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"Precari, i ricorsi valgono sei miliardi", di Lorenzo Salvia

La stima fatta dai tecnici del ministero dell’Istruzione dice che, se il caso Genova dovesse fare scuola, il costo sarebbe compreso fra i 4 ed i 6 miliardi di euro. Una piccola manovra finanziaria, visto che il decreto anti crisi dell’estate scorsa era di 24 miliardi. Quelle cifre hanno fatto preoccupare il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che le ha lette insieme alla richiesta di valutare ogni possibile intervento sugli organici, compresa l’ipotesi di un pacchetto di assunzioni per coprire i posti che ogni anno vengono assegnati di sicuro ai precari. E che potrebbe mettere le casse pubbliche al riparo dalla probabile batosta dei ricorsi. Il campanello d’allarme è suonato venerdì scorso quando il tribunale del lavoro di Genova ha condannato il ministero dell’Istruzione a risarcire 15 precari con poco più di 30 mila euro a testa. Mezzo milione in tutto. In realtà non si tratta delle prima sentenza del genere: già in passato altri tribunali avevano condannato il ministero a riconoscere ai precari diritti garantiti ai loro fortunati colleghi a tempo indeterminato: dagli scatti di anzianità al pagamento dello stipendio durante il periodo estivo. La novità della sentenza di Genova sta nella dimensione del risarcimento e nella sua motivazione giuridica: l’incompatibilità con una direttiva comunitaria che obbliga ogni Stato membro a limitare l’uso dei contratti a termine. Un mix che fa sperare chi è in attesa di un contratto vero e che potrebbe creare seri problemi al bilancio pubblico. Il verdetto di Genova è solo l’inizio: la Flc Cgil segue 40 mila persone che stanno pensando ad un ricorso simile, in tutto le persone coinvolte potrebbero essere 150 mila. Proprio per questo il governo sta studiando come intervenire e già oggi l’argomento sarà discusso al ministero dell’Istruzione insieme ai sindacati. Quali sono le possibili soluzioni? Scontata la decisione di fare appello contro la sentenza, ma si tratta solo di un modo per guadagnare tempo. La richiesta avanzata a Tremonti (valutare ogni possibile intervento sugli organici) potrebbe aprire la strada ad una proposta che fanno da tempo sia i sindacati sia il Partito democratico. L’intervento, ancora tutto da verificare, riguarderebbe un corposo pacchetto di assunzioni fatte pescando dalla lista dei precari. Una soluzione che taglierebbe il numero dei possibili ricorrenti e, almeno in teoria, potrebbe essere fatta quasi a costo zero. Una magia? In realtà no. «Una buona parte dei supplenti — spiega Massimo Di Menna della Uil scuola — viene chiamata ad inizio anno su posti non temporaneamente vuoti ma liberi» . Quei precari, cioè, non sostituiscono chi si assenta per una malattia lunga o una maternità ma coprono un posto che si sa vuoto fin dall’inizio, ad esempio per un distacco sindacale oppure perché ci sono spezzoni di cattedra che non si incastrano. In tutto sono circa 50 mila i posti che, stabilmente, vengono assegnati ai precari. Se sono sempre quelli perché non vengono assunti insegnanti a tempo indeterminato? Finora il ministero dell’Economia ha sempre negato l’ok perché un contratto a tempo determinato è flessibile, cioè può essere tagliato a differenza di uno a tempo indeterminato. Ma la sentenza di Genova cambia la carte in tavola, perché potrebbe essere meno costoso assumere adesso piuttosto che risarcire dopo. «Lo Stato — dice per la Flc Cgil Domenico Pantaleo — potrebbe addirittura guadagnarci, tanto quelli sono stipendi che paga in ogni caso mentre risparmierebbe sulla gestione delle graduatorie» . Una cosa, però, è la soluzione studiata dai tecnici, un’altra la scelta politica. E sia Gelmini che Tremonti hanno sempre parlato apertamente di necessaria riduzione degli organici. «Ma il governo deve prendere una decisione— dice per la Cisl scuola Francesco Scrima — altrimenti la questione verrà lasciata alle aule giudiziarie» .

