola di salvaguardia esplicita, pretesa dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: se fosse venuta meno la prospettiva di incassare il previsto dall’asta delle frequenze (2,4 miliardi di euro in tutto), sarebbe stata congelata una parte delle dotazioni dei ministri per l’anno in corso. E così è stato. Le procedure per l’asta non decollano, mentre i soldi sarebbero dovuti entrare non oltre la fine di settembre, e il Tesoro è corso ai ripari, tirando fuori di nuovo le forbici dal cassetto. L’unica «consolazione» per il ministero dei Beni culturali è che il taglio delle risorse disponibili per quest’anno riguarda i fondi gestiti da tutti i ministeri, con due sole eccezioni: il Fondo ordinario delle Università e le risorse destinate al finanziamento del 5 per mille dell’Irpef al volontariato. Per Sandro Bondi, che ha già espresso al presidente del Consiglio la volontà di lasciare i Beni culturali perché si sente abbandonato, è comunque un boccone amarissimo da digerire. Il Fondo unico per lo Spettacolo, con il nuovo intervento del ministero dell’Economia, viene decurtato di 27 milioni, che saranno congelati fino alla fine dell’anno. «E che di fatto non potranno essere utilmente ripartiti tra le varie voci del Fondo» sostengono al ministero guidato da Bondi. Fatto sta che nel piatto dei Beni culturali, si fa sapere, ci saranno solo 231 milioni di euro da dividere. E la Consulta dello Spettacolo sarà chiamata a dare il parere sulla ripartizione dei fondi nelle diverse realtà (cinema, musica, danza, teatro, e così via) proprio tra pochi giorni. Difficile che da qui ad allora il quadro possa cambiare. Tutto dipende dall’asta delle frequenze, ma su quel fronte la situazione è ferma. L’Autorità per le Comunicazioni ha avviato le procedure, e ha chiesto che si costituisca un comitato di ministri per gestire l’asta. Una richiesta rivolta al ministero dello Sviluppo e a Palazzo Chigi già da qualche settimana. E che ancora non ha avuto risposta.

Il Corriere della Sera 10.03.11