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"La scuola non reggerà i nuovi tagli di precari", di Dario Franceschini

Immaginate che domani mattina in una classe su sei non suoni la campanella, le lezioni non inizino e l’aula rimanga vuota. E’ quanto accadrebbe se i circa 120 mila insegnanti precari smettessero improvvisamente di lavorare. Nell’Italia dove nulla è più stabile del provvisorio, i precari contribuiscono alla stabilità della scuola. Eppure di questo straordinario patrimonio di intelligenze e di saperi, Berlusconi e la Gelmini pensano di poterne fare a meno: sono chiamati per un po’, poi vengono mandati a casa a giugno, forse saranno richiamati a settembre. Nessuna garanzia, nessun riconoscimento di carriera, zero prospettive di stabilità. Si provocano così danni rilevanti sia ai docenti, che anche dopo 20 anni di insegnamento si ritrovano eterni precari, con una qualità della vita tutta da immaginare, sia agli studenti a cui viene a mancare una delle condizioni più importanti per l’apprendimento: la continuità didattica.
Eppure la situazione dei precari è centrale, se non si risolve, è impossibile mettere mano a un grande progetto riformatore che sappia investire sulla formazione degli insegnanti e l’innovazione della didattica. Volutamente questo governo divide i lavoratori, mettendo precari e giovani laureati gli uni contro gli altri. Precari del nord, contro precari del sud. Quale Paese è mai questo, dove le aspettative di un giovane per la propria vita vanno dall’essere disoccupato al rimanere precario? La scuola non reggerà l’urto della terza tranche di tagli di personale che l’attende il prossimo anno. Si tratta di altri 35.000 docenti e collaboratori senza il contributo dei quali non sarà possibile rispondere alle domande di tempo pieno, garantire il sostegno agli studenti con disabilità o il funzionamento dei laboratori. Vogliamo invitare il governo ad assumere i precari della scuola che stanno lavorando su posti vacanti. Sarebbe un atto di buonsenso e di civiltà, che non costerebbe di più allo Stato, poichè già ora paga a coloro che hanno incarichi annuali la disoccupazione e le ferie non godute. E’ un provvedimento necessario dopo il pasticcio fatto sulle graduatorie. Consentirebbe quella stabilità e certezza di risorse umane e finanziarie necessarie alla scuola per svolgere tutte le attività di ricerca e innovazione al fine di dimezzare la dispersione scolastica e offrire ai ragazzi opportunità di apprendimento in linea con i propri coetanei europei. Se chi governa ha a cuore il presente dei lavoratori e il futuro dei giovani, lo dimostri adesso: le risorse ci sono, basta solo la volontà politica.

Il Tirreno 03.04.11

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