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"In Rai cresce solo il debito", di Marco Mele

Al piano terra di Viale Mazzini ci sono «lavori in corso». Si toglie l’amianto, seguendo i protocolli della Asl. L’ingresso principale è sbarrato: si entra dal retro, da via Pasubio. Un’immagine che rende l’idea della situazione che vive l’azienda di servizio pubblico, non da oggi, oltre che a rendere necessaria un’operazione immobiliare a Roma, visti i costi della «ripulitura».
La Rai dà lavoro diretto a oltre undicimila dipendenti a tempo indeterminato, oltre a decine di migliaia con l’indotto ed è fondamentale per la fiction e per il cinema nazionali. Un’azienda, però, i cui ricavi sono eterodiretti dalla politica che non interviene sullo scandalo pluridecennale dell’evasione del canone, ordinario e speciale. I quattro-cinque milioni di famiglie che non pagano il canone sottraggono alla Rai sui 550 milioni. Il canone speciale, evaso da associazioni, partiti, aziende sottrae altri 800-900 milioni.
L’ultima riprevisione sui conti 2010, fatta a dicembre, prevede una perdita di bilancio pari a 118 milioni di euro. Il budget 2011, invece, prevede una chiusura in attivo per venti milioni. Quest’anno, però, non ci sono Olimpiadi e Mondiali di calcio che generano costi supplementari per 130-150 milioni. Non si è raggiunto, insomma, alcun equilibrio strutturale, anzi. L’indebitamento finanziario, inoltre, crescerà dai circa 200 milioni del 2010 ai 320 di fine 2011, a causa soprattutto degli investimenti imposti dal digitale terrestre.
L’esercizio di quest’anno, inoltre, beneficia degli effetti di alcune operazioni di riduzione dei costi degli anni precedenti, come gli esodi incentivati (con risparmi per circa 40 milioni). La circolare del dg Mauro Masi, inoltre, ha bloccato sino al 30 settembre aumenti retributivi, scatti, premi e turnover. Il costo del personale è una delle incognite per il futuro dell’azienda tra contratti e accordi con i sindacati. Il debito è un’altra: cresce di circa 120 milioni nel 2011 sul 2010, ad oggi. Il digitale impone investimenti per almeno 400 milioni senza un rientro immediato, come quelli sul prodotto. Per far fronte a tali necessità è prevista la cessione delle “torri” di RaiWay (non dell’intera società), proprio mentre Mediaset integra le sue “torri” con quelle della DMT, acquisendo il 60% della nuova società.
La governance è un altro punto debole rispetto alla concorrenza. La Rai non fa nomine da metà giugno e sono molte le direzioni scoperte. Effetti pratici: chi lavora a Rai5 o a Rai4 e deve cambiare il toner di una stampante, deve farsi firmare la “pratica” direttamente da Masi.
Due consiglieri, Angelo Petroni e Giovanna Bianchi Clerici, si sono visti bocciare dal presidente della Camera l’emendamento alla legge comunitaria che avrebbe evitato loro la sanzione ricevuta dalla Corte dei conti per la nomina di Alfredo Meocci e minacciano di non partecipare ai prossimi Cda. La politica entra di continuo dall’ingresso posteriore della Rai, dalle nomine agli appalti. Il Piano industriale, intanto, è parzialmente inattuato. Sono rientrate nella Rai “madre”, società come RaiTrade e RaiNet. È stato un buon affare? RaiTrade chiude il 2010 con un utile prima delle imposte di 6,4 milioni (4,9 nel 2009) e un utile netto di 2,7 milioni. RaiNet ha ben lavorato: Rai.tv vale metà dei quasi 10 milioni di utenti unici mensili della Rai – l’altra metà spetta a Rai.it. Il servizio Replay vale il 20% del traffico. Sono state create nuove applicazioni, come quella del Tg3 per l’Ipad. A seguire Tg1, Tg2 e RaiNews24. A maggio sarà lanciato il portale sull’Abruzzo realizzato con l’MTI. L’utile netto 2010 é di 1,4 milioni. Dal primo luglio RaiNet sarà in Raispa, ma non sa dove sarà collocata.
Due altre emergenze pesano sullo sviluppo dell’azienda, oltre a governance e cordone ombelicale con la politica. La prima si chiama «evidenza pubblica». A causa di due sentenze della Cassazione, una del 2008, l’altra del 2009, la Rai, organismo di diritto pubblico, è tenuta all’osservanza delle procedure di evidenza pubblica nell’affidamento degli appalti oltre i 20mila euro. Il tutto a causa di un contenzioso sul servizio di vigilanza con la Mondialpol. Questo la penalizza rispetto alla concorrenza, insieme alle regole sulla trasparenza, compresa quella sui cachet dei conduttori, al di là del giudizio sulla misura.
Un’altra emergenza riguarda il fronte pubblicità e ascolto. Il primo trimestre 2011 si sta chiudendo con il segno “meno” per Rai (il budget 2011 si basa su un +4,5% annuo!) e con quello “più” per Mediaset sul fronte della raccolta. Eppure a gennaio e febbraio, in prima serata, Rai1 perde il 2,38% su base annua, Canale 5 il 2,74%, ma Rai2 e Rai3 sono in crescita mentre perdono Italia1 e Rete4. Sul totale dei canali generalisti e specializzati, a gennaio-febbraio la Rai, in prima serata, perde lo 0,17% ed é al 43,23%. Mediaset perde il 2,43% ed ha una quota del 36,9%, quasi sette punti meno della Rai. Nel 2010 la Rai ha guadagnato lo 0,90% in prima serata, Mediaset ha perso l’1,66%. Ciò nonostante, un inserzionista come Danone nel 2009 dava il 72% del budget a Sipra e l’11,3% a Publitalia. Nel 2010 ha dato il 39,2% alle tv Mediaset e il 21,3% a quelle Rai. Wind investiva 39,9 milioni sulla Rai nel 2009: nel 2010 scende a 33,3. Citroen scende da 17,9 a 13,7 milioni, Toyota dal 10,2 a 7,1, Lottomatica da 3,9 a 1,8. Quello che perde Sipra, in genere, passa a Publitalia.

