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Urbinati: «Politica stai attenta! Il web ti osserva…», di Cesare Buquicchio

Conoscere e decidere. Avvicinarsi il più possibile alla verità e agire di conseguenza. Il rapporto tra democrazia e web illumina di luce nuova il fondamentale legame tra cittadini e potere. Nadia Urbinati, docente di Scienze Politiche alla Columbia University di New York, trova nella Rete un nuovo, potente alleato, nel suo percorso teorico verso l’affermazione della democrazia rappresentativa contro il “sogno populista”, così lo definisce, della democrazia diretta, dell’illusorio rapporto senza filtri tra il popolo e chi lo governa.

“Internet libera le informazioni, aumenta la trasparenza, rifugge il controllo. Sono tutti elementi fondamentali per la formazione e l’espressione del giudizio politico – spiega Urbinati –. Poi lo strumento di decisione dei cittadini rimane il voto. È l’unico esercizio del potere sanzionatorio ed è quello che limita il potere dei politici facendone una funzione. Ma avere più informazioni a disposizione su quello che succede nel palazzo, sul rispetto delle promesse che ci hanno fatto per essere scelti, poter condividere più facilmente queste informazioni, consentire la libera formazione di una pubblica opinione e, anche, di gruppi di mobilitazione, accresce enormemente l’efficacia della scelta e il potere dei cittadini”.

È il timore di questa forza che spinge molti governanti a imporre limiti e controlli?
“Un recente caso emerso negli Stati Uniti vale più di mille parole. In alcuni stati guidati dai repubblicani si è cercato di avere accesso ai server delle università pubbliche per leggere e controllare quelle email dei docenti (dipendenti dello stato) che sono critiche nei confronti dell’ideologia repubblicana”.

E in Nord Africa…
“Lì il web, unito alla grande diffusione dei cellulari, ha avuto una enorme capacità di unificare i fermenti di opposizione e di far identificare tutti i cittadini nel movimento contro il regime. Ma, attenzione, da Internet può arrivare anche il fenomeno opposto. Quello chiamerei un populismo gregario con la creazione di gruppi che si settarizzano intorno ad una idea, rifiutando il confronto con i gruppi avversi. Il web è un potente strumento, ma è nelle nostre mani e può essere usato bene o male”.

Ma Internet non è solo luogo di formazione di opinioni. Alle elezioni europee il movimento del “partito pirata” per la libera circolazione dei contenuti digitali è riuscito a far eleggere un deputato. E in Italia ha fatto molto discutere il caso del “partito di Grillo” nato sul web e arrivato al 7% dei voti.
“Un movimento politico può anche nascere così, ma se non esce dalla Rete e non si solidifica e non si incarna in cittadini e luoghi fisici, non è destinato a durare. È ancora presto per i giudizi definitivi, ma staremo a vedere…”.

A proposito di confronto, uno dei più efficaci meccanismi messi in campo dal web è il crowdsourcing, la possibilità che una idea, una proposta, venga elaborata e affinata attraverso il contributo dello sterminato popolo della Rete. Alcuni politici iniziano a strizzare l’occhio a questo meccanismo e già si sente parlare di programmi elettorali scritti così. Non c’è il rischio che fidandosi troppo dell’opinione della maggioranza si uccidano nella culla le idee, i contributi e il concetto stesso di minoranza?
“Finora questo non è successo. Anzi, il web ha aiutato le minoranze a trovare una voce e una loro platea. In America, ad esempio, i due più rilevanti movimenti nati grazie ad Internet (prima Move On che ha poi contribuito all’elezione di Obama, poi il Tea Party che sta dando nuovo slancio alla destra) sono stati espressione di opposizioni, di minoranze politiche”.

“Le riforme vanno realizzate un attimo primache i cittadini si accorgano della loro necessità” scriveva Cavour. Se il potere più forte che hanno i cittadini nei confronti dei politici è quello di veto (attraverso le elezioni), non c’è il rischio che chi governa faccia scelte solo condivise dai più, che faccia solo quello che dicono i sondaggi?
“Uno dei compiti della leadership politica dovrebbe essere proprio quello di sapere cogliere che cosa è opportuno per il paese fare, e quindi, istigare le opinioni dei cittadini piuttosto che seguirle. Trascinare i cittadini verso il futuro. Quando nella Roma antica il popolo smise di essere veto e divenne oggetto trascinato qui o là dai capi per i loro interessi o le loro lotte di potere, finì la repubblica”.

La piazza virtuale di Internet sta svolgendo un ruolo di supplenza rispetto alla debolezza di istituzioni e partiti?
“Il web, insieme alle altre strutture di mediazione come i partiti (in Italia democraticamente deboli e, storicamente, poco disposti ad essere reale tramite del popolo) o i movimenti civili, dovrebbe aiutare i cittadini a svolgere quel monitoraggio costante sulle scelte dei governanti. Conoscere e decidere (nelle urne) di conseguenza. Questo darebbe forza alla nostra democrazia”.

Il “ritardo digitale” dell’Italia non favorisce tutto ciò.
“Da noi non c’è pluralismo. E, inoltre, il monopolio televisivo ha bloccato l’innovazione tecnologica dei mezzi di comunicazione. Ci ha fatto scegliere il digitale terrestre e non la banda larga. Se la gente esce dalla TV ed entra nel web non è più così controllabile. Da noi un regime del passato ha finora bloccato il futuro”.

La Repubblica 03.04.11