attualità, politica italiana

"Sul rimpasto stop di Napolitano", di Barbara Fiammeri

Niente rimpasto, almeno per ora. Silvio Berlusconi ieri sera all’ufficio di presidenza del Pdl ha confermato quel che tutti nel frattempo avevano già capito dopo il colloquio in mattinata tra il premier e il Capo dello Stato. Il Cavaliere salito al Colle per proporre la nomina di Saverio Romano a ministro dell’Agricoltura e il “trasferimento” ai Beni culturali di Giancarlo Galan è rientrato a Palazzo Grazioli con un nulla di fatto. L’ex Udc, oggi leader del Pid, tra i principali esponenti del gruppo dei responsabili, non la prende bene e invia al premier un segnale chiarissimo: al momento del voto sull’election day, Romano e la sua pattuglia di 4 deputati non sono in aula e il governo supera la prova solo grazie al salvataggio del radicale Beltrandi che si smarca dal resto dell’opposizione.
La tenuta della maggioranza torna così ad essere appesa a un filo, nonostante il Cavaliere parlando con i suoi ieri sera continuasse a sfoggiare ottimismo «convinto che si possa arrivare a quota 336» (ieri Giulia Cosenza ha lasciato Fli per tornare nel Pdl). Berlusconi vuole minimizzare. La mancata nomina di Romano – ha sostenuto il premier – «non è dipesa da me ma da Napolitano».
Ma questa è solo una mezza verità. Anche perché che il Quirinale avesse delle perplessità sull’ex Udc coinvolto in alcune inchieste giudiziarie erano in molti, anche nel Pdl, ad averlo messo in conto e non da ieri. Così come la resistenza del Capo dello Stato a un allargamento della compagine governativa, ovvero all’aumento delle poltrone per sottosegretari e viceministri che ieri il premier ha riproposto all’attenzione del Capo dello Stato. Un’ipotesi che per essere attuata ha bisogno di tempi non certo brevi, visto che occorre modificare la legge Bassanini e che per farlo – come ha ammesso lo stesso premier – si dovrà procedere per via ordinaria e non per decreto. Più di qualcuno tra i responsabili (e per primo Romano che oggi terrà una conferenza stampa) sospetta che il premier si voglia far scudo delle resistenze del Quirinale per aggirare l’ostacolo rimpasto.
La nomina del leader del Pid non avrebbe infatti esaurito gli appetiti degli altri partitini che sostengono il governo. Non a caso, il capogruppo dei Responsabili, Luciano Sardelli, aveva scritto al premier per manifestargli la necessità di una «soluzione complessiva» in grado di rispondere «alle aspirazioni di tutte le componenti». In altre parole, Berlusconi non poteva cavarsela promuovendo solo il leader di un plotoncino di 5 deputati lasciando a digiuno i restanti 24. Un messaggio che il premier ora pare aver raccolto. Ieri sera, all’ufficio di presidenza, il Cavaliere ha invertito la rotta: non più un rimpasto a puntate – prima i ministri e poi i sottosegretari – bensì tutto in un’unica tranche. Ma i tempi? È questo il principale interrogativo che gli interessati continuano a riproporre al premier senza trovare per ora risposte convincenti. Berlusconi al momento non ha infatti a disposizione posti sufficienti per accontentare tutti. Non solo. Nel Pdl il caso Scajola non viene sottovalutato. A far paura non è tanto la minaccia (peraltro già rientrata) dell’ex ministro di formare un suo gruppo autonomo, quanto la manifestazione di un malessere che serpeggia in tutto il Pdl. «Per chi da oltre un decennio ha mostrato lealtà assoluta a Berlusconi è difficile accettare l’idea di veder promossi a ministri o sottosegretari personaggi che fino al giorno prima lo osteggiavano», commenta un fedelissimo del Cavaliere. Scajola al momento pare comunque aver fatto marcia indietro. Denis Verdini, coordinatore del Pdl, ritiene che meriti «un ruolo importante» ma allo stesso tempo lo invita a lasciar perdere l’idea dei gruppi autonomi. Anche perché – sostiene – i parlamentari su cui dice di contare l’ex ministro «sono fedeli anche a Berlusconi» e chi esce dal Pdl «è fuori per sempre».
Berlusconi intanto continua a ripetere che è fondamentale rimanere concentrati sulle prossime scadenze. La nomina di Lettieri a candidato sindaco di Napoli è stata confermata all’ufficio di presidenza. Ma il premier è tornato a parlare anche della riforma della giustizia chiedendo ai vertici del partito di comunicarne meglio: «Dovete andare in tv, alla radio e spiegarla punto per punto ai cittadini». Non è mancato neppure un accenno al caso Ruby: «Ma vi rendete conto che mi massacrano per delle cene!?».

