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"Il federalismo? Premia le Regioni più in rosso Al Sud 340 milioni in più, 350 milioni in meno al Centronord", di Sergio Rizzo

Per capire perché con l’applicazione dei costi standard nella sanità la Lombardia rischierebbe di rimetterci 40 milioni di euro l’anno, mentre la Campania potrebbe addirittura guadagnarne un centinaio, è sufficiente riascoltare quanto ha detto in Parlamento Luigi Giampaolino giovedì 24 febbraio. Quando il presidente della Corte ha spiegato in modo disarmante come «il metodo individuato per il calcolo dei costi standard non ha alcun effetto sul riparto» del Fondo sanitario nazionale. Ma come, non doveva essere proprio quella parolina, «standard» , la bacchetta magica per punire le Regioni sprecone e premiare quelle virtuose? La medicina per curare una sanità malata dove in certe situazioni territoriali un posto letto costa come due stanza d’albergo a cinque stelle e una siringa di plastica come se fosse d’oro? Niente di tutto questo, almeno all’inizio. La prova è in un documento di 12 pagine spedito dalla Ragioneria generale dello Stato alla Copaff, la commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale presieduta da Luca Antonini, nel quale sono contenute alcune simulazioni su come dovrebbe funzionare il meccanismo dei costi standard tanto decantato da alcuni governatori del Nord, come Roberto Cota e Roberto Formigoni. Il risultato è apparentemente sorprendente. E non tanto perché la quantità di soldi che il Fondo sanitario distribuirà alle Regioni, sempre all’inizio, sarà pressoché identico a quello che viene distribuito oggi. Il fatto è che mentre le Regioni del Centronord ci perderanno 350 milioni di euro l’anno, quelle meridionali ne incasseranno 340 di più. Le simulazioni dicono che alla Sicilia dovrebbero toccare circa 110 milioni in più, e poi 100 alla Campania, 90 alla Puglia, una ventina alla Sardegna e perfino alla Calabria, regione in cui ci sono aziende sanitarie locali prive addirittura della contabilità. E qualche briciola (una decina di milioni) potrebbe andare anche al Molise del governatore Michele Iorio. Aveva forse ragione l’ex presidente del Piemonte Mercedes Bresso, che durante la campagna elettorale perduta per le ultime regionali rinfacciava al suo avversario (vittorioso) «se per il riparto del fondo della sanità sarà adottato il criterio dei costi standard sostenuto da Cota le Regioni del Nord saranno penalizzate» ? Chissà. La prima considerazione degli esperti è che se in questo meccanismo non mancano i difetti (per esempio l’incidenza del prezzo delle forniture sul calcolo complessivo, ha osservato la Copaff, è troppo leggero), è pur vero che ha spazzato via l’effetto «lapis» : quello per cui le Regioni con maggiore potere contrattuale avevano sempre ottenuto condizioni migliori. In questo modo si spiegherebbe il travaso di denari dal Nord al Sud. È poi da vedere che cosa accadrà a regime: va considerato che il sistema dovrebbe andare a regime in cinque anni. Ma certamente le simulazioni potranno deludere chi forse si aspettava una conseguenza completamente diversa. Anche se per metterle a punto non sono mancati i problemi. Intanto i dati di partenza sono vecchi di due anni: bilanci 2008. Incredibile ma vero, a marzo del 2011 non esistono ancora cifre «validate» più recenti di quelle. Inoltre, spiega il documento recapitato alla Copaff, è stato impossibile individuare, al momento, le tre Regioni di riferimento su cui fare i calcoli. La scelta tocca alla conferenza Stato Regioni, ed evidentemente non è stata ancora fatta. Così la Ragioneria si è dovuta un arrangiare, assumendo come benchmark le uniche tre Regioni che nel 2008 non erano in deficit, ovvero Lombardia, Umbria e Marche), e le due con il minore disavanzo, cioè Toscana e Basilicata. Ne sono state ricavate tre diverse simulazioni non molto diverse fra loro, le quali assomigliano un po’ alla montagna che partorisce il topolino. Dove però, assicurano i sostenitori di questo meccanismo, una cosa almeno è sicura. Che per la prima volta si certifica lo «spreco» della sanità. Cioè i 4,8 miliardi di euro del disavanzo accumulato nel 2008, e che lo Stato non ripianerà più. Una cifra enorme, per un terzo ((1,7 miliardi) da addebitare al Lazio e per più di un sesto alla Campania (826 milioni). Sempre che lo «spreco» sia davvero soltanto quello…

