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"Precari, sentenza shock nella scuola. maxi risarcimento a 15 prof. E ora…", di Salvo Intravaia

Maxirisarcimento a 15 precari della scuola. La sentenza è a Genova, ma a questo punto il ministero dell’Istruzione rischia di rimanere travolto dalle richieste degli altri supplenti. Quello comminato dal giudice del lavoro del capoluogo ligure è il risarcimento più elevato mai disposto in Italia per il contenzioso riguardante i precari della scuola: quasi mezzo milione di euro. E basta fare due calcoli per comprendere che viale Trastevere rischia una vera e propria emorragia. Ad ognuno dei 15 lavoratori in questione il giudice, patrocinati dalla Uil scuola, ha riconosciuto un risarcimento di circa 30 mila euro, pari a 15 mensilità.

La questione della stabilizzazione dei precari e del riconoscimento agli stessi degli scatti di anzianità riguarda tutti i lavoratori a tempo determinato, in qualche modo discriminati dalle normative italiane. Ma è nella scuola che il fenomeno raggiunge proporzioni consistenti. I precari della scuola in servizio da oltre tre anni sono diverse decine di migliaia. Alcune recenti norme comunitarie prevedono per i precari il diritto agli scatti stipendiali in vigore per il personale di ruolo e la trasformazione, dopo tre anni, del rapporto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato.

Nella scuola, nonostante i tagli agli organici operati dal governo Berlusconi, sono 150 mila i precari con contratti fino al 30 giugno e al 31 agosto. E la maggior parte di questi è in servizio da oltre tre anni, perché a saltare sono stati ovviamente i più giovani. Se tutti

si rivolgessero al giudice del lavoro il ministero potrebbe sborsare 4 miliardi e mezzo di euro: una cifra che vanificherebbe metà dei tagli effettuati dalla coppia Tremonti-Gelmini nel triennio 2009/2011. Per tamponare la situazione, alcuni mesi fa, il governo è intervenuto con una norma ad hoc che pone un limite temporale alle richieste di risarcimento danni: il prossimo 31 dicembre.

Ma forse proprio questa manovra ha spinto migliaia di precari della scuola a rivolgersi ai giudici per paura di rimanere tagliato fuori dagli eventuali indennizzi e dalla possibilità di vedersi convertito il contratto a tempo indeterminato. “Per fare ricorso c’è ancora tempo fino al 31 dicembre – spiega – Corrado Artale, segretario generale Uil Scuola della Liguria -. L’unico requisito necessario è essere precari da almeno 3 anni”. “E’ una sentenza fondamentale nel panorama del contenzioso sui precari della scuola – aggiunge l’avvocato Massimo Pistilli – Se questa misura fosse ripetuta, determinerebbe infatti la fine del precariato, perché il ministero non potrà pagare risarcimenti del danno così alti per tutti i circa centomila precari del comparto”.

La Repubblica 26.03.11

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«Maxirisarcimento per 15 precari della scuola», di Laura Cavestri e Giampiero Falasca

Il precariato come “risparmio” sul costo del lavoro nella scuola rischia di trasformarsi in un boomerang dal peso insostenibile. Il Tribunale del Lavoro di Genova, infatti, ha condannato il dicastero di viale Trastevere a risarcire, con circa 500mila euro, 15 lavoratori precari della scuola che avevano fatto ricorso, attraverso l’azione legale promossa dalla Uil, per la loro mancata stabilizzazione. E il ministero dell’Istruzione già cerca i rimedi.

A ogni lavoratore, il giudice monocratico Marcello Basilico – nel dispositivo 520/2011 della sentenza, manca ancora il deposito delle motivazioni – ha riconosciuto un risarcimento del danno di circa 30 mila euro a persona, pari a 15 mensilità, oltre a diversi arretrati. In particolare, il giudice ha stabilito, per i 15 lavoratori precari, il riconoscimento degli stessi diritti economici del personale di ruolo, quindi, del percorso di carriera e delle anzianità professionali; l’illegittimità dei contratti a cui sono stati costretti i lavoratori precari (tre annualità di contratto a termine per coprire sedi vacanti) e, quindi, il riconoscimento di 15 mensilità per ogni lavoratore, quale risarcimento del danno per la mancata immissione in ruolo.
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«In Liguria – ha spiegato Corrado Artale, segretario generale della Uil Scuola Liguria – hanno presentato ricorso circa 450 lavoratori solo tra le province di Genova, Imperia e Savona. Inoltre, per fare ricorso c’è tempo sino al 31 dicembre». «È una sentenza fondamentale nel panorama del precariato – ha affermato l’avvocato, Massimo Pistilli – perchè afferma l’illiceità della reiterazione di contratti a termine rinnovati per almeno tre anni finalizzati a coprire sedi vacanti. Riguarda, quindi, circa l’80% dei 140mila precari della Pa». Se un risarcimento di questo genere dovese essere pronunciato per solo 100mila precari l’esoborso per lo Stato sarebbe di circa tre miliardi. Cifra che potrebbe raddoppiare se si prendessero in considerazione anche i non docenti.

Luciano Chiappetta, direttore generale del personale Miur, dichiara che «il dicastero ricorrerà in appello per andare fino in fondo». Inoltre, nei prossimi giorni si svolgerà una riunione per valutare il caso Genova. Martedì – ma era già fissato in agenda – un vertice sindacati-ministero affronterà il nodo delle graduatorie dei precari. Ma se il numero dei soggetti potenzialmente interessati alla sentenza fosse molto elevato si potrebbe arrivare a una soluzione normativa.

