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"L'inverno della democrazia", di Fabio Luppino

Per Gelmini e Berlusconi il 12 marzo è scesa in piazza la sinistra al cachemire. Quelli che mandano i figli alle paritarie e si sgolano falsamente per la scuola pubblica. Non sono italiani, né per l’una né per l’altro. Semmai gente da usare per l’opposizione. È l’ormai proverbiale disprezzo per i governati, ridotti a sudditi da una politica sterzata contro di essi. Mariastella sembra Maria Antonietta, quella dei pasticcini: si fece una rivoluzione per rovesciare il monarca autoritario e la sua regina. La democrazia non la prevede. Ma la democrazia pretende il rispetto delle regole e dei suoi valori. Gelmini e Berlusconi vivono con disagio le une e gli altri.
Non credono che si possa sacrificare un sabato pomeriggio per sostenere la Costituzione e la scuola pubblica. E chi lo fa è un ipocrita, falso. Berlusconi governa per tutelare se stesso, Gelmini sta riducendo la scuola ad un cumulo di macerie culturali, sta incrementando i drammi familiari, di insegnanti, italiani, cacciati dal mondo del lavoro (ma dice che sono sempre troppi). Come Marchionne, peggio di Marchionne.
Il popolo del 12 marzo non si fa portare in piazza da nessuno. Non aspetta le resipiscenze tardive del centrosinistra, non cerca parole d’ordine. Sono, al contrario, individui che hanno costruito se stessi, la loro identità grazie alla scuola pubblica e sui valori della Costituzione. Così come c’erano ragazzi che sperano di poterlo fare. Gelmini avrebbe il dovere di guardarli in faccia. Questo governo sta uccidendo anche solo l’ipotesi che la scuola pubblica possa essere ancora un ascensore sociale. Dagli anni cinquanta in poi così si è garantito l’inveramento della democrazia e l’attuazione della Carta del 1948 nei suoi fondamenti. Berlusconi e Gelmini stanno sottraendo cultura dall’istituzione statale, privatizzando di fatto il concetto stesso d’istruzione, incrementando il numero di ragazzi di fascia sociale bassa che inseriti in una scuola senza mezzi e vilipesa nel suo ruolo non usciranno mai dalla loro marginalità. C’era molta gente venuta dal niente su quelle piazze. Molti anziani a mani nude che proprio non immaginavano di dover uscire ancora da casa per la tutela di valori dati per consolidati. La straordinaria partecipazione a questa come alle precedenti manifestazioni, anch’esse nate senza convocazioni di partito, testimonia un dato allarmante: c’è un’Italia forse maggioritaria che sente di vivere in una crescente emergenza.
Con un governo che lavora contro e non, per, l’Italia.
Del tutto indifferente alle sofferenze dei molti. Così come lo è ai destini della scuola, di cui sanno poco o nulla sia Gelmini sia Berlusconi. Stare in piazza per non sentirsi perduti. Fino a che questo lungo inverno per la nostra democrazia non passerà.

L’Unità 14.03.11