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"Sciupone l'Africano", di Umberto De Giovannangeli

Sciupone l’Africano» prova a conquistare la Tunisia. Silvio Berlusconi «sbarca» oggi a Tunisi con cento milioni di euro di «crediti di aiuto», una dozzina tra motovedette e fuoristrada come «cadeau» promessi e la riproposizione di un must pubblicitario di cui il Cavaliere si è giovato per nove volte in nove anni: il «piano Marshall» , adattato a iniziative internazionali
e a progetti per casa nostra (dalla Somalia all’Abruzzo, dalla Palestina al Sud d’Italia, dalla Sardegna al Maghreb…). Con due comuni denominatori: per lo più si tratta di impegni millantati e mai mantenuti, e in alcuni casi sono soldi delapidati,
finiti nelle tasche di dittatori sanguinari ovvero di famelici corrotti e corruttori stranieri e autoctoni. Con la Tunisia, «Sciupone l’Africano» prova a riprodurre lo «schema libico», contenendosi, però, nella cifra elargita, anche perché i nuovi governanti tunisini non sono affidabili, per il Cavaliere e il suo entourage, come lo era l’«amico Ben Ali», il despota costretto a fuggire dalla insurrezione popolare. Cento milioni di euro non sono una mancia, anche se le autorità di Tunisi si attendono ben altri investimenti a sostegno del «piano Marshall» evocato dal presidente del Consiglio italiano. «Sciupone» ma anche il premier dal «braccino corto»: tutto meno che un primo ministro credibile. Con la Libia dell’«amico Muammar», Silvio B. si era rivelato molto ma molto munifico: 5 miliardi
di dollari come risarcimento per il nostro passato coloniale, a cui si erano aggiunte le 6 motovedette con cui il Governo di «Sciupone» ha omaggiato il Raìs per poter meglio svolgere il suo ruolo di «Gendarme» del Mediterraneo. «Sciupone l’Africano» si fa precedere da nobili appelli all’accoglienza. Nobili ma poco credibili, visto i precedenti. In ambienti diplomatici nelle due sponde del Mediterraneo trasuda
scetticismo. Il timore, registrato da l’Unità, è che quei 100 milioni finiscano per essere il costo, enorme, di una operazione-immagine che serva al Cavaliere per dimostrare che l’emergenza-immigrazione è stata affrontata e risolta, con qualche barca su cui ammassare qualche migliaia di “tunisini” da rispedire nel Paese nordafricano, liberando Lampedusa. «Da uno come Berlusconi, grande amico di Ben Ali c’è da aspettarsi di tutto», dice a l’Unità uno dei giovani protagonisti della «rivoluzione jasmin», tunisina. «Pensare di poter avviare oggi una politica di stabilizzazione nel Mediterraneo, con leadership così fragili e “transitorie”, più di un azzardo appare uno spreco», gli fa eco un diplomatico di lungo corso, profondo conoscitore del «pianeta-Maghreb». ll Cavaliere torna in Tunisia , ma a riceverlo non è il suo caro amico «Ben», ma interlocutori meno disposti ad assecondare i desiderata di «Sciupone».
Chissà se Berlusconi ricorderà quel 18 agosto 2009, quando il premier italiano vola a Tunisi per trascorrere
qualche ora con il presidente della Repubblica di Tunisia, Zine El-AbidineBen Ali. L’ufficio diplomatico viene informato, ma non riceve alcun input formale. Come è avvenuto per gli incontri con Vladimir Putin, Silvio Berlusconi preferisce la privacy. Il premier italiano – riporta un cablogramma dell’ambasciata americana a Tunisi,rivelato da Wikileaks – dispensa «barzellette su Obama e sul Papa» in quella che viene definita «una visita così privata che nessuno dei due ministri degli Esteri è stato coinvolto». Ma il Cavaliere non si presenta da solo: con lui c’è il franco-tunisino Tarak Ben Ammar, la cui presenza viene spiegata così all’amministrazione Usa: «È socio d’affari e consigliere di lunga data» di Berlusconi.
Del quale vengono sottolineati gli «interessi» privati in Tunisia, che «comprendono studi cinematografici, società di distribuzione e il 50% di Nessma tv» che possiede proprio con Ben Ammar. Ed è sempre Ben Ammar, una sorta di «ambasciatore aggiunto», ad aver accompagnato – il 25 marzo scorso – il titolare della Farnesina, Frattini, e quello del Viminale, Maroni, in missione a Tunisi, ricevendo il sentito ringraziamento dei due ministri. In quell’occasione, il duo Frattini-Maroni ha promesso (una promessa spacciata da Palazzo Chigi come un accordo già sottoscritto con Tunisi) al premier tunisino Beji Caid Essebsi mezzi, addestramento e una linea di credito di 150 milioni di euro. A «staccare l’assegno», con tanto di telecamere al seguito, sarà lui: «Sciupone l’Africano». Il primo «ciak» dello spot «via da Lampedusa, destinazione Tunisi», sottotitolo: «Cento rimpatri al giorno», è per oggi. Il costo: 100 milioni
di euro. Uno spreco degno di «Sciupone l’Africano».