Il Corriere della Sera 10.03.11

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Federalismo fiscale, dal Pd dodici proposte per cambiare il decreto Regioni

Sanità e assistenza, Irpef e Irap, il Pd riscrive il decreto sul fisco regionale e la sanità e avvisa: se si cambia votiamo sì
pubblicato il 9 marzo 2011 , 309 letture
Fisco
Il vero federalismo non si fa con tasse e tagli che rischiano solo di aumentare il divario tra regioni ricche e povere. Per questo il PD ha presentato in una conferenza stampa alla Camera le proposte del Pd sul decreto di attuazione del federalismo fiscale, su fisco regionale e sanità . Punti elaborati da Francesco Boccia, relatore in Bicamerale sul fisco regionale, Marco Causi, vicepresidente nella commissione per l’Attuazione del federalismo fiscale, Walter Vitali, capogruppo Pd in commissione Bicamerale per il federalismo e Davide Zoggia, Responsabile Enti locali del Pd.
Sanità e assistenza, Irpef e Irap: i Democratici hanno riscritto in dodici punti il decreto sul fisco regionale e la sanità così da renderlo coerente con “il vero federalismo” e non solo una riforma “di facciata” che rischia di “devastare” il sistema fiscale e quello dei servizi alle persone e alle aziende. Punti che verranno formalizzati come emendamenti nella commissione bicamerale sul federalismo, con l’auspicio che governo e maggioranza si siedano al tavolo per un confronto “senza pregiudiziali” che porti ad una vera e propria riscrittura del decreto in discussione nella Bicamerale per il federalismo.
Lo facciamo perché il decreto sul federalismo regionale nella sua versione attuale e un pasticcio distruttivo. Se la maggioranza vorrà rivedere l’impianto del testo e accogliere le proposte il PD mantiene la sua disponibilità a votare favorevolmente.

“Prima di tutto – hanno spiegato Vitali, Causi, Boccia e Zoggia – il testo va completato perché il decreto si occupa solo di sanità, ma non dice nulla delle altre competenze delle Regioni: assistenza, politiche sociali, istruzione e diritto allo studio, trasporto pubblico locale. Bisogna inoltre iniziare subito a definire, magari con l’aiuto del’Istat, i livelli essenziali delle prestazioni per tutto ciò che non è sanità”. ”Non è negoziabile la garanzia dei livelli essenziali”, ha spiegato Boccia.
“E’ sconcertante che la Copaff (Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale NdR) dopo due anni di lavoro non li abbia ancora stimati. E’ una grave inadempienza del governo e dei suoi organismi tecnici. Il decreto ha gravissime lacune, ed avrà un impatto molto più pesante di quello sul federalismo municipale”, ha detto Causi. Ad esempio per “i costi sanitari mancano i livelli essenziali delle prestazioni, c’è il rischio di una regionalizzazione dell’Irpef. E proprio sull’Irpef – ha spiegato in particolare Causi – si rischia di far impazzire i sostituti d’imposta. Calderoli, a quel punto, non sarebbe più il ministro della Semplificazione”.

Le 12 modifiche del Pd riguardano: livelli essenziali delle prestazioni; tagli al decreto legge n.78 del 2010; Irpef (l’addizionale regionale non deve incidere sulla struttura dellIrpef); Irap (ampliare i margini di manovrabilità dell’aliquota); fase transitoria; finanziamento e perequazione spese non Lep in riferimento alle diverse capacità fiscali regionali; Iva territoriale con la questione della disponibilità di informazioni affidabili sulla distribuzione tra i territori regionali delle vendite effettuate nei confronti dei consumatori finali; finanziamento della sanità; finanziamento assistenza, istruzione, trasporto pubblico locale; coordinamento con il decreto legislativo relativo al fisco municipale, fiscalità provinciale; sistema finanziario delle città metropolitane. Zoggia invita Lega e Pdl a “tenere in considerazione l’impianto delle nostre proposte perchè non ci accontenteremo di accoglimenti relativi a numeri e percentuali. Se vogliono il federalismo si siedano con noi. Non ci sarà un’astensione: o è un sì o è un no. Si siedano con noi e, se il percorso continuerà sulla strada del dialogo, saremo disponibili, altrimenti non voteremo il decreto sul fisco regionale. Il rischio –ha concluso il responsabile enti locali Davide Zoggia – è che il decreto che se dovesse restare così avrebbe un impatto devastante sul sistema fiscale e su quello del welfare, rischiando di creare due Italie: una di serie A e una di serie B, cosa che certamente qualcuno in maggioranza si prefigge”.

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