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"L’opposizione vuole il voto Si gioca tutto in dieci giorni", di Simone Collini

Il leader delPd denuncia la vendita in atto in Parlamento e torna a chiedere le urne anticipate.
Udc diffidente sull’uscita di Montezemolo. Casini: «No ai tatticismi come i peggiori vecchi politici».
«Berlusconi potrà comprare uno, due parlamentari, ma tutti vedono che non c’è il governo, che da mesi non fanno nulla». Pier Luigi Bersani denuncia la compravendita in atto e torna a chiedere le elezioni anticipate. Domani si apre una settimana parlamentare decisiva per capire quanto sia solida la tenuta della maggioranza. Ma per il leader del Pd (che domani incontra i segretari di Cgil, Cisl e Uil per parlare della situazione economica del Paese e di come favorire la ripresa) non c’è bisogno di nessuna prova d’aula perché se anche il governo non dovesse andare sotto come è successo giovedì scorso, sarebbe la dimostrazione di una pura «sopravvivenza, che Berlusconi confonde con la governabilità». Per questo Bersani in sintonia su questo con il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini oltre che con quello dell’Idv Antonio Di Pietro e con i vertici di Futuro e libertà chiede il voto anticipato.
Non tutti nel Pd sono su questa posizione. Walter Veltroni fa notare che «nello scenario attuale» (che va dalla guerra in Libia alla crisi economica) le urne «per ora non sarebbero la scelta giusta» e che sarebbe invece auspicabile un nuovo governo di centrodestra senza Berlusconi o un governo di transizione per approvare una nuova legge elettorale e poi indire nuove elezioni.
Soluzione che lo stesso Bersani vorrebbe veder realizzata, e su cui ha lavorato nei mesi scorsi insieme ai leader del Terzo polo. Salvo poi dover riconoscere la difficoltà a realizzarla, visto che Berlusconi non ha la minima intenzione di farsi da parte e che sul piano dei numeri l’asse Pdl-Lega è sempre maggioranza sia alla Camera che al Senato. Dice allora Bersani rispondendo a chi gli domanda un commento sulla posizione espressa da Veltroni che il Pd «non è precluso a niente». Ma aggiunge: «Noto solo che dopo la nostra proposta di governo di transizione sono arrivati i Responsabili, che hanno in mano la situazione. Per questo, per non stare dove siamo, l’ipotesi è solo quella delle elezioni
anticipate, che sono meglio di questa situazione».
DIECI GIORNI PER LA SVOLTA
Il problema è che per votare prima dell’estate, ovvero entro giugno, le Camere andrebbero sciolte non oltre la metà di aprile. Il margine di tempo è troppo stretto, e a meno di novità eclatanti nella prossima decina di giorni, le urne non potranno che allontanarsi.
L’unica novità di queste ore è il venire allo scoperto di Luca Cordero di Montezemolo, che per la prima volta ha confessato apertamente la sua «tentazione di entrare in politica» e poi ieri assicurato (con un’intervista rilasciata alla rivista “Max” prima di partire con la famiglia per una vacanza a Dubai): «Non credo agli “one man show” né in azienda né in politica».
L’uscita del presidente della Ferrari però non viene accolta con unanime entusiasmo neanche all’interno del Terzo polo, che pure dovrebbe essere per lui quello di riferimento. Se il vicepresidente di Fli Italo Bocchino valuta «molto positivamente» un impegno politico da parte di Montezemolo, Casini lancia una sollecitazione non nascondendo però una certa insofferenza per i continui stop and go del presidente della Ferrari: «La società civile non può fare tatticismi come i peggiori vecchi politici dice il leader dell’Udc Montezemolo la smetta con i sì o i no, entri in campo, si muova, che tutti noi lo aspettiamo per cambiare le cose».

l’Unità 3.4.11

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“Primarie, gli iscritti Pd vogliono contare di più”, di Simone Collini