L’Unità 04.04.11

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«Il premier ha pagato i lager libici, ora vuole finanziarli a Tunisi?» Intervista a Rosa Villeco Callipari

Al di là dei roboanti proclami e le risorse finanziarie delapidate, alla fine il vero fallimento del governo Berlusconi è l’affrontare il problema dell’immigrazione riducendolo nei fatti a un problema di criminalità e di sicurezza. Con i soldi italiani si sono favoriti i lager in Libia. Si vuole ora farlo anche con la Tunisia?». A parlare è Rosa Villecco Calipari, Vicepresidente dei deputati del Pd. «Sciupone l’Africano», al secolo Silvio
Berlusconi, si appresta a sbarcare a Tunisi per affrontare l’”emergenza immigrazione.
Con quali risultati fin qui ottenuti?
«Praticamente nulli. Berlusconi si è dato molto da fare per concludere l’Accordo con Gheddafi, mostrandosi prono davanti al Colonnello libico, al fine di ottenere, per restare al tema dell’immigrazione, il blocco degli arrivi da altri Paesi perché, è bene ricordarlo sempre, quella umanità disperata proveniva e proviene da Paesi come l’Eritrea, la Somalia, il Corno d’Africa: stiamo parlando di centinaia di migliaia di persone, donne, uomini, bambini, che fuggono da guerre e conflitti locali. E che spesso e in tanti finiscono in un lager o nelle mani di organizzazioni criminali, trafficanti di esseri umani o di organi. L’accordo tra Roma e Tripoli per bloccare l’immigrazione clandestina nasce intorno al biennio 2003-2004,quando l’Italia fornisce mezzi e soldi alla polizia libica.
Un sostegno riproposto da Berlusconi nel Trattato bilaterale Italia-Libia sottoscritto nell’estate 2008. Per mesi abbiamo sentito i ministri Maroni, Frattini,La Russa, lo stesso Berlusconi, magnificare i risultati raggiunti con l’intesa con Gheddafi, giocando con i numeri e senza chiedersi mai che fine facevano le donne e gli uomini ricacciati a forza in Libia. Oggi gridano all’esodo biblico, dopo che il ministro dell’Interno aveva sostenuto nei mesi scorsi che l’emergenza-immigrazione era ridotta a zero, e che l’Accordo Italia- Libia era un modello che l’Europa
avrebbe dovuto far suo in chiave comunitaria. E sempre oggi Berlusconi si rivolge ad un Governo transitorio tunisino a cui l’Italia fornirà risorse economiche e mezzi nella speranza, della Lega, di non avere tra “i ball” i tanti tunisini arrivati in questi giorni a Lampedusa. Cambiano gli interlocutori, ma resta la stessa logica».
Con quale rischio?
«Cercando di scaricare il problema degli immigrati su qualcun altro, potremmo trovarci a trattare con un Governo, quello tunisino, che non ha ancora nessuna stabilità e quindi potrebbe non riuscire a mantenere gli eventuali impegni assunti. Ieri con la Libia, oggi con la Tunisia: il Governo Berlusconi-Bossi continua a riprodurre una logica fallimentare, oltre che profondamente ingiusta: la logica dei campi di concentramento, mascherati magari da tendopoli. Una logica non solo immorale ma anche inefficace, visto che da quei campi di concentramento la gente fugge, come è avvenuto a Manduria, e questo alimenta ulteriormente l’insicurezza e la tensione. Quella di Berlusconi non è neanche una credibile risposta di sicurezza. A “Sciupone l’africano” chiedo: dopo i lager in Libia, l’Italia intende forse perorare, e magari finanziarie, lager in Tunisia?».
L’impressione è che l’Italia di Berlusconi sia sempre alla ricerca di un “Gendarme” del Mediterraneo…
«Purtroppo è così. Prima era il Colonnello libico, ora magari si cerca “l’uomo-forte” tunisino… Trovare sempre qualcuno che risolva per conto nostro il problema: è questa la logica che muove Berlusconi e i suoi ministri “in trincea”. Un Governo sorretto da una maggioranza che oscilla tra l’odio razziale dei leghisti e le gag pubblicitarie del Cavaliere: l’Italia di Berlusconi è una italietta piccola piccola. E il mondo ne è consapevole e come tale ci tratta».

