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"Il Pd chiama, il governo si spacca", di Rudy Francesco Calvo

I democratici non cambiano idea: con l’Onu per cacciare Gheddafi, ma l’esecutivo non c’è.
Mentre il governo oscilla tra le posizioni interventiste del ministro La Russa e lo scetticismo della Lega, il Partito democratico prova a tenere ferma la barra sul rispetto assoluto della risoluzione approvata dal consiglio di sicurezza dell’Onu. La quale, ricorda Pier Luigi Bersani, «non prevede un intervento armato per abbattere Gheddafi, ma un intervento per impedire che Gheddafi colpisca la sua gente». È questa la posizione che i dem auspicano che sia assunta dall’Italia.
«Da lì in poi – aggiunge il segretario – ci sarà il compito della politica e della diplomazia» per «favorire un processo pacifico di transizione e cambiamento, come è avvenuto negli altri paesi del Nord Africa». Per il momento, comunque, Massimo D’Alema ricorda che «da quando è in azione la missione internazionale il numero dei morti è diminuito, non è aumentato, perché si è impedito a Gheddafi di sparare contro la popolazione».
Il Pd chiederà oggi alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio di fissare un voto in aula per confermare il dispositivo già approvato dalle commissioni esteri e difesa delle due camere la scorsa settimana, con l’assenza di Lega e Idv. «Ci pare il minimo, visto il rilievo della vicenda», spiega Bersani. Se il testo rimarrà quello votato venerdì scorso, i dem non avranno alcun dubbio nel confermare il loro sì.
Ma se la maggioranza dovesse convergere sulla risoluzione anticipata ieri dal Carroccio (che prevede tra le altre cose anche l’estensione del blocco navale non solo alle armi che potrebbero entrare in Libia, ma anche agli immigrati in uscita da quel paese), allora i Democratici daranno «battaglia durissima», come anticipa il vicepresidente della commissione difesa, Francesco Saverio Garofani.
Il Nazareno rigetta il parallelismo tra partecipazione all’intervento bellico e emergenza immigrati. La difficile situazione di Lampedusa, secondo i dem, sarebbe aggravata anzi proprio alla cattiva gestione del governo italiano. La posizione della Lega, quindi, non è credibile nel merito e nel metodo. E Berlusconi, se realmente dovesse far convergere il Pdl su quella linea confermando le indiscrezioni trapelate ieri, dimostrerebbe solo la propria subalternità all’alleato padano. «Il problema non è nostro – sintetizza Ettore Rosato, deputato dem della commissione difesa – se loro ci costringeranno a votare contro, si assumeranno la grave responsabilità di dividere il parlamento, mentre il nostro paese è impegnato anche con i propri uomini a fianco delle organizzazioni internazionali. Per questo, suggeriamo alla maggioranza molta prudenza».
Per Rosato, è anche «paradossale » che il governo italiano «si ponga solo oggi la questione del comando della missione militare in Libia», chiedendo che questo passi alla Nato. «Mi chiedo cosa è andato a dire Berlusconi alla conferenza di Parigi – afferma Bersani – nessuno è contrario che il comando passi alla Nato, ma bisogna trovare un momento di discussione per arrivarci».
Tra i Democratici, c’è chi mantiene posizioni contrarie a un intervento armato in Libia. A esprimerle esplicitamente è stato Enrico Gasbarra, ma con lui potrebbero essere anche altri (seppur pochi) i parlamentari a invocare un’obiezione di coscienza, soprattutto di area cattolica. Posizioni che, per Sergio Gentili, vanno «rispettate» e che, comunque, rappresentano una «quota fisiologica di disagio in questioni delicate come l’uso delle armi», spiega Lapo Pistelli.
E Garofani nota che anche dalla Chiesa giungono posizioni di sostegno all’intervento, a partire dal cardinale Angelo Bagnasco.

da Europa Quotidiano 22.03.11