Il Corriere della Sera 29.03.11

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“Gelata sui precari storici: senza concorso non si entra
Sentenza di appello sovverte le pronunce di primo grado che hanno disposto le assunzioni”, di Antimo Di Geronimo

Collezionare incarichi di supplenza per anni e anni non dà titolo all’immissione in ruolo. Perché la Costituzione prevede che le assunzioni a tempo indeterminato nella scuola devono avvenire per concorso. E in ogni caso, la normativa italiana che vieta la conversione dei contratti non viola la normativa comunitaria.

Tanto più che lo ha detto anche la Corte di giustizia europea. Così ha deciso la Corte d’appello di Perugia, con una sentenza depositata l’8 marzo scorso (n.524). La pronuncia si pone in netta controtendenza rispetto all’orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito di I grado. E rischia di mandare in fumo le speranze di migliaia di docenti precari, che avevano sperato nella via giudiziaria per ottenere l’immissione in ruolo o almeno un risarcimento in denaro. L’immissione in ruolo per sentenza è avvenuta peraltro in casi sporadici. Per esempio nel caso del Tribunale di Siena (sentenza 699/2009). Il risarcimento, invece, è stato disposto nella stragrande maggioranza delle decisioni fin qui adottate dai giudici di merito. Che hanno escluso la possibilità della conversione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato, ma hanno condannato l’amministrazione scolastica a pagare ai ricorrenti le differenze retributive, tra quanto avrebbero percepito se fossero stati immessi tempestivamente in ruolo e quanto hanno realmente ottenuto per effetto dei contratti a termine. La prevalente giurisprudenza di I grado ha ritenuto che il risarcimento fosse dovuto a titolo di sanzione per l’amministrazione a causa dell’abuso dei contratti.

Mentre altri giudici hanno ritenuto di adottare tale decisione in applicazione del principio di non discriminazione tra lavoratori precari e di ruolo, contenuto nella normativa europea. In questo ultimo filone si inquadra anche una recente sentenza del tribunale di Genova che ha disposto un risarcimento di circa 500mila euro in favore di un gruppo di precari. Si tratta però di pronunce di giudici di primo grado. Unica eccezione una sentenza della Corte d’appello di Brescia ( 87/10). Che però ha semplicemente disposto il pagamento delle mensilità di stipendio estive ad alcuni precari ricorrenti, che avevano lavorato solo fino al 30 giugno. Finora, dunque, la maggior parte dei giudizi non ha ancora affrontato il vaglio dei successivi gradi del procedimento. E la pronuncia della Corte d’appello di Perugia, quindi, è la prima sentenza di II grado che esamina la questione sotto tutti i suoi aspetti. Non solo sotto il profilo della normativa comunitaria. In riferimento alla quale esclude la illegittimità della mancata previsione della conversione dei contratti in caso di reiterazione degli stessi, citando la stessa giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza 07/09/2006, causa C-180/2004 e sentenza 07/09/2006, causa C-53/2004). Ma anche e soprattutto entrando nel merito, analizzando la natura della reiterazione dei contratti sotto il profilo sostanziale e alla luce della normativa interna. Il tutto giungendo alla conclusione che l’amministrazione non commette alcun abuso nel conferire ripetutamente supplenze «posto che ciascun contratto è svincolato dai precedenti, non costituendone proroga o prosecuzione, e talvolta attiene alla copertura di posti situati i sedi diverse». Supplenze che, anche se ripetute, sono legittime dal punto di vista giuridico, perché la normativa che esclude la conversione dei contatti è di natura speciale. E quindi essa non è stata abrogata dalle successive disposizioni che sanzionano l’abuso dei contratti a tempo determinato nel settore privato. La normativa speciale, infatti, deroga la normativa generale e prevale su di essa limitatamente agli ambiti specifici a cui fa riferimento.

