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"Lampedusa, Manduria Scene del fallimento", di Livia Turco

Quello che si sta squadernando sotto i nostri
occhi – come poco fa l’incredibile fuga di massa dal centro di Manduria – è il fallimento di una politica che ha pensato di governare i flussi migratori alzando i muri e considerando i paesi del mediterraneo un’area da sfruttare nelle sue risorse naturali e da utilizzare come gendarme per il controllo dell’immigrazione clandestina.
Siamo stati a Lampedusa lunedì scorso. Abbiamo visto con i nostri occhi e ascoltato con le nostre orecchie. Siamo stati al porto dove è stipata una massa umana, nel centro di identificazione sovraffollato oltre misura, nel centro di accoglienza dei minori di Linosa, presso la parrocchia a salutare don Stefano e i volontari della Caritas, infine in Comune per incontrare il sindaco e i consiglieri comunali.
Siamo rimasti attoniti e ci siamo vergognati per le condizioni disumane in cui versano da oltre un mese le persone immigrate. Ai cittadini di Lampedusa continuiamo ad esprimere il nostro ringraziamento per l’esempio di solidarietà che ci hanno dato e perché si sono sostituiti allo Stato che lì è presente con due postazioni della Croce Rossa, due medici,due infermieri,una pattuglia di poliziotti pazienti e provati
dalla fatica, tre bagni chimici ed i pasti buttati dai camion. Quel giorno c’erano due panini vuoti, un po’ di riso e una bottiglia di acqua minerale da dividere in tre persone.
Una vergogna per il nostro Paese che il Presidente del Consiglio non ha visto perché si è fermato davanti al Comune e ha cercato la villa nel posto più bello. Il fallimento drammatico dell’azione di governo è frutto dell’approccio ideologico tenacemente perseguito dal centrodestra “no agli immigrati, se vengono li riportiamo a casa loro”. Ora che sono li’ in migliaia non riescono a portarli a casa anzi subiscono la beffa di vederli scappare dalle loro tendopoli davanti alle tv. Toccano con mano che non solo esistono i principi come l’articolo 19 della Carta Europea dei diritti umani fondamentali che recita “sono proibite le espulsioni collettive”, ma anche semplici aspetti pratici: una nave diretta ad un porto tunisino o un volo diretto in un aeroporto, per attraccare e per atterrare hanno bisogno del consenso del Paese interessato.
L’Italia nel corso degli anni si è dimostrata capace di gestire emergenze ben più consistenti. Negli anni ottanta quando arrivarono gli albanesi a Bari e in Puglia ne furono accolti ventimila; durante la guerra nei Balcani furono accolti cinquantamila profughi oltre le centinaia dinmigliaia che furono aiutati in Albania.
Il sistema Italia è capace di gestire l’accoglienza. Non però attraverso le tendopoli, disumane ed insicure da cui è facile scappare, ma in piccole strutture, gestite dai Comuni e dal volontariato. Stupisce che questo Governo che ha falcidiato le risorse per le politiche sociali perché considerate troppo socialdemocratiche in nome della cultura del dono e della sussidiarietà
non abbia promosso un tavolo permanente con le associazioni di volontariato. Noi lo facemmo ai tempi dell’Albania e della guerra in Kosovo attivando così un sistemadi accoglienza e di rimpatri assistiti davvero efficace. Dirimente è l’accordo bilaterale con la Tunisia.
Colpisce il ritardo e l’improvvisazione con cui il governo affronta questo passaggio cruciale. Il primo accordo bilaterale fu stipulato da Giorgio Napolitano nel luglio 1997,quando, appena entrata in vigore la nuova legge sull’immigrazione, la legge 40, arrivarono all’improvviso cinquemila tunisini sulle coste della Sicilia. Li accogliemmo in modo dignitoso e poi molti, sulla base dell’accordo bilaterale, furono rimpatriati ed altri inseriti nelle quote dell’ingresso regolare. Nel tempo che rimasero in Italia utilizzarono il permesso
temporaneo per ragioni umanitarie.
L’accordo bilaterale è lo strumento fondamentale per governare in modo efficace i flussi migratori.
Di quelli attualmente esistenti il 90% furono siglati dai governi ndi centrosinistra. Per essere efficaci gli accordi bilaterali devono basarsi su tre pilastri: la cooperazione per lo sviluppo; l’ingresso regolare per lavoro; la riammissione dei clandestini.
La politica del centrodestra oltre ai respingimenti in mare ha bloccato da oltre due anni l’ingresso regolare per lavoro, salvo poi ricorrere al click-day, e si è tradotta in un taglio drastico delle risorse destinate alla cooperazione per lo sviluppo collocandoci ultimi in Europa (320 milioni di euro nel 2009 tagliati del 56% nella legge di stabilità nel 2010). Stupisce inoltre che il governo che invoca l’Europa non utilizzi gli strumenti
che l’Europa mette a disposizione. Oltre alle risorse economiche che già sono state stanziate per l’Italia c’è in particolare la direttiva 55/2001 relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati, recepita nel nostro ordinamento attraverso il decreto legislativo 85 del 2003 ed anticipata da una norma della nostra legge 40/1997, successivamente confermata nel
testo unico sull’immigrazione (art. 20 dl 286/98) e dunque condivisa dalla legge Bossi-Fini. Perché il Governo non la adotta?

L’Unità 03.04.11