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Più sale la benzina, più salgono le tasse. Abbassiamo l'accisa

Quanto deve ancora aumentare il prezzo della benzina per costringere il governo ad intervenire? Questa è una delle tante domande a cui il governo Berlusconi dovrà rispondere in tempi brevissimi perché sono in gioco molti, troppi soldi per il bene dell’economia italiana e per le persone comuni. Non ci si può nascondere dietro la crisi libica per annunciare che è colpa del rapporto dollaro-euro la causa della crisi a cui non si porre rimedio.

Che il prezzo dei carburanti abbia superato i suoi storici massimi del 1998 è ormai un fatto che non fa più notizia. Quello che però scandalizza è la discrepanza che esiste tra i prezzi di benzina e gasolio tra il Nord e il Sud dell’Italia e che alla fine, l’unico a guadagnarci sia lo Stato.

Sarebbe troppo facile fare polemica e chiedere alla Lega cosa sarebbe accaduto se il prezzo dei carburanti nelle regioni del Nord fosse stato molto alto più che in quelle del Sud! Per “fortuna” non è stato così ma il contrario. Un litro di benzina in Sicilia e in Campania supera tranquillamente 1,6 euro. Nel Nord Est si riesce a trovare ancora la benzina attorno ai 1,4 euro. Se solo si invertissero i valori chi li sentirebbe gli uomini con il fazzoletto verde che annunciano l’invasione della Libia!

Ma non è tutto. Per il fenomeno noto come iva drag, che fa in momenti di pressione sui carburanti fa aumentare le tasse, l’unico ad arricchirsi della situazione di crisi è lo Stato che secondo le previsioni delle associazioni dei consumatori potrebbe percepire circa 151 milioni al mese di nuove entrate, pari a 1 miliardo e 800 milioni per il solo 2011.

Per far capire che il problema è di fondamentale importanza, va ricordato come l’allarme del caro-carburanti non investe solo gli automobilisti ma gran parte dell’economia italiana ancora troppo legata alla supremazia degli idrocarburi e al trasporto su gomma.

Una soluzione di immediata fattibilità sarebbe dare seguito alla norma varata con la Finanziaria del 2008 che autorizzava un intervento compensativo attraverso un’accisa mobile e garantire uno stop al drenaggio fiscale (leggi le proposte del PD sulle liberalizzazioni dei carburanti)

Ciò che fa invece inorridire è la superficialità con cui il governo pensa di spiegare quanto sta accadendo: per il ministro Romani la colpa è del rapporto euro-dollaro! Una questione inflazionistica strutturale.

“E’ inaccettabile che il governo non intervenga sugli aumenti dei carburanti. Il ministro Tremonti riduca le accise applicando la norma del governo Prodi”. Lo chiede il segretario del PD, Pier Luigi Bersani.

“Forse in mezzo a tanti diversivi dovrebbe essere finalmente possibile occuparsi di qualche problema reale del Paese – spiega Bersani – Nei bilanci delle famiglie e delle imprese sta pesando sempre di più l’aumento dei carburanti, che d’altra parte sta facendo incassare più soldi allo Stato mediante l’Iva. Bisogna neutralizzare questo circuito che rende l’esecutivo compartecipe di un aggravio di costi per i cittadini. Chiediamo da tempo che si applichi la norma prevista dal governo Prodi con la Finanziaria del 2008 che consente, con un semplice decreto del ministro dell’Economia, di rimodulare le accise ogni trimestre utilizzando a copertura l’extra gettito dell’Iva.

Più in generale è tempo che si intervenga per alleviare l’impatto sulle famiglie dell’aumento dell’inflazione che stiamo registrando e di interrompere l’alleanza del governo con interessi corporativi. Occorre intervenire sul sistema dei prezzi, dai farmaci ai carburanti, alle assicurazioni, ai trasporti, per fare in modo che i redditi, già indeboliti, non si decurtino ulteriormente a danno del livello di vita dei cittadini e dell’andamento dei consumi”.

Per Antonio Lirosi, responsabile PD consumatori e commercio, “ciò che afferma il ministro Romani, che la differenza di prezzo dei carburanti può essere ricondotta al diverso cambio euro-dollaro rispetto a due anni fa, è parziale e fuorviante. Quello che non dice il Ministro è che da novembre scorso, da quando è iniziata l’impennata dei prezzi al consumo, e allora non c’era il fattore Libia, è aumentato il divario del prezzo industriale con gli altri paesi europei. Sulla benzina siamo arrivati al secondo posto dopo la Danimarca nella graduatoria sia per il prezzo
industriale che per il margine lordo più elevato. E così lo Stato sta incassando 4 centesimi in più di IVA, ovvero una tassa occulta per gli automobilisti ammonterà questo mese a 150 milioni di euro.

Di fronte a questa congiuntura il Governo è inerte e non decide di abbassare le accise per dare sollievo alle famiglie e alle imprese e contrastare la dinamica inflazionistica. Il ministro Romani, inoltre, usa il diversivo dei problemi strutturali, quali quello del self-service, quando i nodi da
affrontare sono ben più complessi e sono alla base dell’assetto oligopolistico dell’intera filiera petrolifera che controlla tutte le fasi, dalla produzione fino alla vendita al dettaglio. Perché Il Governo Berlusconi in questi due anni non ha proposto nessun intervento di liberalizzazione, quando il PD ha presentato le sue proposte anche sulla distribuzione dei carburanti? Che fine ha fatto il DDL sulla concorrenza?”.

“Quanto deve ancora aumentare il prezzo della benzina per costringere il governo ad intervenire?” Lo chiede il capogruppo del Pd nella commissione Finanze della Camera, Alberto Fluvi, dopo che oggi il sottosegretario Viale ha risposto negativamente ad una interrogazione con cui i democratici chiedevano al governo di emanare rapidamente il decreto di riduzione dell’accisa sui carburanti previsto dalla legge finanziaria per 2008 e usare il maggior gettito Iva dovuto all’aumento dei prezzi petroliferi per la riduzione dell’accisa sui carburanti, e quindi, del prezzo al consumo.

“E’ grave che il governo – prosegue Fluvi – abbia detto di no alla nostra richiesta di calmierare il prezzo di benzina e gasolio. Anche perché è da mesi ormai che i consumatori stanno denunciando un duplice aumento: quello derivante dall’andamento del prezzo del greggio e quello originato dalla tassazione. Dicendo no alla nostra richiesta il governo riduce il potere di acquisto degli italiani

A.Dra