Il Tirreno 29.03.11

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“Doppia strategia sui precari” di E. Bruno e C. Tucci

Strategia in due tempi per disinnescare il rischio di dover versare una maxi-risarcimento ai precari: presentare subito appello sfruttando una sentenza a favore del tribunale di Perugia; elaborare una norma che ribadisca la legittimità delle procedure di stabilizzazione esistenti. Sono gli orientamenti emersi nel corso di un vertice tecnico-legale a viale Trastevere su cui l’ultima parola spetterà al ministro Mariastella Gelmini.

Alla responsabile dell’Istruzione verrà fatto presente che il giudice perugino – a differenza di quello di Genova che il 25 marzo scorso ha sancito il diritto di 15 insegnanti precari a un indennizzo di 500mila euro per la mancata stabilizzazione in seguito a tre supplenze annuali – ha accolto, in una vicenda analoga, le ragioni del ministero. Da qui la scelta di ricorrere in appello quanto prima contro la pronuncia genovese.

In parallelo si lavorerà alla norma che, appellandosi alla possibilità di uno Stato di discostarsi in qualche punto dall’applicazione puntuale di una direttiva purché motivi adeguatamente la sua scelta, ribadirà la legittimità della strada italiana alla stabilizzazione: concorso o graduatoria, a seconda dei casi, con annessa ricostruzione della carriera una volta ottenuto il contratto a tempo indeterminato. Va deciso il veicolo: più che un decreto è possibile che sia un disegno di legge. Anche se non è escluso un blitz in aula alla Camera dove oggi si discuterà la comunitaria 2010.

Oggi intanto si conoscerà l’esito di altri 450 ricorsi di lavoratori precari di Savona patrocinati dalla Uil Scuola Liguria. In piedi ci sono migliaia di ricorsi in tutt’Italia e almeno altri 40mila docenti precari che attraverso la Flc Cgil potrebbero fare causa per ottenere il posto fisso. «Chiederemo al ministero di aprire un tavolo unico sul precariato», sottolinea Massimo Di Menna (Uil), che rilancia sulla necessità di bandire i concorsi laddove le graduatorie sono esaurite. In più, aggiunge, «si dovrebbe procedere subito all’assunzione nei posti vacanti in organico di diritto e puntare invece su contratti pluriennali, magari di tre anni, per riempire i posti vuoti in organico di fatto». Una soluzione condivisa pure da Francesco Scrima (Cisl): la necessità di occupare «tutti i posti vacanti e disponibili» va considerata ora «una priorità». Anche perché, evidenzia Domenico Pantaleo (Flc Cgil) «entro il 2014 ci saranno 100mila-110mila posti liberi».

Se ne discuterà nel vertice ministero-sindacati previsto per oggi a viale Trastevere. Insieme al problema delle graduatorie – dove sono inseriti 230mila precari – dopo la sentenza della Corte costituzionale del 9 febbraio scorso che aveva dichiarato illegittimo l’inserimento in coda per il biennio 2009-2011 in tre province oltre quella di appartenenza e l’inserimento a pettine in una sola provincia per il biennio 2011-2012. Alla questione si era cercato di dare una soluzione nel milleproroghe, prevedendo il blocco delle graduatorie provinciali fino al 31 agosto 2012, in attesa delle nuove norme sul reclutamento. Norma poi cancellata in fretta e furia dopo i rilievi del Quirinale. Il Miur ha chiesto comunque un parere legale all’avvocatura di Stato. Tra le ipotesi su come procedere all’aggiornamento c’è quella di consentire l’inserimento a pettine in una provincia diversa dalla propria, salvaguardando così il principio della mobilità. Agli uffici scolastici regionali è intanto arrivata una nota del ministero in cui è chiesto di soprassedere sull’inserimento a pettine dei precari vincitori del ricorso patrocinato dall’Anief.

Il Sole 24 Ore 29.03.11