Bersani: «Le consultazioni tratto distintivo del Pd ma hanno bisogno di una manutenzione» Sondaggio Ipsos sul partito. Per il 60% degli intervistati il progetto è «tuttora valido» Per l’83% serve più spazio per gli amministratori locali e rinnovare (63%) il gruppo dirigente. Le primarie come le facciamo noi? È, secondo la definizione dei docenti statunitensi invitati in Italia da Pier Luigi Bersani, il modello «a giungla». Lo raccontano i partecipanti al seminario organizzato a Roma dal Pd. Due giorni di conclave durante i quali i dirigenti democrats hanno discusso
a porte chiuse di sistemi democratici, ruolo dei partiti, formule organizzative. E che saranno alla base dei lavori di una conferenza nazionale sul Pd che verrà organizzata dopo l’estate. Per ora siamo ai contributi teorici. Ma alla fine del percorso si tramuteranno in modifiche concrete.
Sulle primarie e sul loro rapporto con elettori ed iscritti sono intervenuti per illustrare le esperienze dei loro paesi i due docenti di Harvard Daniel Ziblatt e Stephen Ansolabehere, il tedesco Frank Decker e il francese Yves Meny. Soprattutto i due statunitensi hanno confermato che un modello di primarie aperto a tutti, senza nessun tipo di filtro, rischia di creare problemi. Spiegazione di cui non avrebbero neanche avuto bisogno i dirigenti del Pd, dopo il pasticciaccio di Napoli. Ma Bersani ha colto l’occasione per ribadire che da una parte le primarie sono «assolutamente confermate come tratto distintivo del Pd», dall’altra c’è la necessità di ragionare su «idee e proposte per una manutenzione di questo strumento in modo da non deteriorarlo». Ignazio Marino sottolinea che «le primarie si confermano un punto qualificante del partito» e anche il fatto che i professori di Harvard hanno evidenziato «lo straordinario vantaggio ad avere un albo degli elettori che è diverso dal semplice albo degli iscritti». Questione che non sfugge neanche a Bersani.
È probabile che nel partito si levino voci contrarie alle modifiche al modello attuale, ma Bersani ha già in mano uno strumento che dimostrerebbe che sono gli stessi iscritti ed elettori del Pd a chiedere cambiamenti. Si tratta di un sondaggio Ipsos illustrato proprio al seminario. Il 42% degli iscritti e il 55% degli elettori si sono detti favorevoli alle primarie aperte a tutti quando si tratta di scegliere i candidati sindaci, presidenti di Provincia o di Regione. Percentuali che scendono invece al 30% (iscritti) e 49% (elettori) quando si tratta di scegliere i dirigenti del partito. Sempre per eleggere i dirigenti Pd preferirebbero un Albo a cui iscriversi prima della convocazione delle primarie il 27% degli iscritti e il 24% degli elettori. Ma il 42% degli iscritti e il 23% degli elettori vorrebbero che si lasciasse ai soli tesserati la decisione.
Dal sondaggio sono emersi anche altri dati interessanti, a cominciare dal fatto che per quasi il 60% degli intervistati il «progetto» Pd è «tuttora valido» mentre per gli altri «non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità». Secondo la ricerca, inoltre, il principale «punto di debolezza» del partito è «l’eccesso di divisioni interne», mentre quello di maggior forza è aver saputo individuare le priorità del paese e le proposte per affrontarle (la graduatoria delle tematiche ha ai primi posti precarietà, scuola e economia). La maggior parte degli intervistati (83%) chiede più spazio per gli amministratori locali perché più vicini ai cittadini e ritiene che pur a fronte dei progressi ci sia ancora molto da fare (per il 61% degli iscritti e per il 63% degli elettori) sul tema del rinnovamento dei gruppi dirigenti.

L’Unità 03.04.11

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Bersani annuncia modifiche. Sondaggio Ipsos tra iscritti e elettori

Pd: “Primarie sì ma corrette” E la base chiede meno divisioni. Bersani: fallito il bipolarismo perché non c´è legittimazione reciproca. Pier Luigi Bersani conferma le primarie. Per gli iscritti e per gli elettori. «Sono il nostro tratto distintivo», dice al seminario a porte chiuse del Pd su “Trasformazione del sistema democratico”. Conquista così il plauso dei tifosi dei gazebo a cominciare da Ignazio Marino. Ma il segretario insiste per una correzione: «Va fatta una messa a punto. Sono uno strumento, non un mito», spiega. Il sondaggio Ipsos, illustrato nella sala dell´hotel Parco dei Medici a Roma, del resto non lascia spazio a dubbi. Il popolo democratico considera a larga maggioranza le primarie il mezzo migliore per scegliere sindaci, governatori e dirigenti di partito. Il progetto del Pd viene considerato valido dal 60 per cento degli elettori. Con un´alta percentuale che considera inespresse «le potenzialità» della nuova forza politica. E che in larghissima parte dice al gruppo dirigente: «Il principale punto di debolezza è l´eccesso di divisioni interne».
Il Pd ha invitato ospiti stranieri, americani e europei. Per due giorni si è chiuso in conclave. Qualche assenza di peso, Veltroni e Fioroni avevano altri impegni. Ma Modem era presente con Minniti. Gli invitati hanno raccontato le loro esperienze di primarie e di partito. Bersani ha tirato le somme esprimendo in maniera netta le sue idee. «Il presidenzialismo è legittimo, ma preferisco la formula del parlamentarismo rafforzato – dice il leader -. E considero il bipolarismo fallito, purtroppo. Da noi non funziona perché non c´è legittimazione reciproca». Annuncia che il Pd cercherà ancora di attuare l´articolo 49 della Costituzione. E la prossima settimana una proposta di legge firmata da Ugo Sposetti verrà discussa alla Camera. Invita le correnti a organizzarsi «altrimenti sono strutture verticistiche». Alla fine Bersani avverte: «Non illudiamoci che la storia del berlusconismo sia finita con la fine di Berlusconi. L´antipolitica è ancora in agguato».

La Repubblica 03.04.11