Il Sole 24 Ore 31.03.11

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“Zavoli: inammissibile la norma blocca-talk show”, di Marco Mele

Inammissibili. Sergio Zavoli boccia gli emendamenti di Pdl e Lega Nord che avrebbero equiparato i talk show informativi alle tribune politiche. Oggi si tenterà di trovare una mediazione per approvare in extremis il Regolamento Rai sulla par condicio che scatta da stanotte. Il clima è pesante anche per la proposta che Mauro Masi intende presentare oggi al Cda: nominare Susanna Petruni alla direzione del Tg2 ed allargare le vicedirezioni del Tg1, assumendo da SkyTg24 Franco Ferraro, vicino alla Lega Nord.

L’Autorità per le comunicazioni, intanto, “ordina” a Tg1, Tg4 e a Studio Aperto un «riequilibrio immediato» tra il tempo dedicato alla maggioranza e quello dedicato all’opposizione, evitando la «sproporzione della presenza del governo». Il tutto in relazione all’imminente campagna elettorale. Il Consiglio dell’Agcom regolamenterà i “videomessaggi” al di fuori del periodo elettorale, ricordando che sino al voto del 15 maggio «sono vietati». Milena Gabanelli dovrà dare spazio in Report alla rettifica di Giulio Tremonti.

Il presidente della Vigilanza sottolinea come «una equiparazione esplicita, oltre che di fatto, tra comunicazione politica e programmi d’informazione determinerebbe effetti impropri sull’autonomia della Rai». L’azienda avrebbe «un carico eccessivo di impegni operativi, con una forte limitazione delle libertà di espressione e dell’autonomia dei giornalisti e la sottrazione – aggiunge Zavoli – di spazi a vantaggio di consultazioni elettorali che interessano poco più del 27% dell’elettorato».

Se oggi non si riuscirà ad approvare il regolamento – soprattutto se sarà chiesta la fiducia sul processo breve – la Rai dovrà comunque attuare la par condicio da domani: si baserà sui 15 regolamenti precedenti o sull’ultimo, quello del marzo 2010, sconfessato dal presidente della Vigilanza e dall’Autorità per le comunicazioni? «La dichiarazione di inammissibilità ci coglie di sorpresa – replica Alessio Butti, capogruppo Pdl in Vigilanza. Non abbiamo intenzione di fare ostruzionismo, ma non vorremmo che l’inammissibilità diventasse uno strumento abusato e che tutto ciò che fa la maggioranza non va mai bene». Per un riesame dell’inammissibilità ci vuole l’intervento dei presidenti delle Camere. Il centro-destra l’ha solo ventilato: sarebbe difficili metterli d’accordo.

Ha “spaccato” il Cda la proposta di nominare Susanna Petruni alla direzione del Tg2, lasciata libera da Mario Orfeo per andare a dirigere «Il Messaggero», e il nuovo «pacchetto» di vicedirettori del Tg1, con la promozione di Gennaro Sangiuliano a direttore vicario, la nomina di Filippo Gaudenzi e Fabio Massimo Rocchi a vicedirettori e l’assunzione di Franco Ferraro da SkyTg24 con la qualifica sempre di vicedirettore. Commenta il presidente Paolo Garimberti: «Non mi pare che la soluzione individuata vada nella direzione di una proposta condivisa, come quella che aveva portato alla scelta di Orfeo. Anzi mi sembra che anche le altre proposte siano destinate a spaccare il consiglio». Garimberti aggiunge di essere contrario «ad assunzioni di vicedirettori dall’esterno. In Rai vi sono molte professionalità in grado di ricoprire il ruolo di vicedirettore del Tg1».

Per Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten, consiglieri d’opposizione, «le proposte di Masi sono un atto di sfida alla volontà di gestione normale di un’azienda e un forte atto di rottura». I due consiglieri annunciano la presentazione di un esposto alla Corte dei Conti «per valutare se l’assegnazione di una vicedirezione esterna sia dovuta alla sua infungibilità».
Anche Rodolfo De Laurentiis (Udc) esprime dissenso rispetto alla «necessità di mettere insieme i pezzi della maggioranza (Ferraro-Lega, ndr), che ha portato a scelte esterne, non tenendo conto dei 1.700 giornalisti presenti in azienda»

Il Sole 24 Ore 31.03.11