Il Sole 24 Ore 17.03.11

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“Stop al rimpasto, congelati Galan e Romano”, di Carmelo Lo Papa

Election day, il voto del radicale Beltrandi salva la maggioranza. Rimpasto congelato. Nuovi ministri (due) in freezer. Sottosegretari (una decina) in sala d´attesa. Berlusconi sale al Colle accompagnato da Gianni Letta. Ma dal colloquio protrattosi un´ora, chiesto con l´obiettivo di ottenere il disco verde quanto meno per la nomina di Saverio Romano (Pid) all´Agricoltura e allo spostamento di Giancarlo Galan ai Beni culturali, il presidente del Consiglio esce invece a mani vuote.
Il fatto è che il capo del governo nello studio alla Vetrata prospetta al presidente Napolitano non solo l´ingresso dei due, ma anche l´infornata in massa di sottosegretari. Sarà lo stesso capo dello Stato, più tardi, a spiegare a margine dell´inaugurazione di una mostra al Vittoriano quanto avvenuto: «Il presidente del Consiglio mi ha prospettato problemi ed esigenze di rafforzamento della compagine governativa». Mossa azzardata perché il Colle non può fare a meno di far notare, come già avvenuto giorni addietro, che una legge, la Bassanini, fissa il tetto massimo per la composizione del governo. Se si vuole dunque intervenire per allargare la squadra bisogna rimettere mano a quel testo. Risultato: stop all´intera operazione. E in serata, riunendo l´Ufficio di presidenza Pdl, Berlusconi confermerà che il rimpasto si farà, ma in un´unica soluzione. Più in là, è sottinteso.
Ma a quel vertice di Palazzo Grazioli il premier si presenta in ritardo, dopo un lungo e piuttosto acceso incontro avuto proprio col leader del Pid Saverio Romano. Cerca di calmarlo, promette che sarà presto ministro, questione di giorni. Lui è su tutte le furie per il rinvio, per altro l´ultimo di una serie. Innervosito per di più, l´ex Udc siciliano, dalle voci rimbalzate tutto il pomeriggio in Transatlantico. Ministri e deputati pdl che raccontano di un premier amareggiato per il fatto che Napolitano mosso obiezioni proprio su Romano per presunte vicende giudiziarie ancora aperte. Ma quelle inchieste sono del tutto chiuse, c´è un´archiviazione fresca di pochi giorni, «mai un avviso di garanzia» va ripetendo Romano. Che per stamattina ha convocato una conferenza stampa in cui intende far luce su tutto, carte alla mano. Conferenza che Berlusconi avrebbe chiesto invano di disdire. Ma la tensione tra i cinque Pid di Romano (iscritti al gruppo dei Responsabili) è alle stelle. Il loro sospetto è che il Cavaliere abbia confezionato un «biscotto» ai loro danni, scaricando la responsabilità sul Colle. E giocando sui veti posti dagli stessi Responsabili. Tant´è che Romano, con Grassano, Pisacane, Ruvolo e Gianni disertano nel pomeriggio il voto sulla mozione dell´opposizione per accorpare i referendum alle amministrative. Segnale assai chiaro. La maggioranza si salva – evitando l´election day che avrebbe regalato il quorum ai referendum su nucleare, acqua pubblica e legittimo impedimento – solo grazie al voto a sorpresa del radicale Marco Beltrandi. Tra le ire del suo gruppo, il Pd: «Inaccettabile, irresponsabile» gli urla Franceschini. Il Transatlantico è tutto uno scalpitare di sottosegretari mancati (e impazienti) e di alleati insoddisfatti. «Il premier dia finalmente dignità alla terza gamba» sollecita Pionati. «Non si tratta di un do ut des, ma di completare la squadra» avverte Moffa. Nel vertice Pdl Berlusconi annuncia che Giulia Cosenza lascia davvero Fli per tornare nel Pdl. E si complimenta con il coordinatore Verdini per l´ultimo acquisto.

La Repubblica 17.03.11