La sentenza del Tribunale di Genova fa leva sull’immediata precettività della direttiva 1999/70/Ce, che fissa alcuni principi comuni a tutti gli Stati Ue in materia di lavoro a tempo determinato. L’interpretazione data dal giudice genovese ha un impatto molto forte perchè si assume la responsabilità di disapliccare la legge statale e pienamente vigente n. 124/1999.
Secondo il Tribunale di Genova, la legislazione italiana – con questa norma speciale – consente al ministero dell’Istruzione di assumere annualmente, con contratti a termine, i docenti di cui ha bisogno per coprire le scoperture annuali di organico. Ma la norma non prevede l’obbligo di applicare i limiti che devono essere rispettati, nel settore privato, dal datore di lavoro che utilizza un lavoratore a termine (cioè, l’obbligo di indicare la causale, il carattere temporaneo e non stabile delle esigenze di ricorso al contratto, la limitazione del periodo di durata massima del rapporto). La mancata previsione di queste limitazioni, secondo il Tribunale di Genova (e secondo altri tribunali che nei mesi prcedenti hanno tratto conclusioni analoghe) rende incompatibile la disciplina nazionale con la direttiva comunitaria, che alla clausola n. 5 prevede l’obbligo per ciascuno Stato membro di contenere il ricorso eccessivo ai contratti a termine.

Questo contrasto tra legge 124/1999 e direttiva comunitaria – sempre secondo la sentenza – va risolto disapplicando la normativa nazionale. A ciò si aggiunge che, secondo la pronuncia, quando il ricorso allo stesso docente è ripetuto nel tempo, si deve presumere che sussista un fabbisogno stabile e non episodico della sua prestazione. Il risultato del ragionamento è che quando la scuola rinnova più volte un contratto a termine, si trova in una situazione di suo utilizzo illegittimo . Se si fosse nel privato, la conseguenza sarebbe il diritto all’assunzione del lavoratore. Trattandosi del settore pubblico, il giudice applica la sanzione per utilizzo irregolare del lavoro flessibile: il risarcimento danni.

da www.ilsole24ore.com

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«Un disastro annunciato», di Guido Gentili

Era attesa che scoppiasse. È accaduto a Genova, dove il Tribunale del Lavoro ha stabilito un maxirisarcimento di 500mila euro per 15 precari della scuola che hanno fatto ricorso contro il ministero dell’Istruzione. A suo modo una bomba normativa: se è vero che non cambia la natura del rapporto di lavoro (a tempo determinato) è altrettanto un fatto che il risarcimento del danno (pari per ogni lavoratore a 15 mensilità, con tanto di ricostruzione della carriera) per mancata immissione in ruolo non ha precedenti. E un valore segnaletico dirompente.

Non c’è bisogno di un matematico per capire che se questa dei maxirisarcimenti si confermerà come la linea maestra dei tribunali nelle migliaia di vertenze che i precari della scuola hanno avviato, per il ministero, già a corto di risorse, si aprirebbero le porte di un clamoroso default. Si calcola che siano circa 150mila i lavoratori con contratto a tempo determinato potenzialmente interessati a ricorrere alla magistratura.

Potrebbero insomma ballare, per i conti pubblici, qualcosa come più di quattro miliardi di euro. Non a caso l’allarme è suonato forte, ieri, sia nelle stanze del ministero di Maria Stella Gelmini sia in quelle del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.

Tre, a questo punto, le possibili domande. La prima: dovevamo aspettarci una simile svolta? In parte sì, nel senso che il problema non è certo nuovo. Nell’autunno scorso sull’emergenza-precari nella scuola era intervenuto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Poi il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, aveva affermato che senza la prospettiva di una sia pur graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari si indebolisce l’accumulazione di capitale umano specifico con effetti alla lunga negativi su produttività e profittabilità.

Un piano triennale straordinario di assunzioni era stato messo a punto dal governo di Romano Prodi con la legge finanziaria del 2007. Strada ritenuta impraticabile dal governo Berlusconi alle prese con la difficile quadratura dei conti pubblici: col «milleproroghe» approvato a febbraio 2011 si è deciso di bloccare le graduatorie fino ad agosto 2012 e di bloccare (emendamento della Lega) le richieste per le supplenze brevi in una provincia diversa da quella permanente. Il tutto mentre la legge 183 del 2010 (il «collegato lavoro») consente l’impugnazione dei contratti a tempo determinato già scaduti, avendo alle spalle una direttiva comunitaria del 1999 che permette di impugnare i contratti del personale precario.

Seconda domanda: la strada battuta a Genova può essere una soluzione? Non pare proprio. Migliaia di maxirisarcimenti non vanno alla radice del problema, non creano le condizioni per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e si risolvono piuttosto in un maxiesborso a spese delle casse dello Stato. Insostenibile da ogni punto di vista e, fermo restando il rispetto delle sentenze dei tribunali, sarebbe opportuna anche da parte della magistratura – nel Paese dove la giurisprudenza si è spesso incaricata di alimentare il debito pubblico – una riflessione su questo punto. Ugualmente impraticabile la “regolarizzazione di massa”: sanatorie di questo tipo possono condurre solo al disastro.

Terza domanda: cosa si può fare? Più che una leggina o un provvedimento di emergenza servirebbe una svolta ulteriore dopo gli interventi già fatti. Dei problemi della scuola sappiamo tutto. Lo stesso per il sistema di reclutamento pubblico, dove il fenomeno della precarietà incontrollata, tra deroghe speciali e aggiramenti, viaggia assieme al blocco (formale) delle assunzioni. In barba ai criteri di merito, e sempre scaricandosi sul bilancio pubblico.

da www.ilsole24ore.it