L’Unità 04.04.11

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Berlusconi a Tunisi, rinvio sui rimpatri

«Ci sono 800 nuovi migranti arrivati nella notte a Lampedusa, dobbiamo cercare una soluzione e la stiamo studiando». Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi al termine dell’incontro con il premier tunisino Essebsi. «Il flusso di giovani tunisini che da noi cercano una nuova vita di democrazia e libertà ha creato un inconveniente in una piccola isola di cinquemila abitanti come Lampedusa – ha proseguito il premier italiano – con un flusso di migranti di gran lunga superiore al numero degli abitanti». «Noi siamo intervenuti e da ieri l’isola è tornata ai suoi abitanti, perchè abbiamo dislocato in vari parti d’Italia». Ma l’arrivo di nuovi 800 migranti, ha concluso Berlusconi, «rende necessario studiare una soluzione».

Silvio Berlusconi ha confermato da Tunisi la sua ferma volontà di coinvolgere l’Europa. «Un’altro problema è la questione europea – ha detto al termine del vertice con il premier tunisino Essebsi – e ci sarà presto un summit italo-francese con il presidente Sarkozy e i ministri degli Interni, Esteri e Economia dei due paesi». Un’indicazione che il premier offre a significare che il tema verrà affrontato su scala europea e non riguarderà soltanto Italia e Tunisia.

«Tra i nostri paesi ci sono rapporti di grande amicizia che continueranno ad essere tali. C’è un importante interscambio commerciale, culturale e per il turismo. Sappiamo che c’è un’emergenza e un momento difficile per l’economia tunisina, con giovani che guardano all’Europa e alla sponda sud del Mediterraneo per cercare di crearsi una nuova vita dove c’è democrazia e libertà e questo è comprensibile», ha detto il premier, assicurando che restano saldi nonostante i momenti di difficoltà i rapporti tra i due paesi. «Abbiamo apprezzato la responsabilità che vi siete assunti per andare al governo del paese nello storico passaggio alla democrazia, vi abbiamo già offerto la nostra più ampia collaborazione, la nostra esperienza e le nostre tradizioni. Vi auguriamo di cuore successo – ha concluso il premier – perchè fate una cosa meritevole e abbiamo apprezzato che nessuno di voi si candiderà nelle elezioni di luglio, dimostrando così un grande senso dello stato.

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